Più forte dei no – Corso intensivo di fiducia in sé stessi – Jia Jiang
di Aldo Carati
“Un no al giorno per cento giorni”
Chiedere in prestito cento dollari a un perfetto sconosciuto, ordinare cinque ciambelle intrecciate tra loro come i cerchi olimpici, bussare alla porta di uno sconosciuto per chiedergli il permesso di giocare a calcio nel suo giardino. Fino a chiedere di pilotare un aereo.
È un gioco? Più o meno. Un esperimento, una terapia.
Jia Jiang nasce in Cina, ma da adolescente si trasferisce negli Usa per inseguire un sogno: diventare un imprenditore di successo.
Quando però il suo primo progetto non trova finanziatori, si sente respinto, vede il suo sogno infranto e sta malissimo. Paura, insicurezza, terrore. Paura di che cosa? Paura del rifiuto, paura di ricevere dei “no”. Jiang decide, allora, di provare cento volte il rifiuto, dando il via a un esperimento di 100 giorni, in cui, come terapia per rendersi invulnerabile, si sottopone volutamente a un rifiuto al giorno. Con il cellulare filma tutti questi tentativi e apre un blog sull’argomento, intitolato “Un no al giorno per 100 giorni”.
Jiang racconterà poi questo viaggio nel libro Più forte dei no – Corso intensivo di fiducia in sé stessi.
I primi giorni
Il primo giorno è terrorizzato, non appena riceve il “no” scappa via.
Capisce allora di dover cambiare comportamento. Il secondo giorno è ancora un po’ agitato, ma non si fa prendere dal panico e non prova nemmeno il senso di vergogna e umiliazione del giorno prima. E riesce anche a divertirsi. Inoltre, una volta ottenuto il rifiuto, riesce a proseguire con la conversazione senza scappare come un ladro.
Solo al secondo giorno, Jiang impara già una lezione importantissima: il modo in cui si pone una domanda e poi come si prosegue nella conversazione hanno un impatto sul risultato che si ottiene. La risposta finale può essere sempre un “no”, ma un “no” che ferisce molto meno.
Il terzo giorno, quando chiede le ciambelle a forma di cerchi olimpici, inaspettatamente ottiene un sì. Da quel momento il suo obiettivo si sposta: non vuole più ottenere dei rifiuti e imparare ad accettarli, ma trovare il coraggio per fare richieste importanti.
Dopo la storia delle ciambelle, Jiang diventa famoso, lo invitano persino in televisione. Moltissime persone iniziano a scrivergli email, e lui capisce che la paura dei “no” non è una malattia rara, ma è un’umana debolezza molto diffusa.
Rifiuto e fallimento
Forse il motivo principale per cui si parla poco dei “no” è perché si preferisce parlare del suo cugino concettuale più abbordabile: il fallimento. Però le due cose non coincidono.
Il fallimento è deplorevole, ma comprensibile e spesso tollerabile perché può essere attribuibile a una miriade di fattori.
Essere respinti, invece, non è affatto rispettabile perché implica che qualcuno ci ha risposto di “no”, spesso a favore di qualcun altro e magari anche senza tanti complimenti. Il rifiuto crea, intrinsecamente, una relazione disuguale tra chi respinge e il respinto ed è il secondo a rimetterci maggiormente.
Il viaggio prosegue
Mentre prosegue nel suo viaggio, Jiang elabora richieste sempre più assurde.
A un certo punto capisce una cosa molto importante: il rifiuto non è una verità, è un’opinione. L’interlocutore elabora la richiesta e poi dà un’opinione in base ai propri interessi, che pesano molto di più della personalità del richiedente e della richiesta stessa.
Un’altra consapevolezza riguarda il fatto che i rifiuti non sono tutti uguali: ci sono quelli positivi e quelli negativi. Jiang era stato respinto da alcune persone con impazienza e irritazione, mentre altre lo avevano fatto con una tale gentilezza ed eleganza da risultare simpatiche nonostante il rifiuto.
Jiang studia questi no “positivi”, guardando i relativi video, finché non ne capisce perfettamente la tecnica. Conclude che, quando si dice di no a qualcuno è importante: avere pazienza e rispetto; essere franchi (le divagazioni e i “si, ma…” risultano particolarmente fastidiosi a tutti); offrire delle alternative o dei compromessi.
Jiang capisce, inoltre, che essere respinti è un’esperienza il cui significato dipende da noi. Significa ciò che noi vogliamo che significhi. Un “no” può essere positivo o negativo a seconda della colorazione che vi diamo noi.
Ci sono persone bravissime a trasformare positivamente un rifiuto, anche il più doloroso, in quanto sfruttano l’esperienza per rafforzare le loro motivazioni.
“Perché no?”
“Il rifiuto è come il pollo, può essere gustoso o schifoso a seconda di come lo si cucina. Non dobbiamo farci paralizzare dalla paura dei no”. Così Jiang conclude i suoi discorsi sulla paura del rifiuto. Abbiamo detto, infatti, che Jiang è diventato famoso ed è stato chiamato a tenere discorso in diverse sedi. Ha anche tenuto un TEDtalk, in cui racconta quello che ha imparato nel suo viaggio di cento giorni.
Ripensando al suo viaggio di cento giorni, la conclusione che ne trae è che, se non avesse chiesto, non avrebbe vissuto così tante esperienze, dalla più stupida alla più significativa. Ha fatto tutte quelle esperienze solo perché le ha cercate: le ha vissute perché ha chiesto.
È vero che ha imparato a chiedere in maniera più artistica e scientifica e ad aggirare i rifiuti quando li subisce. Ed è anche vero che subisce ancora dei rifiuti. Tuttavia, non chiedendo, ci autorespingiamo per definizione e probabilmente perdiamo delle occasioni.
Come diceva Robert Kennedy: «Ci sono persone che guardano le cose come sono e si chiedono perché. Io sogno cose che non ci sono e mi chiedo “perché no?”»
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- On 14 Novembre 2017