Senza tema di smentita
di Bianca Borriello
Ho comprato una crema costosa, senza conservanti e senza profumo. In questi tempi di chiassosa ridondanza di messaggi del tipo «bianco più bianco» e «pulito più pulito», mi sembrava che un paio di «senza» valessero la spesa.
Riguardo ai conservanti non so cosa dire, mi affido all’onestà del produttore, quanto all’assenza di profumo posso confermare che la mia crema non né ha neanche una goccia. La mia crema costosa infatti puzza.
Ma avrebbero potuto scrivere «questa è una crema senza coloranti e che puzza»?
Si potrebbe considerare che il concetto di puzza è soggettivo e che quindi senza profumo è una definizione che lascia maggiore spazio all’immaginazione olfattiva (esisterà l’immaginazione olfattiva? sì, eh?)
Forse avrebbero potuto usare «senza profumo, ma non inodore». Come suona con tre negazioni e un ma avversativo? È complicato, ma apparentemente più pertinente.
Chi come me si occupa di comunicazione aziendale affronta spesso questo tipo di dilemmi. Cerchiamo di evitare le negazioni, ancor più i messaggi negativi, ma spesso la semplice affermazione non corrisponde a ciò che vorremmo esprimere.
Capita nella scrittura organizzativa, commerciale, normativa. E capita più spesso quando ci troviamo a dover tradurre dall’inglese un testo che rientri in uno di questi ambiti.
Ma come funziona per gli inglesi la faccenda delle doppie negazioni e come la restituiamo in italiano? La doppia negazione degli inglesi ha pochi margini di ambiguità, perché come in latino di sicuro affermano (not bad, not impossible ecc.). A volte, anzi, specie in British English, not bad è fin meglio di good. In italiano non è sempre così: «non impossibile» anche per noi equivale a «possibile». Ma «non voglio niente» non vuol dire che voglio qualcosa.
Noi usiamo la doppia negazione anche come rafforzativo, mentre in inglese è errore «I don’t want nothing» (loro hanno l’anything che noi non abbiamo; sì, ok, c’è l’alcunché, ma chi lo usa?).
Certo, verrebbe da pensare che nella maggioranza dei casi le doppie negazioni, o comunque i multipli pari, si annullino, e dunque affermino ciò che invece s’intende negare. Due “meno” non sempre fanno un “più”.
La doppia negazione ha un effetto diverso rispetto all’affermazione, costringe la mente a fare un lavoro di decodifica. Può essere utile se se ne è consapevoli.
Serve, per esempio, nel linguaggio che usano i medici accorti, ad attutire gli impatti negativi di un messaggio. Una mia cara amica che purtroppo ha dovuto affrontare alcuni cicli di chemioterapia, si è sentita dire «Non potremo evitare di farle cadere i capelli».
Al suo orecchio, me lo ha confessato, questa frase è suonata molto più soft del sentirsi dire «Le cadranno i capelli».
«Dichiaro di non essere non violenta», invece, è una doppia negazione un po’ fasulla. Dichiaro di non essere «non violenta» mette i due non su piani differenti. Non significa che io sia violenta. È un «dichiaro di non appartenere a quella categoria».
La categoria, o meglio il movimento “non violento”, con le sue caratteristiche precise, è una fetta di una torta che fa il 100% delle opinioni sulla violenza, diciamo che ne è il 40%. Non appartenere a quella fetta lascia aperta la possibilità che io appartenga a una delle altre diverse fette di cui si compone il restante 60%. Dunque anche la mia crema senza profumo potrebbe non essere puzzolente, ma solo diversamente odorosa.
Se possedete una mitica Enciclopedia Treccani e due braccia forti che vi aiutino a manovrare l’àrgano con cui estrarre l’apposito volume, potrete approfondire il contenuto del capitolo negazioni. Altrimenti, basta questa breve scena dal film Il negoziatore.
Ma se non siete ignari del fatto che la conoscenza è nulla senza controllo, non potete fare a meno – e non ci vorran più di tre minuti – del nostro video Non dire no: allenare la vostra agilità linguistica non sarà altro che la soluzione per non incorrere in trappole e tranelli. Non posso che assicurarvelo, senza tema di smentita.
- On 12 Maggio 2014