Parlare in pubblico: gli ingredienti
Ossigeno, metafore e verità
di Gabriella Rinaldi
Parlare in pubblico: che paura!
Scappa! Scappa finché sei in tempo!
Tu la comfort zone non sai nemmeno cosa sia! Tutti gli occhi sono puntati su di te, complimenti.
Ma cosa ti è saltato in mente quando hai accettato di parlare davanti a tante persone? Se vuoi il mio parere ti sopravvaluti…
Questi pensieri sono i primi che potrebbe suggerirvi il vostro cervello primordiale o rettile. Quello che davanti a un pericolo mette in circolo la paura e vi dà la spinta per levarvela a gambe. La reazione è immediata: pericolo = attacco o fuga.
Per fortuna poi si attivano anche altre connessioni cerebrali che suggeriscono più razionalità e nel momento in cui si inizia a parlare, almeno di solito succede così quando si è preparati, ci si dimentica della risposta fisiologica del corpo e via a parlare.
Per inciso: ne abbiamo 3 di cervelli, ognuno ha le sue parole, ma si parlano anche tra loro e noi parliamo con tutti e tre.
Ci sono persone che per esperienza, o rinforzi di autostima gentilmente offerti da chi le ha cresciute, affrontano il pubblico con naturalezza. Quel friccicore che ti chiude i polmoni, ti secca la bocca e ti stordisce di palpitazioni non sanno proprio cosa sia.
Le altre, e sono una grande maggioranza, sentono un fuoco dentro. Sono quelle persone che anche se hanno dei contenuti strepitosi da condividere, potrebbero non riuscire a tenere a bada la potenza delle emozioni.
Da Bob Dylan a Brian Wilson dei Beach Boys a David Bowie, l’ansia da palcoscenico prende anche personaggi famosi. Perfino Barbra Streisand nel 1967, durante un concerto a Central Park, ha dimenticato le parole di una sua canzone e non si è più esibita per anni!
Ma allora la potenza distruttiva di quel fuoco che arde dentro può diventare costruttiva?
Dopo alcune letture, svariati video, corsi e qualche esperienza, penso di poter mettere a sistema le informazioni e dedurre che sì, il fuoco si doma, a patto di riuscire a dosare 3 ingredienti: l’ossigeno, le metafore e la verità.
Primo ingrediente del public speaking: l’ossigeno
Federico Buffa, durante un intervento sul Public Speaking, ha detto che allenare la memoria ha un potere sovversivo e ha fatto il gesto di pompare sangue e ossigeno a un muscolo. “È la nostra identità, ci fa sentire vivi” ha sottolineato, ricordando di aver perso sua mamma quando l’Alzheimer iniziava a progredire e non quando è andata via per davvero.
Poi ha aggiunto che “Gli aborigeni australiani si orientano cantando” e ha suggerito di “respirare all’interno della frase quando parliamo in pubblico”.
E mentre metteva insieme i suoi ingredienti per un discorso in pubblico vincente, ha involontariamente dato spazio e respiro a un mio pensiero.
Spazio e respiro. È la prima cosa che facciamo quando veniamo al mondo, poi chi ci pensa più: ci prendiamo lo spazio per esistere e cerchiamo ossigeno.
Certo, ogni tanto ci accorgiamo che ci manca l’aria quando siamo in affanno o siamo arrivati in cima dopo un percorso in salita, così come bene o male sappiamo stare in apnea sott’acqua. Eppure respirare è un fatto talmente involontario che poi chi ci pensa più.
Diamo l’aria per scontata, finché non ci manca. E non ci viene nemmeno in mente di pensare che oltre a farci sopravvivere è il veicolo – che dico – l’autostrada dei suoni che emettiamo. Siamo dotati e dotate di uno strumento musicale incredibile, ce l’abbiamo con noi, a portata di mano e ci limitiamo a emettere suoni come viene? A trattare le parole come contenitori di fonemi messi insieme per convenzione?
E no, ci vuole anche un po’ di convinzione. L’importanza dell’aria nel modulare i suoni e plasmare la nostra voce non può essere sottovalutata. Con una buona gestione dello spazio e del respiro infatti potremmo creare connessione e comunicazione.
Quando respiriamo profondamente e in modo consapevole, oltre a calmare le tensioni emotive, forniamo al nostro strumento vocale l’energia e il supporto necessari per proiettarsi con chiarezza e potenza. Una buona gestione dell’aria consente di modulare il volume, la tonalità e il ritmo della voce, rendendo il discorso più chiaro, piacevole da ascoltare e facilmente comprensibile.
Attraverso l’aria, la nostra voce è capace di creare un’atmosfera sonora unica, in grado di trasmettere emozioni, suscitare interesse e coinvolgere il pubblico. È la nostra voce che diventa strumento di connessione profonda e comunicazione efficace con gli altri.
Una sorta di yoga della voce che ci aiuta a comporre melodie, sintonizzarci sulle frequenze di chi ci sta di fronte, scegliere il ritmo e accordare il volume.
Secondo ingrediente del public speaking: le metafore
“Le metafore sono in grado di scassinare le resistenze della mente e di penetrare la conoscenza con concetti altrimenti tenuti fuori.”
Potente. Vero. Evocativo. Il padre di questo pensiero è Gianrico Carofiglio, quando ha spiegato con ricchezza di esempi che cos’è una metafora al di là della sua natura retorica di similitudine abbreviata.
Le metafore, vere e proprie gemme linguistiche, sono strumenti potenti che arricchiscono la nostra comunicazione e la rendono più vivida ed evocativa. Attraverso l’uso di metafore, siamo in grado di trasmettere concetti complessi in modo semplice e comprensibile, rendendo l’informazione più accessibile e coinvolgente per chi ci ascolta.
Le metafore possono anche essere utilizzate per rendere concetti astratti più tangibili, fornendo una base comune di comprensione e facilitando la comunicazione tra persone provenienti da contesti diversi.
Andiamo oltre quello che ci hanno insegnato a scuola: spostiamoci dalla letteratura al campo scientifico. Una metafora nelle scienze? Ebbene sì, il mondo ne è pieno. Alcune sono molto famose, altre sono logore e vecchie, le usiamo per sfuggire allo sforzo di pensare, e altre sono davvero originali e senza tempo.
Pensiamo alla rappresentazione dell’atomo di Niels Bohr, quella che troviamo alla prima pagina del libro di chimica o di fisica. Per noi, ancora oggi, l’atomo è così: un nucleo attorno al quale ci sono dei satelliti. Sappiamo bene che in realtà l’atomo è un fascio di luce, ma questa metafora racconta e semplifica la nostra idea dell’atomo e nella sua semplicità…funziona!
Le metafore ci permettono di creare connessioni emotive e di suscitare immagini vivide nella mente, stimolando l’immaginazione e coinvolgendoci. Creano storie in grado di evocare sensazioni, emozioni e ricordi, senso di appartenenza.
Con l’uso sapiente delle metafore, possiamo trasformare il linguaggio in un’esperienza coinvolgente e memorabile che cambia la percezione del mondo.
Pensiamo per un attimo all’effetto che fa questa frase:
Luca è turbato.
Proviamo ora a riflettere su ciò che ci trasmette questa frase:
Il volto di Luca è un cielo in tempesta.
Energia, emozioni, senso: questo è quello che trasmette a me.
Usare le metafore vuol dire mettere insieme la capacità di comunicare bene e la capacità di emozionare, che poi è la differenza tra descrivere e raccontare.
Per usare le parole di Carofiglio: “Il modo in cui diciamo le cose ne definisce la sostanza…o l’inconsistenza”.
A noi la scelta.
Terzo ingrediente del public speaking: la verità
Cosa c’entra la verità col parlare in pubblico?
Spesso si pensa che comunicare in modo efficace significhi imbrogliare, o comunque usare espedienti per convincere e sedurre il pubblico, nel senso di manipolarlo.
Invece dire bene la verità è possibile ed è anche cruciale per creare relazione. Quando riusciamo a raccontarla in modo etico ed efficace, questa ha un impatto significativo sulle persone che ci ascoltano e diventa la base su cui si costruisce la fiducia e l’autenticità nella comunicazione.
Quando siamo onesti e trasparenti, guadagniamo la stima e il rispetto del pubblico, che percepisce la nostra sincerità e si sente coinvolto nel nostro messaggio perché vero, umano e credibile.
Dire la verità e farlo in modo consapevole, cioè domandandosi perché e come potrebbe aggiungere valore al messaggio, crea senso condiviso e collettivo.
Pensiamo al riuscitissimo slogan “Yes, we can” di Obama e a come, quasi da predicatore con i suoi fedeli, riuscì a coinvolgere un numero vastissimo di persone. Sicuramente da abile oratore quale è, è riuscito anche in quell’occasione a gestire la metrica, gli accenti, le pause e le metafore. Ma più di tutto ha raccontato la verità e con la verità è riuscito a creare connessioni autentiche, a ispirare fiducia, a influenzare positivamente le persone in ascolto.
La sincerità e l’integrità sono pilastri fondamentali del public speaking. E, a proposito di connessioni autentiche, possono esserci di grande ispirazione anche alcune donne public speaker. Ne abbiamo raccolto un’analisi in queste schede.
Ingrediente bonus: l’amicizia col pubblico
Migliorare le abilità di public speaking quindi è una sfida che richiede una combinazione di elementi chiave. La gestione del respiro permette di controllare la voce e trasmettere sicurezza. Le metafore sono il colore che dà vita alle parole, coinvolgendo ed emozionando il pubblico. Raccontare la verità è il fondamento dell’autenticità e della credibilità di ciò che si dice. Ma c’è ancora un altro aspetto cruciale, che fa da collante a tutto il resto: fare amicizia col pubblico.
In questo modo sì, quel fuoco che arde dentro si può usare per fare luce invece che per bruciarsi.
Si può fare. Noi possiamo farlo. Parola di Alessandro Lucchini.
***
Se vuoi imparare di più sulle tecniche per gestire il pubblico e l’ansia da palcoscenico puoi leggere Due orecchie, una bocca. Organizziamo anche un corso dedicato al Public Speaking in cui imparare a parlare in pubblico con tanti esercizi pratici e consigli da applicare subito.
- On 31 Maggio 2023