La cura delle parole
di Lia Giovanelli responsabile formazione ASST Spedali Civili di Brescia
“In cima alla strada, nella capanna, il vecchio si era riaddormentato.
Dormiva ancora bocconi e il ragazzo gli sedeva accanto e lo guardava.
Il vecchio sognava i leoni.”
Da “The Old Man and the Sea” di Hemingway
“Sognare i leoni” è dedicato ad Ale e Paolo e ai miei compagni di viaggio dei corsi della Palestra della scrittura.
Martedì 14 giugno (e l’estate ancora non arriva, ma non disperiamo!) all’Ospedale di Brescia, ci siamo occupati nel migliore dei modi, oltre che della cura di donne, uomini, bambine e bambini, anche della cura delle parole.
«Comunicare è vita, non si può non comunicare», ci dice Paul Watzlavick.
Nei contesto sanitari e socio sanitari, come in tutti i contesti ad alto tasso di stress, oltre alle competenze degli specialisti, alla performatività e spesso alla urgenza, hanno un ruolo determinante l’intreccio delle relazioni e il linguaggio usato.
Sappiamo tutti bene che la parola (e la parola rispecchia il pensiero, a volte anche a nostra insaputa) può fare la differenza: la negoziazione, la corsia d’ospedale, i cambiamenti aziendali, la gestione dei reclami e dei conflitti in ogni tipo di relazione pubblica o privata, la comunicazione attraverso i social media…
Sappiamo anche bene quanto la parola, usata nella sua più ampia accezione, possa motivare a costruire, quanto possa distruggere, quanto possa legare o quanto possa dividere.
Secondo Freud in principio parole e magia erano una sola cosa, e perfino oggi le parole conservano molto del loro potere magico… come la luna sulle maree…
Attraverso le parole ognuno di noi può dare a qualcun altro la massima felicità oppure portarlo alla totale disperazione; attraverso le parole l’insegnante trasmette la propria conoscenza agli studenti; attraverso le parole l’oratore trascina il pubblico e ne determina giudizi e decisioni. Le parole suscitano emozioni e sono il mezzo con cui generalmente influenziamo i nostri simili.
La parola fa la differenza, e di questo parliamo oggi nel seminario sul Linguaggio della salute.
La cura delle parole. Facile a dirsi, soprattutto in contesti come quello sanitario dove, di default, le relazioni sono potenzialmente alterate da stati d’animo di ansia, preoccupazione, sofferenza fisica, emotiva, psicologica.
Quella mattina, secondo me, era questo il pensiero di fondo dei 150 professionisti della salute, di tutte le professioni sanitarie, che quel martedì di giugno (e, mi ripeto, l’estate ancora non arriva, ma non disperiamo!) affollavano la nostra sala convegni.
E poi il seminario è iniziato e abbiamo davvero cominciato a occuparci della cura delle parole, utilizzando le tecniche della comunicazione, in tutti i suoi aspetti, come leva per scardinare innanzitutto le resistenze, nostre e degli altri.
Una giornata intensa e fluida, visionaria e pragmatica, una giornata di parole che hanno condotto i partecipanti, con l’utilizzo degli strumenti della comunicazione efficace e attraverso esercitazioni, simulazioni e filmati, nel “magico” mondo delle relazioni interpersonali, affrontando tematiche importanti e attuali, generando e allontanando dubbi e domande, aprendo tra i canali percettivi dei partecipanti quelli più favorevoli alla percezione dei messaggi razionali, emotivi, cognitivi, esperienziali.
Non c’è soddisfazione più grande, per chi si occupa di formazione, che sentire la partecipazione a un convegno viva e vitale; sentire, e non solo con le orecchie, la presenza, la condivisione, il fluire di commenti e contributi. “Sentire” lo scorrere di una giornata utile, una giornata in cui l’organizzazione diventa una cosa rara, una risorsa per l’autorealizzazione delle persone presenti, perché a queste voi vi stavate dedicando, caro Ale e caro Paolo, per recuperarne vitalità e gentilezza, per loro e per le persone di cui si prendono cura ogni giorno.
Bene, bene. Ci siamo occupati comme il faut delle parole, e mentre scroscia l’applauso finale al termine della giornata, un applauso lungo e intenso, un applauso da prima teatrale, mi ricordo e cito una vostra frase per definire quello che è stato l’obiettivo raggiunto in questo seminario, dove cercavamo aiuto «per andare incontro alla “scena ideale” (o, se preferite, al futuro) attrezzati al meglio».
Nel frattempo, mentre scrivo, l’estate è arrivata.
Quante volte, per cambiare vita, abbiamo bisogno della vita intera,
pensiamo lungamente, prendiamo la rincorsa e poi esitiamo, poi ricominciamo da capo, pensiamo e ripensiamo, ci spostiamo nei solchi del tempo con un movimento circolare, come quei mulinelli di vento che sui campi sollevano polvere, foglie secche, quisquilie,
che per molto di più non gli bastano le forze,
sarebbe meglio se vivessimo in un paese di tifoni.
Ma certe volte una parola basta.
José Saramago, La zattera di pietra
- On 9 Luglio 2016