Scrivere diritto
Nell’ultimo libro di Palestra della scrittura, di Chiara Lucchini e Alessandro Lucchini, le tecniche di scrittura per la comunicazione giuridica.
Si può scrivere di diritto in modo semplice e chiaro? Vien facile pensare al linguaggio giuridico come lingua oscura, esclusiva, lingua di potere, l’Azzeccagarbugli in testa. Insomma come una delle più fastidiose anti-lingue, direbbe Calvino.
Si può, si può scrivere in modo semplice. L’hanno fatto i Padri Costituenti, generando un testo ad alta leggibilità. Leggibilità legata a due fattori: la presenza del Vocabolario di base italiano (74% dei lemmi), quindi il nucleo di maggiore frequenza e familiarità per la comunità dei parlanti, e la brevità dei periodi (meno di 20 parole).
Questo il nostro archetipo, il modello cui vorremmo indirizzare lo Scrivere diritto. Diritto è complemento oggetto, o complemento di argomento, perché è scrivere di contenuti giuridici. È complemento di modo, scrivere “in modo diritto”, chiaro, ininterrotto lungo una determinata direzione (directum, participio passato di dirigere): il contrario di contorto, arzigogolato. Ed è “scrivere giusto”, nel senso di onesto, leale, pulito.
Perché anche quando scrivo di temi giuridici, se voglio farmi capire, occorre che io pensi al mio lettore. Se scrivo al giudice, è lui il mio pubblico. Ma possono esserlo anche il cliente, la polizia giudiziaria, il pubblico ministero, un collega avvocato, un tecnico di un’amministrazione pubblica, il collega in azienda che non ha formazione – tanto meno mentalità – giuridica.
A questi diversi pubblici è opportuno rivolgersi con linguaggi diversi.
L’obiettivo del libro è infatti dimostrare che esistono quasi sempre espressioni più chiare rispetto a quelle in voga, per esprimere lo stesso concetto.
Anziché teorizzare sui vizi della scrittura giuridica, attraverso molte interviste questo libro raccoglie le testimonianze dei protagonisti di questa professione: avvocati, magistrati, notai, tecnici della pubblica amministrazione, giuristi d’impresa.
Ne è uscito un metodo, quello delle “7S”: sette abilità dello Scrivere diritto.
1) La semplicità. È l’abilità più importante: saper ridurre i disturbi della comprensione, e sciogliere il linguaggio troppo specialistico, pesante e fastidioso (e a volte colpevole). Le ragioni del complicare; la distinzione tra tecnicismi specifici e tecnicismi collaterali; la zavorra del latinorum; il ruolo di traduttori (trans-ducere); vari esempi di riscritture semplificate; e la proposta di un “decalogo” con alcune linee guida per scrivere semplice.
2) La sintesi: saper dire di più, scrivendo di meno. Tagliare, asciugare, strizzare all’osso. Le raccomandazioni della Suprema Corte, e di altri organismi giurisdizionali, per la sintesi (e la fatica del razzolare come si predica); il distinguere tra sintesi e brevità; quell’amor di dettaglio, che fa a pugni con la fretta, la noia, la distrazione e gli altri vincoli della lettura; “forbici e colla”, la principale tecnica di sintesi, e un repertorio di esempi e di esercizi.
3) La struttura, ossia la capacità di organizzare le sequenze argomentative: interpretare il testo come un’area geografica – inizio-corpo-fine – e decidere dove mettere le parti più importanti. Lo studio di quest’abilità parte da una rassegna dei più diffusi vizi strutturali della scrittura giuridica, e offre una lista di 13 strategie utili per organizzare gli argomenti in un testo.
4) La se-duzione (se-durre), il condurre a sé, il meritarsi l’attenzione del lettore: aiutarlo a superare la noia, la fretta, la distrazione. Quanto alle tecniche, una rinfrescata alle metafore e alle altre esche seduttive del repertorio retorico classico; e poi la forza degli esempi; e l’inevitabile reader focused writing, ossia il difficile passaggio dalla focalizzazione sul contenuto a quella sul lettore, con il grande tema della calibrazione, lo studio accurato del destinatario.
5) La sim-patia (sun-patheia), il sentire insieme con l’altro. O forse l’empatia. Dote di sapore psicologico. Saper toccare le corde emotive del messaggio, dando energia dove il testo rischia d’indebolirsi, addolcendo dove è troppo rude. Oppure alternando messaggi più vigorosi e messaggi più tenui. Nello Scrivere diritto, come non partire da logos, ethos, pathos?; e da una domanda anti-patica: “perché si amano così poco gli avvocati?”; lo spazio per il linguaggio emotivo nei contenuti giuridici; e un ponte semantico tra sim-patia e respons-abilità.
6) E poi la stra-vaganza (vagare-extra), dote metodologica, trasversale a tutte le altre: è il saper muoversi anche al di fuori dei sentieri tradizionali, con l’innesto di una dose di creatività e di coraggio, magari sfiorando (magna cum moderatione!) i toni dell’umorismo e creando nuovi collegamenti di pensiero e quindi di significato.
7) E infine lo stile: saper scegliere il più adatto a ogni pubblico e a ogni occasione, ridurre la distanza tra lingua scritta e lingua parlata, mantenere un ritmo piacevole che sostenga l’argomentazione, combinando estetica ed etica, ed esplorando il promettente territorio del Legal storywriting, ossia la narrazione giuridica.
Farsi capire, dunque. Perché, come scrive Bryan A. Garner in The Elements of Legal Style:
Noi giuristi possediamo solo le parole. Noi non possiamo prescrivere medicine ai nostri pazienti. In un processo, nella stesura di una lettera, nella redazione di un contratto, in una trattativa, le parole sono il nostro unico strumento di lavoro. Quando si scrive, quando si parla, l’unico vero obiettivo è la chiarezza.
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- On 4 Dicembre 2018