Ascolto attivo: il medico deve saper stimolare la narrazione.
Intervista a Incoronata Romaniello,*
Quando ti rendi conto che non ci sono solo malattie, sintomi e terapie, ma persone malate, ognuno con una propria storia da raccontare, allora ti metti in ascolto. E da quelle storie il medico può capire molte cose.
Qual è, in genere, l’approccio dei medici all’ascolto dei pazienti?
Quando frequenti la facoltà di Medicina, ti parlano di malattie, sintomi, terapie. Poi quando inizi a frequentare un reparto ti rendi conto che non ci sono malattie, ma persone malate, ognuno con una propria storia da raccontare. Se ti metti in ascolto, da quelle storie puoi capire molte cose. Spesso i colleghi chiedono ai pazienti poche informazioni, e poi iniziano a ordinare esami e a impostare terapie senza spiegazioni al paziente. Ascoltare sembra facile. Sempre di corsa, si inizia a fare le cose routinariamente, senza ragionare e pensare a chi hai di fronte. Ma il tempo speso ad ascoltare è ben investito: il paziente può darti moltissime informazioni.
Quali, per esempio?
Ascoltare la narrazione del paziente ti permette di cogliere non solo gli aspetti prettamente fisici, ma anche di capire come il paziente sta vivendo il suo stato di malattia. La malattia può essere la stessa, ma ogni persona la vive in modo del tutto personale.
L’ascolto diventa così uno strumento formidabile per fare diagnosi, per comunicarla in modo efficace al paziente, per impostare le terapie. L’ascolto dev’essere attivo: il medico deve saper stimolare la narrazione, attraverso domande che possano far emergere di più di quanto il paziente è in grado di raccontarci spontaneamente.
Come medico, che cosa hai imparato dall’ascolto?
Come medico negli anni ho imparato molto ascoltando i miei pazienti. Ho capito che il paziente va accolto senza pregiudizi, come persona malata, nella sua multidimensionalità bio-psico-sociale, stando attenti e curando tutti gli questi aspetti. Ascoltare vuol dire mettersi al loro livello, rompendo la barriera del camice bianco, permettendoci di entrare davvero in empatia con loro, costruendo un rapporto fiduciario che ci permette di offrire loro le cure migliori.
Dall’ascolto dei pazienti e dalla condivisione delle loro malattia ho imparato a interfacciarmi anche con le mie paure, ho imparato ad elaborare la malattia e la morte comprendendo sempre di più come affrontare la vita, come godere di ogni singolo giorno, come sorridere sempre e nonostante tutto alla vita, arricchendomi come persona e come medico.
* Incoronata Romaniello dirige la Struttura complessa di Oncologia dell’ospedale di Borgomanero e il Centro accoglienza e servizi dell’ASL Novara.
Per approfondire:
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- On 17 Maggio 2018