Comunicazione responsabile
Un esperimento sociale
di Asia Morosinotto
Cadere nell’inganno
Lo scorso 20 novembre si è celebrata la giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, in occasione di questa ricorrenza appare ancora attuale la campagna che fu lanciata da UNICEF sette anni fa, sulle condizioni dell’infanzia nel mondo.
Il filmato porta avanti in pochi minuti un esperimento sociale dove una bambina, pettinata e ben vestita, viene lasciata sola in spazi pubblici frequentati da molte persone, che vedendola in difficoltà l’accolgono e l’aiutano.
Successivamente si ripete il test, ma con una variante: la bambina ora appare trasandata e sporca, questo non fa che creare distanza tra lei e la gente che ha attorno e quando prova a chiedere aiuto viene addirittura cacciata.
L’esperimento arriva diretto come uno schiaffo in faccia allo spettatore che si immedesima immediatamente con la vittima e anche, perché no, con il carnefice.
Questa campagna oltre a far riflettere sulle condizioni dell’infanzia, riesce a far emergere alcuni dettagli non poco trascurabili che contribuiscono a renderla oggi ancora molto attuale, nonostante sia stata girata nel 2016.
Disparità e disuguaglianza
Ogni giorno ognuno di noi si confronta continuamente con un’interazione passiva di quello che ci accade attorno. I social, ma non solo, bombardano il nostro telefono alternando le notizie alla pubblicità e riuscire a empatizzare con quello che sta succedendo dall’altra parte del mondo, quando ad attirare la tua attenzione c’è uno spot divertente di quell’influencer che ti piace tanto, non è affatto semplice.
Ecco che l’esperimento sociale fa riflettere proprio su quale dev’essere il ruolo della comunicazione. Inoltre mette anche in luce l’impatto che ha la disparità sociale sulla percezione dell’individuo. La nostra società appare sempre più frammentata e le disuguaglianze contribuiscono a creare un divario che va a incidere sulla quotidianità di ognuno. Saper analizzare queste problematiche e soprattutto riuscire a sensibilizzare il pubblico al riguardo, ormai è una vera e propria sfida.
Secondo il sondaggio internazionale Ipsos in Italia la disparità sociale ed economica è pari al 42%. A essere colpite sono spesso le minoranze: dalle analisi emerge infatti che il 50% degli stranieri sostiene di non essere riuscito a trovare lavoro, nonostante avesse i requisiti richiesti e di aver avuto spesso proposte per impieghi irregolari.
Così come per la categoria LGBTQ, dove il 60% di chi ne fa parte afferma di aver avuto micro-aggressioni o aver provato una sensazione di forte svantaggio in determinate situazioni.
Lo stesso, con percentuali simili, avviene anche per le donne.
Semplificazione della realtà
Non sempre queste problematiche vengono gestite nei migliori dei modi. Anzi capita spesso che quando la comunicazione vuole accendere i riflettori sulle seguenti tematiche, cada nel tranello di veicolare un messaggio stereotipato o aneddotico, diffondendo un’informazione confusa e inesatta.
Infatti può accadere che nel tentativo di analizzare la realtà, la si semplifichi.
Un meccanismo che si innesca anche all’interno del nostro stesso cervello che può incappare in errori di valutazione, anche detti bias cognitivi, che vanno poi a influenzare il nostro stato emotivo e successivamente il nostro comportamento. Questo spiega anche il motivo per cui nell’esperimento sociale dell’UNICEF, quando la bambina era ben vestita veniva accolta da tutti con gran calore e affetto mentre quando si è presentata ai tavoli sporca e trasandata la gente l’ha cacciata.
È importante però sottolineare che se il nostro cervello utilizza questi escamotage per riuscire a codificare meglio il mondo che ci circonda, la comunicazione invece no, anzi dovrebbe avere il compito opposto, ovvero saper arrivare dove i meccanismi di lettura del nostro cervello non arrivano. Farsi portavoce della complessità dovrebbe essere il suo ruolo primario.
L’obiettivo però non è affatto facile da raggiungere, soprattutto se si calcola che l’83% degli italiani si informa sul web, dove spesso si è soggetti alla polarizzazione delle notizie che vengono ridotte a un titolo acchiappa like o a uno slogan da condividere, creando ancora una volta la difficoltà di analizzare e contestualizzare l’informazione.
Non bisogna poi dare per scontato l’elevato tasso di soggetti affetti da analfabetismo funzionale. Secondo la Federazione Logopedisti Italiani, in Italia il 28% delle persone è analfabeta funzionale. Le persone cioè non sono in possesso delle abilità necessarie per comprendere a pieno e usare le informazioni quotidiane.
Elementi che, se sommati l’uno con l’altro, non fanno che denotare una situazione allarmante che ha come conseguenza la dilagazione di fake news e tutto ciò che ne deriva.
Un nuovo modo di comunicare
È importante però ricordare come la comunicazione possa giocare un ruolo non poco irrilevante in questo contesto.
Anche perché spesso è proprio quest’ultima che influenza il nostro pensiero e di conseguenza crea poi una base per la nascita dello stereotipo.
Educare alla consapevolezza e alla comprensione di ciò che si legge e si diffonde, oggi diventa un elemento sempre più importante.
Sta diventando essenziale investire su un esempio di comunicazione virtuosa, mirata all’informazione ma anche alla responsabilizzazione dell’individuo.
In un contesto dove ci sono sempre più minoranze da tutelare e il presente appare particolarmente instabile, è necessario creare un nuovo modello comunicativo basato sulla destrutturazione di quello precedente, sono necessarie nuove chiavi di lettura per problematiche che ora ci appaiono difficili da codificare e sconosciute rispetto a quelle passate.
Può suonare come un’utopia, ma già mettere in discussione il metodo attuale è un buon modo per analizzarne le problematiche interne e capire da dove poter partire.
Asia Morosinotto, ha 22 anni, nasce in provincia di Torino, appassionata alla scrittura si è laureata alla scuola Holden.
- On 12 Dicembre 2023