
Il nuovo sogno di Elon Musk: l’Everest del Public Speaking
di Emanuele Mascherpa
Lo scemo del villaggio. Il solito ubriacone. Ma oggi hanno aperto le gabbie?
È questo quello che penseresti se qualcuno ti fermasse per strada e ti dicesse: «Dai, mandiamo 1 milione di persone a colonizzare Marte».
A fermarti sul marciapiede, però, non è uno qualunque, ma un imprenditore sudafricano di nome Elon Musk che sa dare forma concreta alle sue follie. Non a caso, in soli 45 anni di vita, ha già fondato aziende rivoluzionarie come PayPal, Tesla Car, Solar City e SpaceX. Allora ti viene il sospetto che ti conviene fermarti, lì sulla strada con lui, e ascoltare meglio quello che ha da dirti.
Se poi la “strada” equivale a una sala grermita di gente al 67esimo congresso internazionale di astronautica, la questione si fa ancora più interessante.
In un’ora e mezza di speech, il 27 settembre scorso, a Guadalajara (Messico), Elon Musk ha descritto il suo piano per colonizzare Marte, la tecnologia e gli strumenti che serviranno, le sfide tecnologiche già risolte e le molte che ancora devono essere superate.
Quello che mi ha impressionato di più della presentazione di Musk è la quantità di informazioni scientifiche (e complicate) che è riuscito a far digerire al proprio pubblico. La qualità delle slide (qui il link per il download http://www.spacex.com/mars) è stata come sempre eccellente, ma l’argomento presentava sfide espositive equivalenti all’Everest del public speaking.
Le spiegazioni tecniche, fisiche e chimiche non muovono tifoserie da stadio: difficilmente ci possiamo esaltare davanti a una slide che analizza i vantaggi del Cryo-Merhanox come propellente rispetto all’idrogeno o al kerosene.
Proprio qui sta l’abilità narrativa dell’intervento di Musk: è riuscito ad alternare contenuti “facili” e spiegazioni tecniche che a prima vista sembravano impresentabili a un pubblico di non addetti ai lavori.
Non si è mai soffermato troppo a lungo sulle slide complicate, impedendo agli ascoltatori di sentirsi inadatti a capire l’argomento. Ha semplificato senza banalizzare. Ha anche raccontato la storia di SpaceX parlando delle tappe più significative e dei fallimenti che hanno affrontato. Ha dato così un feeling più umano a tutta la presentazione.
Questo suo alternare contenuti aspirazionali (andiamo a colonizzare! direbbe Rovazzi), spiegazioni tecniche e video dimostrativi, ha reso fruibile una presentazione di un’ora e mezza che altrimenti sarebbe stata di una pesantezza incredibile.
La domanda che mi sono fatto alla fine della conferenza? Ma quanto si sarà preparato per una presentazione di questo tipo? Non è un TED Talk da 18 minuti e neppure una presentazione stile Apple dove in un’ora si alternano più attori sul palco parlando di argomenti sicuramente più leggeri.
Immagino quanti giorni di preparazione e prova abbia fatto per un evento del genere. La fatica di semplificare il proprio linguaggio per spiegare concetti complessi (e per lui scontati) a un pubblico vasto. La rifinitura dei passaggi logici per fare in modo che la presentazione fosse scorrevole. Un lavoro immenso.
In questi giorni, si leggono commenti negativi sull’intervento di Musk, in particolare sulle domande tecniche e sui quesiti tecnologici a cui non ha ancora dato risposta. Le mie scarse conoscenze scientifiche non consentono un’analisi così precisa, ma una cosa è sicura, almeno dal mio punto di vista: Elon Musk ha fatto intravedere a tutto il genere umano una nuova prospettiva difficilmente pensabile fino a poco fa. Ha spostato gli orizzonti oltre i confini del nostro pianeta. Ci ha fatto sognare. Che cosa si può chiedere di più a una presentazione?
- On 1 Ottobre 2016