Comandante senza scorciatoie
di Annamaria Anelli
Ho conosciuto Cristina Ruffa durante un corso ai Comandanti di Polizia Locale organizzato dalla Regione Lombardia. Unica donna accanto a 24 maschi. Energica, determinata e concreta. Qui le faccio due domande.
Domanda: Allora, Cristina dicci due parole di te
Risposta: Ho 46 anni, sono sposata con un collega agente di Polizia Locale, ho due figli grandi e amo cantare, principalmente musica sacra (sono un soprano leggero). Ho iniziato a lavorare in Polizia Locale vincendo il primo concorso nel 1995 e sono comandante nel Comune di Meda dal gennaio 2009.
D: Subito la prima curiosità: nell’aula in cui Paolo ed io eravamo co-docenti eri l’unica donna. Sei tu a essere speciale o è normale che nella Polizia locale il rapporto uomini-donne sia 25 a 1?
R: Diciamo che le donne – comandante sono ancora poche, ma in particolare per l’aula del corso credo sia stato un caso, non saprei se legato a particolari modalità di selezione o perché fosse presente la mia sola candidatura…
D: Come sei diventata comandante? Il tuo era un caso particolare, che ha favorito la nomina, o partivi da una situazione normale e sei stata scelta tra altri papabili?
R: In sé e per sé la nomina di un comandante donna non è speciale, semplicemente ho superato una selezione concorsuale interna nel precedente comune, mentre nell’attuale è stata fatta una valutazione sui curricula di vari candidati e il Sindaco ha poi scelto la mia posizione. Quindi non vi sono condizioni di favore nell’essere donna, anzi direi che spesso la condizione femminile può essere un vincolo: infatti i Sindaci (in maggioranza uomini) se debbono raffigurarsi un “Comandante” lo immaginano … maschio!!
D: Quali sono le difficoltà che hai dovuto affrontare prima, durante e dopo la nomina?
R: Sotto il profilo familiare sono stata fortunata: mio marito è una persona sensibile e intelligente e mi ha supportata in ogni momento del percorso di carriera, ma all’inizio mio padre, che è un uomo all’antica, riteneva che questo lavoro fosse troppo “maschile” e pericoloso per una donna. Ora è uno dei miei più convinti sostenitori. I rapporti con i colleghi non sono mutati: chi era un fratello prima lo è rimasto anche dopo. Sanno che il mio ruolo è mutato e si comportano di conseguenza, ma ciò deriva principalmente dall’intelligenza e dal rispetto reciproco.
D: Quali sono le caratteristiche che deve avere una donna al comando? Bisogna che faccia l’uomo o può svolgere il suo compito salvaguardando le sue caratteristiche femminili?
R: Credo che una donna al comando possa e debba mantenere le proprie caratteristiche femminili, naturalmente evitando atteggiamenti poco consoni al ruolo (trucco vistoso, monili o altro..). Ciò che serve soprattutto è autorevolezza, che può derivare solo dall’essere in campo al fianco dei tuoi collaboratori quando serve per dar loro supporto e anche dall’aver percorso tutti i gradi della carriera (prima da agente, poi da ufficiale e così via)
D: Spesso, lo vediamo in molti ambienti, una donna al comando desta curiosità, a volte cattiverie: su di lei si vanno a cercare elementi che possono mettere in discussione i suoi meriti. Con te come è andata?
R: Sì, è innegabile che a una donna è richiesto uno sforzo superiore: spesso mi sono misurata con atteggiamenti di sfida o attacchi tesi a delegittimare la mia professionalità, a partire da chi metteva in discussione l’adeguatezza del mio titolo di studio o chi paventava fantasiose quanto assurde teorie circa presunte “agevolazioni” nell’ottenere il ruolo. Ritengo che il miglior modo di fronteggiare le malevolenze sia lavorare ogni giorno spendendosi al massimo. Certo a livello personale alcuni attacchi ti feriscono, non è semplice spiegare ai tuoi familiari che esistono persone di poco spessore morale che non si fanno scrupoli a divulgare notizie prive di fondamento. Sicuramente un uomo è meno soggetto a questo specifico tipo di attacchi.
D: Un consiglio a una donna che voglia far carriera nella Polizia Locale?
R: A mio parere una donna prima di assumere il comando deve misurarsi con tutti i ruoli della scala gerarchica, per acquisire l’esperienza necessaria e una visione complessiva delle attività di Polizia Locale. Sicuramente lo studio e l’aggiornamento professionale sono importanti, ma i rapporti umani sono fondamentali: chi come noi lavora in gruppo deve poter contare sui colleghi, a maggior ragione il Capo, uomo o donna che sia, dovrà guadagnare i gradi sul campo, non sono previste scorciatoie.
- On 18 Novembre 2013