Un giovane Kennedy per sfidare Trump
di Chiara Lucchini
Nel gennaio scorso il gruppo parlamentare democratico degli Stati Uniti ha affidato a Joe Kennedy III il compito di replicare al discorso di Trump sullo stato dell’Unione.
Ci si è chiesti, in America, se la scelta del nipote di Bob Kennedy per sfidare Trump, con l’ennesimo ritorno sulla scena della dinastia politica americana più famosa, significhi contrapporre i successi del passato alla vergogna del presente, per puntare verso un futuro migliore, o non sia invece il disperato sguardo verso un passato che non tornerà più, e che dimostra così l’impotenza dell’opposizione.
Il discorso sullo stato dell’unione
Il discorso sullo stato dell’Unione è un dovere costituzionale del Presidente degli Stati Uniti, che si tiene all’inizio dell’anno per spiegare come vanno le cose e quali sono gli obiettivi dell’amministrazione. La tradizione vuole che l’opposizione risponda con un intervento, che in genere viene affidato alle stelle nascenti del partito. Per esempio Paul Ryan e Marco Rubio avevano replicato a Obama. Il problema è che nella maggior parte dei casi questi discorsi sono stati ignorati o dimenticati.
La risposta di Kennedy a Trump
Vediamo come Kennedy ha risposto al discorso di Trump sullo stato dell’Unione.
«Siamo qui a Fall River, in Massachusetts, una orgogliosa città americana, fondata da immigrati. (…)
Questo è un compito difficile. Molti hanno passato l’ultimo anno ansiosi, arrabbiati, spaventati. Tutti percepiamo la colpa di un paese spaccato. Sentiamo le voci degli Americani che si sentono dimenticati e abbandonati. (…)
Ma la questione è molto più grande. Questa amministrazione non sta colpendo solo le leggi che ci proteggono: sta colpendo l’idea stessa che noi tutti siamo degni di una protezione.
Per loro, la dignità non è qualcosa con cui si nasce, ma qualcosa che si misura.
Si misura in base alla ricchezza, alla celebrità, ai titoli sui giornali.
Per non parlare del genere del proprio coniuge. Del paese di nascita. Del colore della tua pelle. Del Dio delle tue preghiere.
Il loro curriculum è contrario al nostro più alto ideale americano: l’idea che noi siamo tutti degni, che tutti siamo uguali e che tutti contiamo. Agli occhi della nostra legge e dei nostri leader, del nostro Dio e del nostro governo. Questa è la promessa americana. (…)
Quindi qui sta la risposta che i Democratici offrono stanotte (…)
Perché la nazione più forte, più ricca, la migliore nel mondo non dovrebbe lasciare nessuno indietro.
Noi scegliamo un miglior corso per tutti quelli che chiamano “casa” questo Paese.
Noi scegliamo uno stipendio per vivere e un’assistenza all’infanzia che costi poco: tutto ciò di cui la tua famiglia ha bisogno per sopravvivere.
Noi scegliamo pensioni che siano sufficienti per vivere dignitosamente, patti commerciali che siano giusti, strade e ponti che non si deteriorano, e una buona educazione che puoi permetterti.
Noi scegliamo un sistema sanitario che offra accoglienza, sia che tu soffra di cancro o di depressione o di dipendenza da droga.
Noi scegliamo un’economia che sia forte abbastanza da vantare i record nei prezzi delle azioni.
Noi scegliamo Fall River.
Noi scegliamo le migliaia di comunità americane le cui strade non sono state coperte di potere e privilegio, ma di sforzo onesto, buona fede, e di determinazione di costruire qualcosa di migliore per i loro figli.
Questa è la nostra storia.»
Dignità, eguaglianza, diritti: attacco frontale
Certo è un discorso coraggioso, che attacca frontalmente l’attuale Amministrazione americana, accusandola di colpire non solo le leggi, ma gli stessi ideali di dignità e di eguaglianza. L’accusa di discriminare le persone sulla base della ricchezza, dell’origine, del colore della pelle, della religione. Di violare, quindi, i principi base della Costituzione americana e più in generale delle costituzioni democratiche occidentali.
E poi afferma con forza l’identità dei democratici, assumendone l’angolo visuale, e ripetendo all’inizio di ogni frase “noi scegliamo”. I democratici scelgono una nazione contrapposta a quella che il governo Trump vorrebbe costruire. Una nazione in cui tutti sono eguali e hanno pari diritti, in cui nessuno viene lasciato indietro, in cui la scuola e la sanità sono fruibili da tutti a costi contenuti, in cui i diritti civili dei cittadini vengono garantiti.
Canto del cigno o astro nascente?
Alcuni critici pensano che Joe Kennedy sia solo il rampollo di una dinastia finita, il canto del cigno che dimostra la disperazione dei democratici.
Altri pensano, e sperano, che sia l’astro nascente dei Democratici e che decida di correre per la Casa Bianca nel 2020.
Staremo a vedere. E incrociamo le dita.
P.S. Noi di Palestra tendiamo ad analizzare i personaggi pubblici dal punto di vista delle loro doti di speaker (è il nostro pallino, e il nostro mestiere). Attenti a Joe, anche per questo.
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Joe Kennedy III
- Classe 1980, politico e avvocato, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato del Massachussetts.
- Joe Kennedy III è figlio dell’ex deputato Joseph Patrick Kennedy II, e nipote di Bob Kennedy, che morì nel 1968 in seguito a un attentato all’indomani della sua vittoria nelle elezioni primarie di California e Dakota del Sud.
- Joe studia legge alla Harvard Law School. Dopo aver lavorato come avvocato tra il 2009 e il 2011, entra in politica candidandosi alla Camera con i democratici. A novembre del 2012 vince le elezioni con un’ampia maggioranza e diventa deputato. È rieletto nel 2014 e per la terza volta nel 2016. Alla Camera siede nella commissione Affari Esteri e nel comitato per la scienza e la tecnologia.
- Fino a poco tempo fa, Joe aveva tenuto un profilo basso, senza esporsi troppo. Due discorsi che ha trasmesso di recente via Facebook, però, hanno attirato l’attenzione dei leader democratici: il primo, contro lo speaker Paul Ryan durante la battaglia per cancellare l’Obamacare, aveva ottenuto 10 milioni di visualizzazioni; il secondo, contro il razzismo dopo gli scontri di Charlottesville, 15 milioni. La sua promessa è di puntare su questi valori, per dare una visione dell’America e del mondo alternativa a quella di Trump.
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- On 30 Dicembre 2017