Nothing is impossible: sicuri?
di Giulia Gambari
Il mestiere del formatore in 140 (milioni di) caratteri.
Come la fragola in un frullato.
Era il 29 Gennaio 2014. Sfogliavo annoiata una rivista nella sala di attesa del mio medico quando, inaspettatamente, “TOC TOC”: una nuova mail.
La stavo aspettando da mesi, era la risposta di Palestra di Palestra. La aprii, la scorsi velocemente, era lunga, ma una frase in grassetto colpì subito la mia attenzione: «E tu ci sei ». Iniziò così la mia avventura.
Giugno 2014, Milano, uno degli incontri formativi del percorso Palestra di Palestra.
Ci danno un compito per casa: descrivere il mestiere del formatore in 140 caratteri. L’incredulità e un pizzico di ingenua strafottenza si legge sul volto di molti di noi, di quella strafottenza sana eh? Quella che ti fa dire «Cosa vuoi che sia, qualcosa mi inventerò!».
Così, con un po’ di leggerezza, comincio a scrivere «Il mestiere del formatore è». Sono già a 27 caratteri, e non ho detto niente.
Così mi rendo conto, dopo appena quattro parole, che:
1) la sintesi e io abbiamo una relazione estremamente complicata; (ecco, e anche qui bastava dire relazione complicata, senza estremamente)
2) la mia fantasia è pari a zero.
Dopo aver scritto, o perlomeno averci provato, parole appiccicate, link, sillabe, sostantivi senza articoli e molto altro ancora per decine di volte, è stato impossibile evitare la sfida ossessivo-compulsiva tra questo dannato tweet e me.
Ten minutes later.
Ho deciso: a tarallucci e vino il tweet! Penso a com’è cambiato il mio punto di vista, dall’8 marzo scorso, il giorno in cui ho cominciato l’avventura di Palestra di Palestra, a oggi. Ancora non so niente rispetto a quello che c’è da sapere, eppure mi sento così ricca.
Sapete che c’è? C’è che io ho capito che non lo so cosa significa fare il formatore, e allora provo a spiegare cosa vuol dire, dal mio punto di vista, essere un formatore. Quello credo di saperlo, almeno un po’.
È energia, è una risata, è uno sguardo insicuro, è farsi un numero indefinito di domande sull’efficacia delle parole che hai usato, è una canzone cantata insieme. È arricchire gli altri ma soprattutto se stessi. È parlare ininterrottamente per ore e saper stare in silenzio, è spiegare concetti e saper ascoltare, è sorridere e riuscire a trattenere le smorfie, è controllarsi e lasciarsi andare.
Credo che il formatore sia come la fragola in un frullato: delicata ma decisa, predominante ma discreta. È la cornice di un bicchiere colorato, magari accompagnata da un po’ di zucchero per rendere più seducente quell’attimo di freschezza quotidiana. Ti fa compagnia mentre sorseggi rilassato la tua piccola oasi e ti lasci trasportare dai pensieri ed è lì, quando ti accorgi che la tua pausa pranzo è finita e devi correre in ufficio.
Essere formatore forse è un po’ questo: è essere la cornice di un attimo, di un pensiero. È lasciare il proprio “io” senza imporlo. È pazienza e compagnia, è comprensione. È una mano sulla spalla, il rispetto per un’emozione, l’imposizione di un tempo, è dare delle regole ed essere pronto a ridefinirle. Essere un formatore è una magia.
Sono quasi a 3mila caratteri e non c’è clustering, sintesi, ipertesto che sfiori la mia mente in questo momento; vorrei solo cantare, ballare e gridare quanto questo mestiere possa regalare.
- On 30 Giugno 2014