
MASS MEDIA E REALTA’ NEL PENSIERO DI BAUDRILLARD
di Vera Paparella
Il delitto perfetto pubblicato Jean Baudrillard vuole essere la ricostruzione di un crimine. L’uccisione della realtà, lo sterminio dell’illusione per mezzo del mondo dell’informazione mass mediale e delle nuove tecnologie.
Ma il delitto per Baudrillard non è mai perfetto, poiché il mondo lascia sempre dietro di sé le tracce della sua inesistenza, le tracce della continuità del niente dietro le apparenze che tradiscono il suo segreto.
La realtà per il sociologo francese è un’illusione. Il mondo ci illude e questa sua illusione deriva dalla sua “imperfezione radicale”. Noi esseri umani, infatti, abbiamo un rapporto in differita con la realtà. La presa diretta per noi è impossibile. Siamo fatti così. Dobbiamo accettare questa condizione di metterci a distanza dai sistemi della rappresentazione perché solo così riusciremmo a vedere le stelle, sapendo che esse in realtà sono esplose a distanza anni luce da noi. Tuttavia non possiamo fare a meno di illuderci, perché senza questa distanza di sicurezza, ci bruceremmo, diventeremmo un tutt’uno con le cose, molto pericolosa, dove tutto è unito e continuo; dentro la quale non c’è ragione, spazio, tempo, identità, responsabilità. Per tanto l’illusione è vitale per noi. Sono dunque mi illudo. La vita ne risulta disumana. Per questo noi esseri umani abbiamo creato un sistema della rappresentazione semiotico-linguistico, un filtro, tra noi e il mondo, illudendoci di avere dominio sulla realtà, a patto di restare entro quell’ordine di discorso che ci siamo dati.
Anche il rapporto mass mediatico con la realtà è un rapporto illusorio che gioca su tre piani: realtà, iperrealtà, virtualità. Si è passati dalla forma alla formula del linguaggio algebrico- matematico, delle macchine, della scrittura automatica del mondo, che comunica per matrici e che simula una realtà che è diventata tanto più reale della realtà stessa: iperrealtà. La televisione ha infatti, per Baudrillard, trasformato la realtà in iperrealtà, uccidendola.
È solo simulando una continuità che la si può rappresentare: rappresentazione della verità e della realtà come simulacro, sapendo che invece la realtà è frammentata, disordinata, non lineare. Tuttavia noi abbiamo bisogno di crearci questa continuità, abbiamo bisogno di illuderci per non diventare folli e cadere nella continuità del niente.
Simulazione come messa a morte dell’illusione. La tecno-informatica come soppressione del buio, della differenza e dell’alterità a vantaggio di una comunicazione perpetua. Come scrisse McLuhan “Il medium è il messaggio”.
La televisione si dissolve nel reale e il reale si dissolve nella televisione. Dobbiamo perciò disilluderci: “illusione radicale” per Baudrillard. Non vi è più segreto, bensì trasparenza. Ne viene meno la funzione poetica del linguaggio. Si gioca ora con i segni della rappresentazione in uno scambio simbolico politico ed economico. Siamo il sistema dei segni che parliamo. Siamo il sistema degli oggetti che usiamo.
La televisione e i nuovi media hanno trasformato il nostro mondo di comportarci. È come se fossimo sempre su un palcoscenico. Siamo diventati attori della performance nella nostra vita “reale”. Non vi è più spettacolo, bensì vi è sempre più virtualità che dà l’informazione tutta quanta in tempo reale, in una perfezione virtuale fatale. La macchina, diventata come Dio è omnisciente, conosce già tutto, priva l’uomo della sua libertà di cercare e scoprire. Non c’è più intuizione, nella filosofia del sociologo francese, ma priorità del sistema a discapito dell’esperienza umana. In sintesi: siamo virtualmente informatissimi ma realmente fermi.
- On 28 Maggio 2020