Quindi, Alessandro Magno padre dello storytelling?
di Chiara Lucchini
«Sfila via i fatti dalla realtà: quel che resta è storytelling.» Questa la definizione, lapidaria, Alessandro Baricco. E per dimostrarlo parte da Alessandro Magno. Uno che campava di storytelling.
Aveva 22 anni Alessandro il Macedone quando, col suo esercito di cinquantamila soldati, sbarcò in Asia minore e disse: «Questa terra è mia per diritto. E comunque non è il caso di aprire un dibattito perché tanto me la prenderò con la forza». Fine.
Quindi, una storia raccontata ancora prima che avvenisse. Quindi, Alessandro Magno primo artefice, o tra i primi tecnici, dello storytelling.
S’intitola infatti al grande condottiero greco una delle Mantova Lectures di Alessandro Baricco, dedicata allo storytelling. Parola americana solo perché sono gli americani quelli che più l’hanno studiato. Ma concetto che è nato, secondo Baricco, appunto, qui dalle nostre parti.
Alessandro partì con la stessa storia del padre, Filippo il Macedone. Filippo era un macedone, non era un greco. La sua gente aveva altre tradizioni, ma lui parlava a nome della Grecia. Il piano era: “Noi andremo là, ci prenderemo l’Impero persiano, e lo faremo perché è una vendetta, una vendetta per quando i persiani sono scesi e si sono presi i nostri templi. Ci prenderemo quella terra per rivendicare l’onore dei Greci.”
Quindi addosso ad Alessandro, addosso ai suoi soldati, c’era questa narrazione. Stavano facendo una cosa folle. L’Impero persiano era enorme: il re Dario era in grado di mettere insieme un esercito di centocinquantamila soldati. Cosa poteva portarli a fare una cosa così illogica?
Alessandro aveva un sogno e doveva poggiarlo su una storia che tutti conoscessero. La gente conosceva due storie. La prima storia era quella vera: i persiani che scendono e distruggono tutto. E poi c’era la storia fatta di leggende, di immaginazione, di sogno, di mito, ovvero la storia di Achille, di Patroclo, la storia di Troia. Lui le prese tutte e due con sé. La prima gliela insegnò il padre. La seconda era una sua ossessione. Alessandro ebbe come precettore Aristotele, dal quale conobbe l’Iliade: battaglia, guerra. Quella era la storia con cui era cresciuto. Achille era l’incarnazione della guerra, del coraggio, della forza. Lui si giocò tutti i primi gesti di questa impresa su questa immagine.
Ma che cos’è lo storytelling?
Quindi già Alessandro Magno aveva capito l’importanza della narrazione. O, come abbiamo preferito definirlo, dello storytelling. Parola che è diventata antipatica, perché se ne parla troppo, se ne parla dappertutto, ormai anche le aziende hanno bisogno di storytelling.
Certo non è una cosa che ci siamo inventati negli ultimi quindici anni, arriva da molto lontano. Alessandro Magno. Gli uomini medievali. Solo i nostri nonni sono andati in due guerre mondiali atroci spinti da storytelling che a noi oggi farebbero quasi sorridere. Ma abbiamo iniziato a studiarlo, siamo più consapevoli che in passato. Spesso non sappiamo neanche cos’è. Se ne parla molto, ma non sappiamo cosa veramente sia.
Allora si è cercato di darne una definizione, che come tutte le definizioni, seppur utile, è parziale. Questa la definizione proposta da Baricco:
QUEL CHE RESTA È STORYTELLING.
Semplice. Questa definizione abbatte un pregiudizio molto diffuso: c’è una realtà e poi c’è della gente che la fodera, la rigira, la illumina. C’è la realtà e poi c’è il gesto dello storytelling, che è una specie di infiocchettatura. Pensiamo: “Oddio, ci stanno per fregare!”. Questa definizione, invece, dice un’altra cosa: c’è una cosa che è la realtà, che è composta da fatti e storytelling. Lo storytelling non è una sovrapposizione in un secondo momento: è una parte della realtà. È realtà. Detto in modo più brutale: un fatto, senza storytelling, non esiste, non è reale. La realtà è un unico organismo, che è composto da un fatto e da storytelling.
Si è iniziato a studiare questa parte della realtà dello storytelling, nell’illusione di poterlo controllare. In realtà possiamo controllare molto poco, ma qualcosa sì. Una è questa: se la realtà è fatta di queste due componenti, quello che distingue le cose è dov’è il baricentro. Ci sono delle cose nella vita dove il baricentro è molto spostato verso i fatti e cose dove il baricentro è molto spostato verso lo storytelling. E quello che noi sappiamo è che vincono nel mondo le cose che decidono dove mettere il baricentro e lo rispettano con una certa coerenza. Non sappiamo se è meglio stare dalla parte dei fatti o dalla parte dello storytelling, ma sappiamo che è meglio decidere dove stare e poi coerentemente sviluppare energia e forza. Perché ai due poli corrispondono colori, flessioni, energie diverse.
CHE COSA DISTINGUE I FATTI DALLO STORYTELLING? QUESTE LE DIFFERENTI CARATTERISTICHE |
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Fatti |
Storytelling |
Materiale |
Immateriale |
Razionale |
Irrazionale |
Impersonale |
Soggettivo |
Convincente |
Emozionante |
Sapere |
Immaginare |
Lo stoytelling si può controllare?
Baricco racconta due episodi per rispondere a questa domanda.
Primo episodio. 1997. Alcuni astronomi avvistarono la cometa di Hale-Bopp che passò molto vicina alla terra, tanto vicina che si poteva vedere. La cosa incominciò a destare interesse, fino a raggiungere i più importanti media. A quel tempo Baricco lavorava per Repubblica. Il direttore del giornale, quando sentì che tra la gente c’era una sensibilità per questo evento, disse a Baricco di andare a vedere la cometa e fare un bel pezzo. Gli telefonò quattro o cinque giorni prima del passaggio della cometa, che era prevista per il 24 marzo. Ma il direttore voleva che Baricco andasse a vedere la cometa il giorno stesso. Baricco obiettò: “Ma la cometa passa il 24 marzo”. E il direttore: “La cometa passa quando lo diciamo noi”.
Secondo episodio. 2014. Il presidente francese Hollande viene visto mentre esce dalla casa della sua amante. Valérie Trierweiler, allora compagna di Hollande, scrive un libro e lo intitola Merci pour ce moment, “Grazie per questi momenti”. Questo libro è annunciato nelle librerie per il 4 settembre 2014. Si trattava di un libro vendetta, dei più espliciti, dei più feroci. Il libro esce il 4 settembre con una grandissima attesa. In un piccolo paese della Bretagna, un libraio mette in vetrina un cartello dove c’era scritto: “Nous n’avons pas le livre de Trierweiler… ”. Poco dopo una persona scrive un tweet con la foto del libraio della Bretagna e molti altri librai in Francia lo imitano. Si forma un movimento che chiamano “No merci pour ce moment”.
Un giorno un giornalista va dal libraio che ha scatenato tutto questo e gli dice: “Lei è un eroe, come le è venuta in mente questa cosa?”. Risposta: “Non mi era arrivato il libro della Trierweiler, continuavano a chiedermelo e ho messo il cartello”. Il giornalista ha uno sbandamento e gli chiede se quel libro lo venderebbe. Il libraio dice: “Certo che lo venderei, se me lo mandassero”.
Il giornale pubblica l’intervista al libraio. Ma non sposta di un millimetro lo storytelling.
Quindi – ammonisce Baricco – attenzione a liquidare la faccenda dicendo che lo storytelling è un’arma nelle mani dei potenti. C’è un’abilità straordinaria nell’abitarlo, ma è una produzione collettiva.
Non ci manca il viaggio: ci manca la mappa
E poi chiude il cerchio: torna ad Alessandro Magno.
Ha fatto un enorme viaggio, un viaggio incredibile, ha fatto cose sovrumane. Un viaggio pazzesco. Ma è anche il viaggio di un pazzo? Forse bisognerebbe vedere il mondo come lo immaginava lui. Baricco mostra una mappa, quella che Alessandro aveva in mente: se disegniamo il suo viaggio in questa mappa, non è più il viaggio di un pazzo, è un viaggio molto chiaro, con uno storytelling molto chiaro. È un viaggio alla fine del mondo. Lo storytelling di cui lui non riusciva a convincere tutti i suoi che gli stavano attorno era molto personale: arrivare alla fine del mondo. Naturalmente del mondo suo, di quello che lui poteva immaginare.
E sempre ha una storia.
Per approfondire:
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Lezione di ALESSANDRO BARRICO Sulla Narrazione Alessandro Magno
- On 2 Maggio 2018