
Puoi scegliere un libro solo
Quale sarebbe e perchè?
di Gabriella Rinaldi
Se qualcuno ti dicesse di dover andare su un’isola deserta e avere la possibilità di portare con te solo un libro, oltre al necessario per sopravvivere, quale sceglieresti?
Questa domanda mi è stata posta qualche sera fa davanti a un bicchiere di birra, e non poteva essere altrimenti date le considerazioni surreali che ha generato in me, anche a distanza di giorni.
Beh, innanzitutto grazie! Almeno, oltre alla sfiga di finire su un’isola deserta, ho la fortuna di salvare le mie capacità cognitive con un po’ di lettura.
Tra il serio e il faceto, rispondere a questa domanda – mi sono detta – presuppone un primo ragionamento sul titolo, l’altro sulle motivazioni dietro alla scelta. E ancora – un libro può essere salvifico in condizioni di vita normali, figurati se è l’unica fonte di nutrimento per i miei pensieri!
La scelta va ponderata e, mentre lascio che i primi autori – tutti rigorosamente maschi – vengano fuori dall’istinto di altri, butto giù un altro sorso di birra per rendere più fluidi i ragionamenti. Cerco un titolo che parli da solo e che giustifichi al posto mio in che modo possa strapparmi dalle braccia della solitudine.
A ogni svelamento il cerchio si stringe e per ogni libro citato gli sguardi sono sempre più compiaciuti: devo competere con la Bibbia, l’Odissea e la Divina Commedia.
Diamine, è terrificante l’idea di essere costretta a scegliere. Passo in rassegna la libreria mentale. Non mi sembra giusto caricare un unico, povero, autore della responsabilità di salvarmi. Comunque alla fine scelgo.
Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway, dico tutto d’un fiato per vuotare il sacco prima che me qualcuno lo chieda.
Il vecchio e il mare è una storia semplice a due personaggi, che racconta la condizione perpetua di ogni essere umano: lo sforzo di affrontare il destino e la sensibilità per leggere la vittoria nella sconfitta.
L’altro motivo per cui lo scelgo è che Hemingway, senza nulla togliere al resto dei partecipanti in gara, per me è un artista, e l’arte salva per definizione. Perché lo definisco così? Una ragione, tra le tante, è che ha avuto la capacità di prendersi i suoi tempi e coltivare la creatività, che altro non è che la capacità di ascoltare, vedere, sentire e toccare le storie del mondo.
Compiaciuta per aver provocato la reazione che desideravo, – o quella che l’ultima goccia di birra mi ha fatto immaginare – il pensiero, dicevo, si è aggrappato a me fino a oggi.
Così la lenza di questo pensiero, come direbbe Virginia Woolf che pure se l’è giocata bene in finale, ha iniziato a pendere sul concetto di creatività che salva e che sto provando a portare su queste rive, ehm, righe.
Cosa fare per stimolarla e realizzare un’opera creativa salvifica?
Salvifica, se non per gli altri almeno per l’autore o l’autrice.
Ho fatto qualche indagine e dal mio campione emerge che mentre in tempi remoti il lavoro creativo era favorito da attimi di leggerezza, in tempi recenti il lavoro da remoto ha favorito l’esecuzione e la produttività a scapito dell’esplorazione.
A questo proposito Derek Thompson, giornalista americano, distingue due tipi di lavoro: l’hard work e il soft work. Il lavoro duro è quello che produce risultati visibili, quello per cui i clienti ci pagano. Viene meglio a casa, senza distrazioni. Il lavoro leggero, invece, è la pausa pranzo con i colleghi, la chiacchierata davanti al caffè, quella domanda che diventa una piccola scoperta.
Il lavoro leggero è la creatività che nasce dai confronti informali, che emerge parlando con persone che fanno cose anche completamente diverse da quello che facciamo noi. Come le lunghe chiacchierate che immagino tra Hemingway e i pescatori.
È difficile fare lavoro leggero, di esplorazione, da casa, da soli. Se l’esecuzione è preceduta da una fase di esplorazione, allora trovi l’ispirazione, sai cosa fare e disponi meglio del tuo tempo. Per esempio, pare che Elton John abbia scritto Your Song in 20 minuti: era ispirato e ha eseguito!
È la Corteccia Orbito-fontale che decide e valuta quale sarà il premio se riuscirai a svolgere quel compito e quali saranno invece le terribili conseguenze se non lo fai. Ecco perché è più facile fare lavoro di esecuzione: l’incertezza è ridotta, hai alti premi per farlo e alte punizioni se rimandi.
Quando invece svolgi lavoro leggero sembra di perder tempo, di andare in competizione con il tuo tempo limitato. Significa accettare l’incertezza che ti riserva l’esplorazione perché non sai se ne ricaverai qualcosa di utile per il tuo lavoro. Significa ascoltare, vedere, sentire e toccare, cioè leggere, stare seduti, pensare, scrivere.
Ecco perché se devo passare il resto dei miei giorni su un’isola deserta voglio con me Il vecchio e il mare di Hemingway che mi segna e mi insegna ogni volta, e quindi mi salva.
Ps. Se hai voglia di mettere alla prova la tua creatività e realizzare un’opera che salvi – se non gli altri, almeno te che la scrivi – ti propongo di partecipare al concorso Caratteri di Donna. Il tema di quest’anno richiede una grande dose di esplorazione: “l’orizzonte”.
- On 26 Marzo 2022