
La magia dei numeri
di Chiara Lucchini
I numeri seducono, incuriosiscono il lettore, creano aspettativa. Incisivi per attirare l’attenzione nei titoli, efficaci per descrivere fatti, per vendere un prodotto, per convincere gli elettori.
Numeri nei titoli
“L’uomo medio fa l’amore per 2580 volte nella vita”.
È questo il titolo di un articolo di Repubblica del 20 giugno 1998, sul ritratto statistico della vita umana realizzato dalla Bbc.
Lo leggi e ti si apre un fumetto sopra la testa: “È tanto o poco? E come sto messo io? Sono a buon punto o devo darmi da fare?”.
È normale, perché 2580 è un numero assoluto, sciolto da ogni contesto. Noi abbiamo bisogno, per capire, di un numero relativo. Ma se avessero scritto “L’uomo medio fa l’amore una volta a settimana”, l’effetto sarebbe stato diverso.
L’articolo prosegue così: l’uomo medio “cammina 22000 chilometri, sta per sei mesi chiuso al gabinetto, produce in totale 40000 litri di pipì e mangia per tre anni e mezzo”. Certo, “Ricerca sui bioritmi” sarebbe stato un titolo molto poco seducente. Chi l’avrebbe letto? Invece se metti nel titolo una parola chiave e un numero, questi sono dei ganci per il lettore.
È una buona strategia, quindi, inserire numeri nei titoli.
Questa pratica è sostenuta con forza anche dal web marketing, prima di tutto perché i caratteri numerici (1, 2, 3) occupano meno spazio del corrispettivo letterale (uno, due, tre). La lettura del web è veloce: le persone che cercano informazioni le vogliono subito. E con un numero tutto sembra più semplice, a portata di mano. I numeri danno un input pratico e immediato.
E poi, quanti romanzi contengono un numero nel titolo? Da Uno, nessuno e centomila a 1984 a Cent’anni di solitudine. Tanti altri.
Poi se sei un appassionato di Paul Auster, ed esce il suo ultimo romanzo che si intitola 4 3 2 1, tu lo compri, anche se il titolo di per sé non è che attiri poi così tanto, o forse proprio perché vuoi capire cosa voglia dire. Vai in libreria, vedi che sono più di 900 pagine, senti che pesa più di un chilo e mezzo. E lo leggi. Ma titoli così ambigui forse solo uno come Paul Auster se li può permettere.
Possiamo usare i numeri anche all’inizio o nei titoli dei report. Ad esempio:
- Le nostre 5 priorità per il prossimo anno.
- 15 idee per ridurre i costi logistici.
- Come spenderemo i 9 milioni risparmiati quest’anno.
Numeri per turbare
Nel romanzo La peste di Camus, all’inizio l’epidemia è annunciata da un fatto casuale:
La mattina del 16 aprile il dottor Bernard Rieux, uscendo dal suo studio, inciampò in un sorcio morto, in mezzo al pianerottolo. Al momento non vi fece caso e, scostata la bestia, discese le scale.
Ma il numero dei topi morti cresce subito in modo vertiginoso:
Le cose andarono sì avanti che l’agenzia Ransdoc […] annunciò, nella sua trasmissione radiofonica di notizie gratuite, 6221 topi raccolti e bruciati nella sola giornata del 25. La cifra, che dava un significato palese al quotidiano spettacolo che la città aveva sotto gli occhi, aumentò lo smarrimento. […] Il 28 aprile la Ransdoc annunciava una raccolta di 8000 topi all’incirca. L’ansia, in città, era al colmo.
Finché non bastano più i topi a misurare la gravità della peste. Si comincia a parlare di persone. Prima, solo con l’immaginazione:
Delle cifre gli ondeggiavano nella memoria, e si diceva che la trentina di grandi pestilenze conosciute nella storia avevano fatto quasi trenta milioni di morti.
Ma trenta milioni di morti sono difficili da immaginare. Bisogna trasformarli in figure reali:
Il dottore ricordava la peste di Costantinopoli che, secondo Procopio, aveva fatto diecimila vittime in un giorno. Diecimila morti fanno cinque volte il pubblico di un grande cinematografo. Ecco, bisognerebbe far questo: radunare le persone all’uscita di cinque cinematografi, condurle in una piazza della città e farle morire in mucchio, per vederci un po’ chiaro.
Usare i numeri in modo relativo, anziché assoluto. Riferirli a qualcosa di usuale e concreto.
Come ha fatto il giornale di una multinazionale, dopo la fusione con un’altra azienda:
Un team di 50.000 persone è entrato a far parte della famiglia Trw. In 30 Paesi del mondo, gli uomini e le donne della Lucas Varity si sono affiancati al nostro cammino. Siamo oggi 127.000 persone, di cui 95.000 nel settore automotive. Tanti da non entrare in uno stadio di calcio.
La forza di quelle 127.000 persone, accatastate sugli spalti dello stadio, è lì da vedere.
Numeri per vendere
Ricordate le cifre della Bbc nella ricerca sui bioritmi? Le ha usate in un mailing una società di interpretariato telefonico.
IL TEMPO DELL’UOMO |
mangia per 3 anni e mezzo |
Numeri in politica
È un classico: «Caro elettore, ci sono tre motivi per cui ti chiedo di votare il mio partito: il primo è che pagherai meno tasse… il secondo è che i tuoi figli vivranno in un mondo più pulito, con più lavoro…».
E qui smette: «Grazie, arrivederci».
Ci resti male. Ti aveva promesso tre motivi, e ne ha detti solo due. Nella foga del discorso ha perso di vista la scaletta. Però l’inizio era buono, creava in te un’aspettativa, grazie alla magia dei numeri.
Poi sappiamo quanto pesi nella comunicazione il non verbale. Aiuta scandire con le mani i punti che stai elencando. Magari su questo punto può aiutarti un collega.
Uno comincia a dire: “Ricordando i principali temi su cui abbiamo voglia di cominciare a lavorare, perché gli italiani questo ci chiedono, ricordiamo la riduzione delle tasse, il lavoro per i giovani, la riforma delle pensioni…”. E l’altro, a fianco, scandisce con le dita. Un minuto dopo, social scatenati: satira, barzellette, vignette di tutti i tipi.
Ma c’è stato anche chi, circa un mese prima delle ultime elezioni, di punti ne ha presentati 100. “100 piccoli passi concreti che il partito si propone per fare mandare avanti l’Italia”. 100?
Ai simpatizzanti, iscritti alla newsletter del segretario del partito, è anche arrivato l’elenco dei 100 piccoli passi, con questo caloroso invito: “Mi raccomando, leggete i 100 punti e ditemi che ne pensate, vi aspetto”.
Con tutto il bene che ti voglio: non ti puoi “raccomandare” di leggere 100 punti. Sono davvero troppi. Anche per me che ti voto da quando avevo 18 anni.
- On 21 Giugno 2018