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Neurolinguistica sul grande schermo: il caso de Il negoziatore

di Francesca Gagliardi

dal libro La magia della scrittura, a cura di Alessandro Lucchini

Perché kinema, con la K? Forse perché bisognava chiudere l’alfabeto, e le parole con la K non danno tanti spunti, al di là di karate, ketchup, know-how ed esotismi del genere?
Via, non proprio.
Kinema, con la K, per ricordare l’origine della parola, il verbo greco kinein, muovere, e i sostantivi kinema e kinesis, movimento: un concetto centrale nell’arte del cinema.
Se poi pensiamo all’altra parola greca cui “cinema” fu associata, nel neologismo francese di fine ’800, per descrivere l’invenzione dei fratelli Lumière, ossia grafo, scrivere, eccoci nel tema: la scrittura del cinema e che crea movimento, il linguaggio che va da un personaggio all’altro, tessendo relazioni tenere o violente, tragiche o malinconiche. Nei casi migliori, appassionanti.
Molto usati nel cinema, i modelli neurolinguistici offrono un supporto ad attori e sceneggiatori. Ai primi, per gli aspetti paraverbali e non verbali del linguaggio che contribuiscono alla recitazione: tono e volume di voce, postura, mimica facciale, gestualità. Agli altri, per la costruzione dei dialoghi: scelte lessicali e costruzione dei rapporti fra i personaggi.
Per la vastità dell’argomento, è su questo secondo aspetto che propongo una riflessione, attraverso i dialoghi iniziali del film Il negoziatore, di F. Gary Gray (USA, 1998). Per due ragioni: restare ancorati all’ambito della scrittura, e, soprattutto, perché per scrivere i dialoghi del film sono stati coinvolti investigatori dell’FBI, esperti di PNL nelle negoziazioni [1].

Negoziare con Omar

Un uomo tiene in ostaggio sua figlia: le sparerà se non arriva la moglie. L’uomo vuole che la donna assista al suo suicidio: vuole farla finita da quando ha scoperto che la moglie lo tradisce.
Entra in gioco un negoziatore, Danny. Unica arma a disposizione: la comunicazione.

Danny parla con Omar, che punta un fucile contro sua figlia, stesa a terra.

Cerca di ricostruire la relazione con Omar e Omar sa che Danny è un poliziotto.

(Danny) Sì, amo più gli animali che le persone, qualche volta. Specie i cani. I cani sono i migliori.

Già nella battuta d’attacco sono presenti tre ricalchi e una guida. Primo ricalco: Sì! Dire di sì avvicina due interlocutori.

Secondo: Amo più gli animali che le persone. È un ricalco emozionale. Omar è furioso con la moglie e intende sparare alla figlia; evidentemente, la vita delle persone non conta molto per lui. Nella stanza c’è un cane, e spesso chi possiede un cane si rifugia in questo affetto, in contrasto con la disaffezione per gli esseri umani.

Terzo ricalco: Specialmente i cani. I cani sono i migliori.

Guida: Qualche volta. Il quantificatore sottintende che sì, qualche volta amo più gli animali, ma a volte no: amo di più gli esseri umani. Il negoziatore sta guidando verso sentimenti positivi.

(Danny) Ogni volta che apri la porta di casa, ti accolgono come se non ti vedessero da un anno.

Ricalco sociale: riferimento a un modo di dire inglese. Gli animali sembrano molto contenti quando il padrone riappare, anche se la sua assenza è stata breve. C’è anche un comando nascosto: apri la porta di casa, per evocare immagini di apertura.

(Danny) E la cosa bella dei cani è che ci sono diversi tipi di cani per diversi tipi di persone. Come… i pitbull. Il cane di tutti i cani. Il pitbull può essere il miglior amico dell’uomo giusto, e il peggior nemico di quello sbagliato. Sì, se proprio mi vuoi regalare un cane, regalami un pitbull, dammi… Raul, giusto Omar? Dammi Raul.

Danny comincia questa frase con la congiunzione e. Non usa ma, no. Il negoziatore deve unire, non disgiungere.

Danny legge il nome del cane in una lista di informazioni che gli hanno fornito. Così, quando il cane abbaia, Danny sceglie di parlare del cane, che chiama per nome, Raul. Il nome proprio è una parola magica quando è rivolto a noi o qualcuno che amiamo, perché evoca – in un certo senso – la sua essenza.

Attenzione a come: la domanda si apre ancora con Sì e chiude con Giusto Omar?. Danny cerca di indurre Omar a ridurre la resistenza. Ma qualcosa va storto: Omar, infatti, risponde:

(Omar) Io lo odio Raul. (A Raul) Chiudi quella boccaccia, stronzo. (A Danny) Quel figlio di puttana non è capace di stare zitto.

Il dialogo entra in un ambito semantico negativo: l’odio. In una situazione così tesa, l’odio può far prendere alla trattativa una pessima piega. Allora Danny compie la virata: usa la frase più bella del mondo e da lì comincia a ribaltare la situazione:

(Danny) Io ti capisco, Omar…

È un tentativo per far cambiare stato d’animo a Omar: “io ti capisco perché è successo anche a me. Perché, in fondo, sono come te”:

(Danny) Io ti capisco, Omar: l’ho avuto un cane così. Una barboncina. Lei non abbaiava, però faceva pipì ovunque. La odiavo quella cagna. Ma se ero un po’ depresso si appoggiava sulle ginocchia, mi guardava con quei suoi begli occhioni, e anche se ero convinto di odiarla quella cagna, io le volevo bene. Funziona così, Omar: è una storia di odio-amore.

Danny opera un ricalco che prepara una guida. Costruisce il racconto, attenuando l’aggressività del pitbull con la dolcezza della barboncina, ricalca il verbo (la odiavo) e, infine, squarcia l’orizzonte con un ma: la sua guida verso sentimenti positivi, d’amore.

(Omar) [urlando] Adesso basta, niente più chiacchiere. Io non posso più aspettare. Mi senti? Io voglio mia moglie. […] Se no faccio fuori nostra figlia.

Omar si oppone alla guida. Avverte il calo di tensione, interrompe bruscamente, alza la voce ed intima al negoziatore di smetterla. Tutto attraverso il sistema rappresentazionale auditivo.

Danny capisce e, soprattutto, riconosce il sistema di Omar, che usa a sua volta:

(Danny) [a voce alta] Omar! Ascoltami.

(Omar) Ho detto basta con le chiacchiere. Portami quella puttana, o ammazzo mia figlia.

Nella frase di Omar c’è molta violenza, amplificata dai gesti (tiene puntato un fucile su sua figlia!). A questo Danny non si oppone, anzi segue Omar e gli risponde coerentemente:

(Danny) Omar, io faccio del mio meglio, te lo garantisco!

L’inquadratura cambia: la polizia, in collegamento radio, ritiene fallita la trattativa; è il momento di entrare. Frost, che coordina l’operazione, dà l’ok ai poliziotti pronti per l’irruzione. Ma Danny rifiuta e rilancia: entra lui. Disarmato.

(Frost) [via radio] Unità 1 pronti a sfondare. Tutte le unità pronte all’irruzione. Lo avete perso, entrate. […]
(Danny) [a Nate, il collega che riceve il comando] ’Fanculo, allora entro io.

(Frost) [a Nate] No, glielo devi impedire. I nostri sono in difficoltà se c’è lui dentro. [a Danny] Danny, qui è Frost, non entrare [2].

Danny non prende in considerazione il comando e prosegue:

(Danny) [a Nate] Omar era nei Marines, vero?

(Nate) Sì.
(Danny) è possibile colpirlo?

(Nate) In camera da letto, ma lui è lontano.
(Danny) Ci si troverà. Che Igor e Palermo inquadrino quella finestra, aspettino il mio segnale e poi stendano quel figlio di puttana.

(Nate) Igor, Palermo! In posizione.
(Danny) Helman, Allen, Argento: quando io entro, seguitemi e prendete la bambina.

(Tutti) Ok, va bene.

Danny dimostra la sua motivazione, collegando perfettamente parola, tono di voce e messaggio non verbale, e trasferisce la sua sicurezza agli altri: è lui che dirige la situazione. Disobbedisce e impartisce ordini. I colleghi ne percepiscono il carisma.

(Danny) Ehi, Omar! Mi dicono che tua moglie è qui!

“Mi dicono” è una citazione, tecnica tipica del Milton Model. Come dire: io tua moglie non l’ho vista, ma mi hanno detto che è qui. Se poi non è vero, non è colpa mia: io sono fra te e loro, imparziale.

(Danny) Sono stato autorizzato a effettuare lo scambio. Però devo entrare, guardare in giro, assicurarmi che non ci siano altri ostaggi e nessuna trappola. D’accordo?

Danny usa correttamente il però: introduce una condizione e il sistema rappresentazionale cambia da auditivo a visivo. A cui Omar risponde in accordo:

(Omar) ’Fanculo. La voglio vedere, prima.

Quando Omar accetta la condizione e apre la porta, il regista effettua un primo piano del negoziatore. Ecco cosa vediamo:

Omar
Danny
– bianco caucasico – nero
– è armato: imbraccia un fucile – è disarmato e con le braccia alzate
– è vestito in modo trasandato, spettinato e composto – indossa un giubbino antiproiettile della polizia. Ha il volto curato e pulito; la pelle liscia

Ci sono differenze di ogni genere, ma il messaggio paraverbale di Danny è di cordialità: nonostante Danny sappia che la moglie non c’è e che appena potrà lo farà colpire, guarda Omar con un sorriso ehi-è-da-un-anno-che-non-ci-vediamo!

Appena entrato, Danny si guarda intorno, alla ricerca di qualche elemento da ricalcare. In rassegna, il regista ci mostra il cane (l’ha già usato prima), la casa (una schifezza, soprassedere), la bambina (piena di lividi, meglio lasciar stare). Danny, allora, parla:

(Danny) Fuori c’è il sole.

Ricalco situazionale. Danny usa questa frase così banalmente vera, per ridurre la resistenza. Applicando un principio della tecnica ipnotica di Erickson, il negoziatore cerca di entrare in accordo con Omar su almeno un argomento: se le barriere di Omar saranno allentate, lui si sposterà verso la finestra e sarà colpito.

(Danny) è una bella giornata per fare due passi. Non fa freddo, c’è un’aria frizzante… peccato che siamo incastrati qui, eh?

Ma Omar vuole chiudere e, coerente con l’azione di Danny, dice:

(Omar) Hai visto tutto, non ci sono trappole qui da me, su muoviti.

(Danny) Devo vedere anche in quella stanza in fondo, Omar: ci potrebbe essere qualcuno lì dentro.

Ricalco. Danny non dice: “No, non ho finito”, “Sbagliato, mi manca quella stanza là…”

Passando davanti alla TV accesa nota la partita di football, un altro ricalco situazionale:

(Danny) Partita, eh? è perfetta la giornata.

Certo, viene da aggiungere: ho solo un pazzo che mi punta un fucile alla testa!

(Danny) Non mi sono perso una partita dei Bears da quando ho lasciato i Marines. Al corpo è sempre stata una squadra vincente, no?

(Omar) Ah, si? Tu c’eri?
(Danny) Sì, ho fatto una ferma di un anno nel ’73.
Con il football e i Marines, Danny aggancia Omar, che infatti evoca un contesto comune:

(Omar) Andavamo forte, porca puttana. Io ne ho fatte due: ’68 e ’69.

(Danny) Ah, ah, allora un urrà per i Marines, Omar. Urrà!

Danny ricalca l’orgoglio di Marine. E Omar afferma sprezzante:

(Omar) Non s’incontrano molti ex Marines di questi tempi. Si arruolano tutti in marina.

Poi stacca e ritorna alla realtà del momento:

(Omar) Visto? Qui dentro non c’è nessuno, tenente, adesso facciamo lo scambio.
(Danny) No. Sta’ calmo. Te l’ho detto. Devo controllare tutto.

Qui Danny non vuole ricalcare: per questo usa il no e il sistema rappresentazionale auditivo. Non vuole stimolare l’elemento visivo di Omar: potrebbe notare i tiratori o i segni che il negoziatore fa loro. Allora comincia a raccontare una barzelletta, per tenergli occupata la mente. E non una barzelletta qualsiasi:

(Danny) Omar: un Marine e un marinaio stanno pisciando in una latrina. Il Marine sta per uscire senza lavarsi le mani. Il marinaio dice: “a noi altri ci insegnano a lavarci le mani”. Il Marine si volta e risponde: “nei Marines ci insegnano a non pisciarci sulle mani”.

Sparo.
La scena si chiude in un tripudio di comunicazione paraverbale e non verbale.

Danny punta il fucile su Omar, che si trova per terra ferito. Le sue narici sono dilatate, la mascella rigida: sta digrignando i denti. Nate arriva, si inginocchia. Deve evitare che Danny spari. Con la mano sinistra, cerca di prendere il fucile, ma ci ripensa: non è ancora in rapport con Danny. Con il braccio destro gli tocca la schiena, si china verso di lui, entra nel suo campo visivo e solo allora allunga la mano sul fucile per farlo abbassare.

(Nate) Tutto a posto, eh? eh? Tutto ok?

(Danny) Sì. Grazie.


[1]The FBI Law Enforcement Bulletin, August 2001 in www.fbi.gov

[2] La traduzione italiana fa qui un piccolo errore neurolinguistico, usando la negazione “non entrare”. Frost in inglese dice: This is Frost. Stand down.

  • On 17 Ottobre 2012
Tags: filosofia
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