La ludiforma della scuola
di Paola Buonacasa
Ovvero: come il gioco e le emozioni determinano la qualità dell’apprendimento.
«Paola, il 23 ottobre alla biblioteca di Rozzano c’è Digital Readers 5, io ci vado magari ti interessa».
Così mi scrive Manuela del Sistema Bibliotecario Milano Est e io il 23 ci sono.
Ascolto una serie di interventi che mi introducono alle possibili relazioni tra nuove generazioni, letture e tecnologie digitali. Ascolto interessata finché non interviene Federica Fioroni, dottore di ricerca in narratologia dell’università di Modena e Reggio Emilia che, con il suo intervento “Il cervello che legge”, mi apre a una prospettiva sconosciuta: come indagare l’attività del leggere alle luce delle neuroscienze grazie alle recenti tecniche di neuroimaging. Fioroni ci racconta quali zone del cervello sono coinvolte nella lettura, come il cervello reagisce – a livello neurologico – alla lettura, quali sono i meccanismi cerebrali sottesi alla prima fase del leggere (decodifica) e quali i meccanismi relativi alla comprensione di un testo, quale la nostra risposta…
L’intervento è illuminante tanto da far scoccare la scintilla: qualche giorno dopo penso di inviare una mail alla professoressa Fioroni per chiederle se può indicarmi testi che indagano l’attività della scrittura a livello neurologico e soprattutto in relazione ai giochi con le parole: la ludolingiustica. Ah, dimenticavo, tengo laboratori di scrittura nelle scuole che hanno appunto questo tipo di approccio. Nel giro di brevissimo tempo Federica Fioroni (grazie ancora) mi invia materiale molto utile.
Innanzitutto un articolo di Fabio Caon La glottodidattica ludica: fondamenti, natura, obiettivi pubblicato sulla rivista In.IT (N° 19 -2006), che introduce i concetti di attività ludica e attività ludiforme, evidenziando come le attività ludiformi (a differenza dell’attività ludica che non ha un fine didattico) siano costruite dagli insegnanti per dare una forma divertente e piacevole a determinati apprendimenti, consentendo agli studenti di appropriarsi di strutture e di lessico attraverso un’esperienza globale e intrinsecamente motivata (il piacere del gioco e della sfida).
L’articolo conclude illustrando come «gli obiettivi della glottodidattica ludica sono quelli di favorire un apprendimento significativo negli studenti, anche in termini di stabilità e di persistenza dell’immagazzinamento di concetti nella memoria a lungo termine».
E a proposto di apprendimento significativo, sempre sullo stesso numero di In.It, è pubblicato l’articolo di M. Simona Morosin Il cervello che sente e impara, in cui si afferma che «il concetto di emozione e affettività nell’apprendimento delle lingue è tutt’altro che superato; è un concetto di cui finalmente grazie alla tecnologia che lo permette si può dimostrare la natura neurologica».
L’articolo inoltre illustra come “Le emozioni, soprattutto quelle positive che generano il piacere di fare qualcosa, innescano un sistema di apprendimento che si autoalimenta: è un circolo in cui la l’emozione positiva crea nuova memoria, in cui la motivazione si rinnova e genera altre emozioni di piacere che spingono a voler imparare ancora”.
Dunque quello raggiunto grazie a un apprendimento legato alle emozioni, come quelle suscitate da attività ludiformi, è un percorso che può cambiare l’atteggiamento e i risultati di chi apprende, ma ritengo anche di chi forma, garantendo un ulteriore circolo virtuoso. L’insegnante infatti, gratificato dai risultati e dal clima istaurato nella classe, è motivato a sperimentare nuove attività in grado di rendere ancora più efficace tale sistema di apprendimento. E di ciò ho conferma sul campo.
Negli ultimi mesi, tenendo laboratori per i ragazzi e incontri informativi con i professori per promuovere “Giocati la Biblioteca – Concorso per tipi Mesostici” (vedi volantino qui pubblicato), anche grazie agli articoli citati, ho avuto un’arma in più per coinvolgere gli insegnanti in questo progetto e far sì che il percorso intrapreso continuasse nelle ore curricolari.
Quando infatti nelle classi abbiamo giocato a costruire mesostici sul proprio nome o sulla parola libro (come richiesto dal concorso) è stato immediato per gli insegnanti verificare come i ragazzi “utilizzassero” la lingua dimostrando competenze e abilità inaspettate. Qualche esempio? Ecco il mesostico di Michele e di Oriella (seconda media):
il Mio nome
fondamentalmente mI piace
anChe se
in mezzo Ha
quEsta dannata “h”
che aboLisce ogni
idea pEr i mesostici.
dall’Oriente
rientRo
in Italia
rinnEgando
orami La
feLicità
a me rubAta.
La conferma che il circolo virtuoso di un’attività ludiforme coinvolge anche il docente che accetta di mettersi in gioco mi è venuta qualche giorno dopo aver tenuto un laboratorio, sempre relativo al concorso, in una scuola media di San Donato.
«Paola vieni a vedere cosa abbiamo combinato», mi dice un’insegnante incrociandomi nel corridoio. Entro nella classe e mi ritrovo circondata da studenti entusiasti che vogliono leggermi i loro mesostici sulle parole mito, Pirra, Deucaglione, Parnaso, e molti altri. Eccone due (prima media)
i Miti
storie Inventate
da uomini anTichi
per spiegare l’Origine del mondo.
Il Parnaso ellenico
è il posto dove l’Acqua
non è Riuscita
a iNondare ogni cosa,
così Pirra e DeucAlione
sull’altiSsimo monte
si sono pOtuti salvare.
«Sai, mi è sembrato un buon modo per continuare quello che avevamo iniziato insieme e ho visto che i ragazzi, anche quelli di solito meno motivati, si sono lanciati. Domani in geografia proviamo con la parola reddito che di solito è difficile da comprendere e definire» conclude raggiante la Prof, con l’aria di chi non vede l’ora di provarci.
Ecco, il racconto di questo frammento di “didattica sul campo”, vissuta da chi opera nel mondo della scuola, è uno dei possibili esempi di una ludiforma della scuola che parte dal basso, da chi accetta di mettersi in gioco per intraprendere un cammino in cui è chiaro che le emozioni determinano la qualità dell’apprendimento e le motivazioni di uno studente e di un insegnante a continuare o lasciare il percorso intrapreso.
- On 7 Aprile 2015