Quando il Dottor Verdi diventa Mister Green
di Mario Raffaelle Conti
Ero stato chiamato per parlare di Verdi ai giovani al Teatro Comunale di Pordenone. Per volere del Maestro Maurizio Baglini (e con la complicità del Presidente Giovanni Lessio). E già avevo due problemi.
ll primo era che non sono uno storico della musica, ma solo un cronista. Il secondo era che ai giovani è difficile parlare perché gli adulti non conoscono il loro linguaggio e quando ci provano sono ridicoli.Per il primo problema conoscevo la soluzione: studiare. Come faccio ogni volta in cui devo scrivere un articolo (solo che stavolta ho studiato due mesi). Per il secondo ho cercato una via di uscita. Ho pensato che avrei dovuto portare me stesso sul palco come nei due anni in cui sono stato animateur (leggi: dj) a Radio Monte Carlo. O come faccio sul palco con gli HLVS Palestra Social Band, la band della Palestra della scrittura.
La mission era dimostrare che Giuseppe Verdi, nato 200 anni fa a Roncole di Busseto (Parma), è in mezzo a noi, più vivo che mai. Lo è perché le sue opere ci entrano nella pancia e attraverso il cervello emotivo salgono fino al cuore, fanno corto circuito con il cervello razionale e finiscono in un magone che si ferma in gola o in un brivido che scuote la pelle.
Verdi è vivo perché l’anelito di libertà, il desiderio di giustizia, la passione e l’amore sono immortali. Lo è perché grazie a lui la nostra lingua italiana è cantata in tutto il mondo e sopravviverà all’inglese e al cinese.
La vita di Verdi è la vita di un uomo di questo secolo. Ha viaggiato per il mondo, ha vissuto due anni a Parigi, è stato a Londra, San Pietroburgo, Il Cairo, tutta Italia. Ha convissuto con una donna che aveva avuto due figli illegittimi e poi ha collezionato una lunga schiera di amanti appassionate. Ha portato fuoco alla polveriera del Risorgimento eppure non ha mai subito la censura. Anticonformista e rivoluzionario. Osannato dalla gente e disprezzato dalla critica che lo giudicava troppo tradizionale, lui che era così avanti che è moderno pure adesso. Questo ho raccontato.
Ma come si può fare vivere sulla pelle di 150 liceali la forza di un’opera verdiana. Mi è venuta un’idea. Per spiegare il Nabucco ho chiamato cinque ragazzi (anzi, quattro alunni e una prof) e con loro ho dato vita a un’improvvisata pièce.
I 145 alunni in platea si sono divertiti un sacco, hanno partecipato con risate, urla e applausi, mentre sul palco c’era chi mimava Nabuccodonosor, Fenena, Abigaille (la prof), Ismaele e Zaccaria. In otto minuti esilaranti e un grande applauso finale.
Di certo i professori presenti sono rimasti spiazzati perché si aspettavano una lezione e invece abbiamo messo in scena il racconto di una vita. Ma i ragazzi sono rimasti per un’ora e mezza incollati a quelle sedie. Pensavano di trovare il Dottor Verdi e hanno incontrato Mister Green.
Se solo uno di loro andrà su YouTube a vedersi il Nabucco o la Traviata, avrò vinto la mia scommessa. Sennò, ragazzi di Pordenone, volevo farvi sapere che per me è stato bello incontrarvi.
Ps (Le foto sono di Clelia Del Ponte. In una si vede, con me sul palco, Silvia Segatto che è assistente alla direzione artistica del teatro Verdi di Pordenone)
- On 27 Ottobre 2013