
Scrivere per scrivere
di Lorena Zerbin
Così Gabriele Romagnoli intitola La prima cosa bella il 17 giugno su Repubblica.
Sostiene che la scrittura rende felici quando è gratuita, disinteressata, non insegue classifiche o mode, non ha interessi economici, non è finalizzata a qualcos’altro, un film, una serie, un contratto.
Qualcosa di sacro, un processo intimo di grande intensità che tocca profondità dentro di noi, che sa essere arte, letteratura. L’arte non ha quindi bisogno di altro, ha valore in sé.
Tutto vero, ma mi arriva anche un po’ di fastidio, non è un discorso un po’ troppo elitario, esclusivo? Si rivolge solo agli artisti, a chi ha un talento, un dono. Beati loro!
Noi che non siamo scrittori, però, scriviamo continuamente, con diverse finalità, in diversi contesti: scriviamo per lavoro, per comunicare con i nostri famigliari, con i nostri amici e lo facciamo molto di più rispetto a qualche anno fa, con gli strumenti che abbiamo.
Sempre ci avventuriamo nell’utilizzo di questo difficilissimo strumento che è il linguaggio, nella sua complessità cerchiamo di orientarci, spesso in modo goffo.
Credo che anche questa goffa, imprecisa scrittura, non bella, possa essere una parte di noi, ci rappresenti e questo ce lo ricordiamo sempre quando digitiamo sul nostro telefono o computer.
È comunque, anche quando non ne siamo consapevoli, una riflessione su quanto stiamo vivendo, uno sforzo di rendere più chiara e definita un’idea, un’apertura agli altri, una richiesta di attenzione, ma anche uno sforzo nel rispondere (sta scrivendo… che bello).
Per questo rispetto tutte le occasioni di scrittura, tutte le espressioni, quando ne sento l’onestà.
Leggi La prima cosa bella, Gabriele Romagnoli, Repubblica 17 giugno
- On 1 Luglio 2021