Purché sia slide design
Intervista a Emanuele Mascherpa (speech.it)
di Alessandro Lucchini
Questa intervista è tratta dal libro Due orecchie, una bocca.
Se non avessi conosciuto Emanuele, questo capitolo di chiusura si sarebbe intitolato “No slide, please”.
Il mio suggerimento, infatti, è in genere: «Buttate via quelle orribili slide: la gente vuole sentire i vostri racconti, confrontarsi con le vostre idee, magari emozionarsi con voi, non leggere i vostri paragrafi mentre ci parlate fastidiosamente sopra».
Poi ho conosciuto Emanuele. Con il suo stile dolce e ironico insieme, mi ha smontato in bel po’ dei miei pregiudizi su quelle brutte pagine luminose, scorse noiosamente davanti agli sbadigli delle platee, e mi ha convinto che le slide sono un’altra cosa.
Quest’altra cosa, Emanuele la chiama “slide design”. Partiamo dunque dalla definizione.
Perché Slide Design?
La parola “design” incorpora l’idea di progetto, di un pensiero che viene prima dell’esecuzione. Le slide vanno progettate per trovare il giusto compromesso tra funzionalità ed estetica: una slide dev’essere al servizio di chi presenta, deve comunicare, ma dev’essere anche esteticamente bella per colpire il pubblico e rimanere impressa.
Però in genere c’è poca progettazione nelle slide, giusto? Imperversano vizi come il copia-incolla da presentazioni simili precedenti, l’inserisci anche questa tabella, e l’istogramma, e l’infografica…
È vero, la maggior parte dei presentatori trascrive dei testi e li incolla in Powerpoint pensando che basti. Se le slide sono fatte così hai ragione tu, Alessandro, quando dici di buttarle via.
Ma se son fatte bene, sono fondamentali per veicolare i messaggi che il presentatore vuole far arrivare al pubblico. Possono emozionare e coinvolgere chi ascolta, integrano e ampliano il racconto con la dimensione visiva. Attivi anche altri canali sensoriali, oltre a quello auditivo, e sei più efficace.
Numero ideale di slide?
Tutte quelle necessarie. Il numero non vuol dire nulla: ho fatto presentazioni di 30 minuti con 5 slide, e presentazioni di 12 minuti con 52 slide. L’importante è che ciascuna slide contenga un solo concetto.
Un solo concetto per slide: perché?
Perché così il pubblico si concentra su un’idea per volta. Il multitasking è impossibile: o pensi a una cosa o a un’altra. Isolando un singolo concetto per slide, impedisci che chi ascolta saltelli tra più idee e si distragga. Una slide fatta bene cattura l’attenzione del pubblico e la mantiene dove vuoi tu.
E com’è una slide fatta bene?
Come dicevamo, è progettata. Ogni slide dev’essere funzionale all’obiettivo: comunicare un messaggio, vendere, promuovere un progetto o un’idea. Inutile inserire un’immagine solo perché è bella o ci colpisce. Quando la slide è coerente con la presentazione, è uno strumento potente per convincere il pubblico: è più efficace parlare del problema dei rifiuti mostrando la foto di una discarica enorme, piuttosto che una scritta “Problema dei rifiuti”. L’immagine colpisce il pubblico perché in pochi centesimi di secondo viene elaborata dal cervello suscitando emozioni e reazioni.
Si dice che un’immagine valga mille parole…
È così. Il problema è che spesso si usano le slide come surrogati di Word. O peggio, si usano come un “gobbo” leggendo tutto quanto c’è scritto. Così il pubblico passa il tempo a guardare la schiena del presentatore e ad ascoltarlo mentre legge. Una presentazione così è noiosa e per niente coinvolgente. Gli americani parlano di death by Powerpoint. L’obiettivo è l’opposto: emozionare, colpire il pubblico, aiutarlo a mantenere alta l’attenzione.
La chiave è la preparazione. I grandi oratori danno l’impressione di improvvisare, ma preparano tutto. Prepararsi, però, costa tempo e fatica, e coi ritmi di oggi spesso manca il tempo. Per questo molti copiano e incollano da Word. Così perdono in attenzione e coinvolgimento, quindi in efficacia.
Cosa vuol dire prepararsi?
Anzitutto conoscere le persone che avrai davanti, sapere che cosa vogliono, di che cosa hanno paura, che resistenze avranno alla tua idea, quali obiezioni muoveranno. In questo modo puoi adattare la presentazione e le slide affinché siano più efficaci. È lo stesso principio da cui parte questo libro, due orecchie e una bocca: ascoltare il pubblico ancora prima che parli.
E come lo faccio con le slide? Un esempio?
Immagina di dover fare una presentazione per sensibilizzare dei manager a contenere i costi. Approccio classico: una slide che dice “Aumento costi +72%”. Impatto emotivo scarso. Nella loro testa, le persone penseranno: “io ho già fatto tutto il possibile per contenerli, sarà un problema degli altri”.
Studiando le loro situazioni, invece, magari scopri che hanno bisogno di più persone per i loro progetti. E la tua slide dice: “5% di risparmio sui costi = possibilità di assumere una persona in più. Così il vantaggio per ciascuno di loro è evidente, e la motivazione a risparmiare aumenta.
Parli spesso di “bellezza” delle slide. Quali consigli daresti per slide più belle?
Viviamo in un mondo sempre più immagine-centrico. Facebook, Instagram, Snapchat ecc, sono tutti social dove l’immagine domina sui contenuti scritti. Perciò consiglio di usare più immagini possibili, soprattutto se si presenta a un pubblico giovane. Far sì che l’immagine occupi l’intera slide – non solo un quadratino – renderla protagonista della slide. Se necessario, aggiungere 3 o 4 parole, per dare enfasi al concetto. Quando si usa una slide di testo, usare un carattere grande (almeno 32) in modo che sia ben leggibile. Non voler essere artisti a tutti costi. Molte volte ci sbizzarriamo con colori e font arditi perché pensiamo diano un qualcosa in più alla presentazione. Non è questo che fa la differenza. L’idea da comunicare dev’essere sempre prioritaria rispetto all’estetica: la leggibilità della slide, la chiarezza e lo scopo (comunicare la tua idea) devono rimanere la priorità di ogni singola slide. La bellezza è solo la condizione perché ciò accada.
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Mannaggia a te, Emanuele, mi hai convinto. Volevo tenermi la mia bella allergia al Powerpoint, e invece mi tocca a mettermi a studiare pure quello. Ci sono i tuoi corsi, sì, lo so, lo so.
Il colmo, comunque, è che il libro di un super auditivo come me si chiuda con il pensiero di un super visivo come te. Ma se hai notato, almeno l’ho chiamato “postludio”, come nei concerti. Postludio, sì, l’opposto di preludio. Va beh, è il finale.
Grazie, ciao.
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di Emanuele Mascherpa vedi anche gli articoli
– Grafici e tabelle: come usare i numeri nelle slide
– Il nuovo sogno di Elon Musk: l’Everest del public speaking
- On 1 Settembre 2017