
Si può imparare a scrivere anche dopo i 23 anni
di Alessandro Lucchini
«Tra i colpevoli della notevole inabilità alla scrittura di buona parte degli studenti italiani ci sono anch’io.»
Inizia così Claudio Giunta – storico della letteratura italiana, insegna all’Università di Trento – il suo articolo Saper scrivere è così importante? sul Sole24ore di domenica 12 febbraio.
(Aspetta, aspetta, un attimo solo: tra poco ti metto il link, ma se mi esci subito e ti tuffi nell’articolo, credimi, ti ci perdi.)
Beh, l’inizio è forte: autoreferenziale, sì, ma con autocritica. Con ammissione di colpa, addirittura, che nessuno gliel’aveva chiesto. Avanti, per forza.
«Ho appena messo 18 al compito scritto di uno studente della laurea magistrale in Lettere (quinto anno di università) che meritava invece di essere bocciato perché, a parte conoscere maluccio il programma, ha grosse difficoltà nello scrivere: mette male la punteggiatura, usa i verbi sbagliati, confonde le preposizioni (scrive per esempio che “la squadra ha l’intenzione a partecipare”, anziché “di partecipare”), non sa fare un riassunto, nel senso che invece di riassumere l’intero brano assegnato sintetizzandone il contenuto lo riassume frase per frase: “L’autore di questo brano dice che… Poi dice che… Poi dice che…”, e così via. Lo studente che io adesso promuovo potrebbe prima o poi diventare un insegnante, e con un insegnante simile i suoi futuri studenti certamente non impareranno a scrivere (ci si potrebbe domandare: può questo aspirante insegnante imparare a scrivere nei prossimi anni, tra il suo quinto anno di università e la sua eventuale, speriamo scongiurabile, entrata in servizio? No, non può, non s’impara a scrivere a ventitré anni).»
Aspetta un attimo, Claudio
Scusa se uso il nome, che neanche ti conosco, ma litigare mi viene più facile se uso il tu – che stai dicendo? Non s’impara a scrivere a ventitré anni? Quindi, tutti quelli che han da scrivere una tesi di laurea, e tutto quello che verrà dopo, o eran già bravi al liceo, o forse già prima, alle medie, o alle elementari, o diciamo, sì, che meglio se eran già superdotati, oppure niente, dovran trovare professori indulgenti o rassegnati, perché di poter scrivere bene non c’è speranza? E men che meno, immagino, negli anni successivi?
Quindi ciò che facciamo noi in Palestra, e altre scuole di comunicazione, tempo perso?
Allora, Claudio, ’scolta un attimo
Quando avrai la cortesia di leggere la nostra pagina Come ci è saltato in mente, potrai confrontarti con chi pensa – come noi – che la scrittura sia un talento per chi ce l’ha dalla nascita. E buon per lei/lui. Per tutti gli altri è un allenamento continuo, che va ben oltre gli anni della scuola e dell’università.
We are all apprentices, diceva Hemingway. Nella scrittura siamo tutti principianti. E se lo diceva lui, mi vien da crederci. Siamo apprendisti. Possiamo apprendere, dunque, sempre. Leggendo, studiando, copiando i maestri, ispirandoci agli scrittori che ci piacciono. Anche ricevendo pazienti e puntuali consigli dai professori, come te, che di certo han tanto da insegnare, e di sicuro lo fanno, perché è il loro compito.
L’enorme potenziale della scrittura si apprende, eccome
Certo, magari la scuola non insegna a mettere a frutto l’enorme potenziale della scrittura. A scuola si scrive, ancora oggi, per prendere un bel voto. S’impara a scrive alla maestra, poi alla professoressa. È un compito in classe, sul quale si è valutati.
Nel lavoro c’è sempre la performance (il capo, il collega, il cliente, il giornalista…), ma più forte è l’obiettivo di costruire una relazione, una conoscenza, un vantaggio reciproco.
L’email, per esempio, croce/delizia di ogni giornata lavorativa: la usiamo per informare, convincere, vendere, per chiedere scusa, o recuperare un errore, per gestire un’obiezione, per negoziare, per costruire relazioni.
E poi il mondo social. In un contesto che sovverte e mescola i ruoli di scrittore e di lettore, e invita a una logica di reciprocità, e quindi di conversazione, la scrittura deve modificare di nuovo i propri fondamenti. Semplicità ed efficacia, immediatezza e vicinanza, e soprattutto condivisione e viralizzazione: questi i nuovi capisaldi da fare propri. Che scriviamo in un blog, o su facebook, o su twitter, o che pubblichiamo un video su youtube, o un articolo per il sito o per l’intranet, i rapporti che s’instaurano nell’ambiente digitale presuppongono vicinanza e simmetria tra le parti, e la scrittura fa condividere informazioni utili a creare reputazione, consenso, atteggiamento e tono favorevoli. E questo s’impara ben oltre i ventitré anni.
Anche da adulti
«Non sono mai stato forte in italiano: nei temi me la cavavo appena.»
Leggendo queste righe, alcuni potranno fare questo pensiero.
Con tutta la benevolenza verso la scuola italiana, difficile nascondere che la scrittura è un punto dolente della didattica.
Le prove scritte richieste ai ragazzi, pur chiamandosi ora “analisi del testo”, “saggio breve”…, richiamano ancora il “tema”, concetto onnicomprensivo nel quale si mescolano il sentimento, l’attualità, il vissuto e il programma di letteratura italiana.
Ad aggravare questo limite c’è poi il conformismo di una parte della classe docente, che si pone come un ostacolo alla freschezza argomentativa degli studenti, soffocandoli con i confronti tra Don Abbondio e Fra Cristoforo o con le ricette per la pace nel mondo.
È possibile, dunque, che a scuola non abbiamo imparato a scrivere. Ma non per questo dobbiamo rinunciarvi per sempre.
E non parliamo qui di creatività, elemento pur fondamentale nella scrittura, per altro, altrettanto migliorabile con metodi ed esercitazioni pratiche (o anche più semplicemente con la lettura). Parliamo di tecnica, ossia di abilità che si possono allenare e che, lungi dall’azzerare lo spazio per la sensibilità e per la personalità linguistica, ne rappresentano un’insopprimibile condizione pratica.
Non un’attività per pochi naturalmente dotati, dunque, o per gente che ha imparato presto, ma un patrimonio di tecniche e di procedure destinate a una gamma molto vasta di finalità comunicative. I corsi di scrittura efficace, anche dopo i ventitré anni, offrono riflessioni e strumenti per rileggere e interpretare la scrittura alla luce della cultura contemporanea. Attraverso esercitazioni concrete e momenti di confronto, i partecipanti sperimentano quanto la scrittura può davvero incidere nel costruire, alimentare, mettere a frutto la bellezza delle relazioni interpersonali.
======================================================
Ecco, ora, amica/o lettrice/lettore, se vuoi puoi leggere l’articolo di Claudio Giunta.
17.725 caratteri (spazi inclusi). Tipo dieci cartelle, tutte filate. Ideali per un esercizio sulla sintesi. Senza un titolino, un link, un flash. Niente che dia l’idea di un articolo pensato o almeno adattato per il web.
Predicatori/razzolatori di tutto il mondo, unitevi.
P.S. Se ti va di porti un dubbio, Claudio, ascoltati anche questa, così, per sorridere: Adesso, scrivere.
- On 19 Febbraio 2017