Che cos’è una lingua?
di Tullio De Mauro
Luca Sossella Editore
Chiara Lucchini
«Ma allora, maestro, che cos’è la natura?», chiede l’allievo tormentato da mille pensieri.
Il maestro lo guarda, fa un sorriso, poi fa un ampio gesto e mostra il cielo, le pecorelle, le mucche, gli alberi, la collina, i fiumi, e gli dice: «È questo».
L’insegnante era Georg Wilhelm Friedrich Hegel, filosofo tedesco autore dell’opera Filosofia della natura.
E che cos’è la lingua? «È questo», risponde De Mauro nella lezione contenuta nel cd audio registrato all’Auditorium Parco della Musica e contenuto nella collezione Auditorium edita da Sossella Editore.
Suoni che produco o che ascolto, significati che cerco di dare o che capisco, parole che rimugino per scegliere quali dire, parole che ho dentro la testa.
La lingua sta dentro e fuori di noi. Dobbiamo però essere consapevoli che il “dentro” è stato costruito fin dalla nascita nei continui rapporti con gli altri.
Secondo Einstein, tutto quello che sappiamo e pensiamo lo dobbiamo alle nostre parole, che abbiamo appreso da altri: non siamo mai soli a usare le parole.
De Mauro dedica molta attenzione al problema della molteplicità di significati contenuti in una parola: a una stessa parola corrispondono molte cose, a una sola cosa molte parole.
La grande apertura e divaricazione di significati della lingua consente molta libertà, al punto che possiamo costruire una frase che contiene significati in contraddizione tra loro (si parla in questo caso di enantiosemia). Non è così semplice, però, trasformare in parole tutto ciò che ci salta per la testa: ci sono dei vincoli, c’è un ordine, ci sono regole cui dobbiamo attenerci.
Nel XX secolo è maturata l’idea che la lingua sia come un calcolo, con le sue unità di base, le cifre e le regole per costruire altre cifre, ma nella lingua bisogna tenere in conto anche le imperfezioni: numerose e mutevoli parole per dire la stessa cosa, ambiguità del significato di frasi e parole, l’assenza del significato nella forma stessa delle parole, la presenza di molte lingue nelle diverse parti del mondo (negli ultimi anni sono state censite 7.000 lingue parlate sulla Terra, di cui 3.000 sono anche scritte).
De Mauro individua poi diverse vie che ci consentono di dire una quantità infinita di cose: la possibilità di costruire un numero potenzialmente infinito di frasi diverse tra loro grazie agli strumenti che la lingua ci fornisce, come nei calcoli; la dipendenza delle frasi dal soggetto parlante e dal contesto, a differenza dei calcoli che non presentano queste variabili; l’apparato grammaticale; la dilatabilità e restringibilità di significati; il metalinguaggio (il linguaggio capace di parlare e quindi di riflettere di se stesso); il vocabolario di una lingua, che si dilata e si restringe con la nascita e la scomparsa di parole che cambiano continuamente significato in base all’uso. Sono queste – conclude De Mauro – le «vie finite e circostanziate che alla nostra finitezza aprono le porte dell’infinito».
- On 20 Settembre 2012