Ridere di scienza
di Andrea Veglio
Il riso è satanico: è dunque profondamente umano
C. Baudelaire
Forse solo i pochi che sanno non mistificarla.
Con l`aiuto di due giganti nella storia della scienza, Galileo Galilei e Richard P. Feynman, cerchiamo di capire perché nella comunicazione scientifica l`uso dell`ironia e dell`umorismo rimane piuttosto limitato.
Una serata poco riuscita
Al rientro da una cena in compagnia di conoscenti non proprio simpatici, la mia ragazza mi apostrofò: “quando sei in imbarazzo, fai battute che capisco solo io”.
Siccome sono più impulsivo che autoironico, lì per lì me la presi un po` a male, poi mi resi conto che anche in questo caso aveva ragione lei.
Quella sera avevo sintonizzato il mio sarcasmo su lunghezze d`onda che non potevano essere captate da altri commensali.
Per l`etologo Konrad Lorenz l`atto del ridere può essere considerato come una forma di aggressività ritualizzata (ridendo si mostrano i denti!), e il mio comportamento durante quella sfortunata serata ne è probabilmente un esempio: sentendomi a disagio, avevo inconsapevolmente usato l`ironia per obbedire all`atavico istinto di “marcare il territorio”, separare gli “amici” (lei) dai “nemici” (gli altri), segnare i confini del mio gruppo sociale e culturale (lei matematica e io fisico, gli altri medici e letterati).
Avevo fatto dell`ironia “da fisico”, avevo cioè introdotto distorsioni nella normale consecutio logica dell`argomentazione, come nella maggior parte dei tentativi di far ridere, ma lo avevo fatto per argomentazioni squisitamente tecniche. Un esempio? Quanto vale l`integrale di fantino in de cavallo? Semplice, logaritmo di cavallo più costante additiva, dato che il fantino è uno su cavallo.
Visto? Se conoscete il calcolo infinitesimale, questa storiella che gira nell`ambiente vi avrà probabilmente strappato un sorriso, se invece la matematica non è una vostra passione vi avrà procurato un po` di fastidio. Ho appena usato un motto di spirito per “discriminare” i conoscitori dai non conoscitori dell`analisi matematica.
Lazzi come questo, che servono a rinfrancare l`animo oltre che a creare una sorta di spirito di gruppo, abbondano nei corridoi e nelle aule delle facoltà scientifiche. Penso che tutti noi (ex)studenti possiamo dire di aver avuto uno o più insegnanti abili nel condire le proprie lezioni con battute più o meno azzeccate. Nonostante questo, per ragioni cui accenneremo brevemente più avanti, l`uso dell`ironia nella comunicazione scientifica rimane minoritario, quasi fosse un tabù che fatica a essere infranto.
Per ora vorrei limitarmi a osservare come i bravi scienziati di oggi che hanno lo spirito di alleggerire e migliorare il modo di comunicare la loro scienza attraverso l`umorismo appartengano a un antico lignaggio.
Galileo, ridere dei tolemaici
Il capostipite di questo antico lignaggio è forse il padre stesso del metodo scientifico moderno, Galileo Galilei (1).
Restano impareggiabili le pagine del Dialogo sopra i due massimi sistemi intrise di pungente sarcasmo contro le “simpliciane” posizioni tolemaiche.
E ancora, ne il Saggiatore Galileo usa la più mordace ironia contro l`avversario gesuita Orazio Grassi alias Lotario Sarsi, reo di aver pubblicato Libra astronomica ac philosophica contro le posizioni galileiane sulle comete. Galileo replica con un libello il cui titolo completo è il Saggiatore, nel quale con bilancia squisita e giusta si ponderano le cose contenute nella Libra. Dunque già il titolo anticipa il tono sarcastico e caustico che sarà proprio dell`opera, in quanto si mette in contrapposizione il “saggiatore” (bilancia di precisione usata dagli orefici per pesare l`oro) alla grossolana “libra” (stadera) con la quale il Grassi, secondo il parere di Galileo, pesa le opinioni.
Ironia della sorte, sul problema delle comete aveva ragione Grassi che aveva ipotizzato fossero corpi celesti, mentre Galileo pensava erroneamente che si trattasse solo di fenomeni luminosi.
Un breve inciso epistemologico: in una vicenda come questa il vero discriminante è il metodo, non il risultato. Bibliografico e biblistico quello del Grassi, razionale e sperimentale quello di Galileo. A differenza del primo, il secondo metodo consente la progressiva (per quanto lenta e a volte estenuante, come ben sa chi si occupa di scienza) identificazione e eliminazione delle ipotesi sbagliate. La scienza commette spesso errori, ma prima o poi li corregge.
Tornando a Galileo, tanto nel Dialogo quanto soprattutto nel Saggiatore egli coraggiosamente usa un linguaggio ironico, nonostante una lunga tradizione risalente a Aristotele associ l`ironia alla finzione e alla menzogna. Nello spirito di questa tradizione, le cui vestigia sopravvivono fino a oggi, più di un secolo dopo Giambattista Vico scriveva nei Principi di Scienza Nuova che l`ironia è “un falso in forza di una riflessione che prende maschera di verità”. Del resto, il termine stesso ironia deriva dal greco eironéia, che significa dissimulazione, finzione. Socrate si fingeva ignorante per meglio mettere in difficoltà le posizioni dell`interlocutore, attestandosi così come il padre dell`ironia filosofica.
Dunque Galileo, sfidando questi e altri pregiudizi, usa l`ironia come strumento di efficace comunicazione scientifica e decostruzione delle teorie avverse.
Non dimentichiamo che Galileo è un rivoluzionario, perlomeno nel senso che ci ha insegnato Kuhn nella Struttura delle rivoluzioni scientifiche: egli si scontra con i paradigmi tolemaico-aristotelici in vigore all`epoca. E per sfidarli usa l`ironia come arma perfettamente acuminata. Parafrasando Galileo stesso, l`ironia diventa un “aculeo” per fare breccia nella “bestialissima ostinazione” dei tolemaici (cfr. ilSaggiatore). Egli non accetta dogmaticamente l`ordine stabilito e dunque è in grado di riderne. Come scrive Umberto Eco in Diario Minimo, “chi sarà allora il Ridente? Colui che ha avuto coscienza della caduta, e quindi della provvisorietà dell`ordine dato”.
Ecco un esempio di come Galileo, nel Saggiatore, ironizza sulle tesi convenzionali e generalmente accettate del Grassi-Sarsi, iniziando la frase con una sorta di captatio benevolentiae, e poi inducendo il lettore a un capovolgimento semantico del senso letterale: “Trattabile e benigna filosofia, che così piacevolmente e con tanta agevolezza si accommoda alle nostre voglie e alle nostre necessità!”.
Dunque, l`ironia galileiana rientra perfettamente all`interno di una delle teorie convenzionali dell`umorismo, ovvero quella della superiorità, che fu teorizzata proprio da Aristotele: si ride del perdente, ci si prende gioco di chi ha caratteristiche inferiori alle proprie. Secondo questa teoria, Galileo ha metodo e genio neppure lontanamente paragonabili a quelli di Grassi, ne è consapevole e quindi può permettersi di fare dell`avversario una vittima del proprio acuto sarcasmo.
Difficile a dirsi se tutta o gran parte della (rara) ironia nella scienza possa rientrare all`interno di questa teoria, tuttavia da Galileo in poi si dipana un piccolo numero di grandi scienziati memorabili per il loro sferzante senso dell`umorismo. A brillare in questo olimpo, il fisico statunitense Richard P. Feynman.
Sta scherzando, Mr. Feynman!
Richard P. Feynman è considerato uno dei maggiori fisici teorici del `900 per i suoi contributi all`elettrodinamica quantistica (per i quali ricevette il premio Nobel nel 1965), alla superfluidità, alle nanotecnologie, oltre a un vivido interesse per la didattica (celeberrime le sue lezioni, raccolte nel libro di testo La Fisica di Feynman).
Personaggio bizzarro e estroverso, dotato di sense of humour e autostima impareggiabili, ha affidato gli aneddoti più divertenti sulla sua vita a una sorta di autobiografia intitolata non a caso Sta scherzando Mr. Feynman! Vita e avventure di uno scienziato curioso.
Parlando della madre e dell`influenza che questa ebbe su di lui, disse: “Aveva un fantastico senso dell`umorismo, e ho imparato da lei che le più alte forme di comprensione che si possono raggiungere sono la risata e la compassione umana”.
Di qui, probabilmente, il suo atteggiamento ironico e scanzonato nei confronti della scienza e della vita.
Celebri ad esempio le sue battute su fisica e sesso. Una su tutti: “La fisica è come il sesso. Sicuro, entrambi possono dare qualche risultato pratico, ma non è il motivo per cui li facciamo”.
E a proposito della cultura scientifica del `600, durante una lezione sulla meccanica classica, poi riportata ne La Fisica di Feynman, spiegò: “[…] Mentre Keplero scopriva queste leggi, Galileo studiava le leggi del moto. Il problema era: che cosa fa muovere i pianeti? In quei giorni una delle teorie proposte era che i pianeti si muovessero perché dietro di loro vi erano angeli invisibili, che battevano le loro ali e spingevano avanti i pianeti. Vedrete che tale teoria è stata modificata. Risulta che per far ruotare i pianeti, gli angeli invisibili devono volare in una diversa direzione, e non hanno ali. Per il resto è una teoria abbastanza simile!”
Chi di voi conosce la meccanica classica, avrà notato l`elegante ironia con cui si è fatto riferimento alla dinamica di un corpo orbitante.
Non stupisce, pertanto, che i suoi studenti ne avessero un`autentica venerazione e che nel 1972 sia stato insignito della medaglia Oersted per la didattica della fisica, premio che si dice lo inorgoglisse più del Nobel.
James H. Wandersee, nell`articolo Humor as a Teaching Strategy apparso su “The American Biology Teacher” (2), riporta una statistica in cui, su 270 studenti universitari intervistati, circa il 95% ha asserito che l`umorismo migliora la qualità delle lezioni perché allenta la tensione fra insegnante e studenti aiutando a stabilire un rapporto umano, mantiene più alto il livello di attenzione e rende il materiale presentato più interessante.
Nonostante esempi come questi, l`ironia nella comunicazione scientifica rimane una risorsa poco utilizzata. Proviamo a chiederci perché.
Chi sarà allora il Ridente?
È innegabile che la struttura di lezioni, conferenze scientifiche, articoli tanto di ricerca quanto divulgativi, libri per addetti ai lavori e non, siano per la maggior parte improntati sulla più rigida seriosità accademica. Paradossalmente, abbiamo visto come l`ironia nella scienza abbia fautori celeberrimi e che la stragrande maggioranza di studenti e, credo, delle persone la consideri un elemento positivo.
Perché, allora, nella comunicazione scientifica se ne fa un uso così limitato?
Forse, perché è difficile. È difficile riuscire a fare della buona ironia organica al messaggio scientifico che si sta comunicando: l`ironia richiede tempo e energie intellettuali, beni di lusso che in genere gli scienziati preferiscono investire nelle loro ricerche.
Questa spiegazione però non è sufficiente. Ad esempio, la stragrande maggioranza delle riviste scientifiche di qualità ospita esclusivamente articoli corredati da raffinatissime immagini, costate ai ricercatori interminabili ore di ideazione e fotoritocco. Discorso analogo per la forma del testo scritto: giorni e giorni sottratti alla ricerca vera e propria per comporre testi accattivanti, limando continuamente su formule, concetti, frasi e parole. Scrivere, una fatica nera…tanto più se lo si deve fare in una lingua diversa dalla propria, come capita agli scienziati di madrelingua non inglese.
Tutto ciò in nome di una migliore comunicazione scientifica. L`assioma infatti è: tanto più chiaro, comprensibile e appetibile risulta il modo in cui si comunica il messaggio dell`articolo, tanto meglio questo verrà recepito. Non dimentichiamo che, in genere, per uno scienziato una migliore comunicazione scientifica significa migliori pubblicazioni, e migliori pubblicazioni significano maggiori possibilità di fare scienza migliore, in un circolo sotto molti aspetti virtuoso.
Ma allora perché, a fronte di un`attenzione così alta per la comunicazione, solo molto raramente in un articolo scientifico si trova traccia di ironia? Peraltro, questo produce l`effetto netto di rendere lo sbadiglio un fedele compagno del pubblico, anche nel caso di ricerche piuttosto valide dal punto di vista tecnico.
Come mi ha confermato un piccolo sondaggio cui ho sottoposto i miei colleghi, forse ciò è dovuto al sospetto diffuso che l`ironia di un autore sia funzionale a distogliere l`attenzione da eventuali errori nel contenuto scientifico dell`articolo, in nome dell`equazione non dimostrata, né del resto dimostrabile perché falsa: “poca seriosità nell`esposizione di un problema scientifico” = “poca serietà nell`affrontarlo”.
Di nuovo, l`ironia come eironéia, dissimulazione, finzione.
Ma allora perché una comunità di donne e uomini di intelligenza e valore come quella degli scienziati sembra non essere in grado di andare al di là di questo pregiudizio?
Non vorrei sembrare troppo pessimista nell`ipotizzare che, nonostante Darwin e Einstein, ancora oggi valga ciò che Friedrich Nietzsche scrisse nella Gaia Scienza: “È pur sempre una fede metafisica quella su cui si fonda la nostra fede nella scienza – anche noi odierni soggetti della conoscenza, noi atei e antimetafisici, anche noi prendiamo ancora il nostro fuoco da quell`incendio che una credenza millenaria ha acceso, quella credenza millenaria che era altresì la fede di Platone, per la quale Dio è la verità e la verità è divina”.
Nessuno scienziato che creda nella verità assoluta della propria scienza sarà mai in grado di fare veramente ironia su di essa. E temo sia proprio questo il motivo principale per cui l`ironia è così poco diffusa nella scienza: come può confermare chiunque faccia parte del mondo scientifico, buona parte degli scienziati è convinta, più o meno consapevolmente, che le proprie ricerche siano le più interessanti e le meglio condotte (e naturalmente tutti ascriviamo questa arroganza ai soli colleghi!).
Parafrasando Eco, chi sarà allora il Ridente? Non di certo l`attuale scienziato medio.
Inoltre, questo atteggiamento “metafisico” da paladini della verità è quanto di più genuinamente antiscientifico si possa immaginare: il metodo scientifico comporta la progressiva formulazione di ipotesi che devono essere continuamente sottoposte a verifica. Dunque chi è convinto di essere assolutamente sulla strada giusta difficilmente produrrà scienza di ottimo livello, e meno che mai saprà ridere dei propri e altrui risultati o insuccessi.
Al contrario, Feynman (di certo non uno scienziato medio e non a caso il grande umorista di cui abbiamo detto) era fautore della più rigida severità nel vaglio critico delle ipotesi da lui stesso formulate. Così scrive in Sta scherzando Mr. Feynman!: “Il primo principio per fare scienza è: non ingannare se stessi. Ma la persona più facile da ingannare siamo proprio noi stessi, quindi occorre molta vigilanza”.
Una buona forma di vigilanza penso sia proprio l`ironia: se uno scienziato sa fare ironia della propria e altrui scienza, allora probabilmente è consapevole che essa non ha valore assoluto, ed è possibile che non stia ingannando né se stesso né gli altri.
Articoli natalizi
Per salutarci, vi propongo in calce la riproduzione di una corrispondenza apparsa il 19 Dicembre 2007 sulla rivista scientifica Nature (3), una delle più lette al mondo. Caso rarissimo, con molta ironia vengono riportati i risultati di una semplice indagine che vi riassumo.
Google mette a disposizione un motore di ricerca specifico per articoli scientifici,Google Scholar, che permette di determinare, fra le altre cose, la data in cui un articolo è stato sottomesso (cioè inviato in slang accademico, poco rassicurante traslitterazione dall`inglese to submit) alla rivista su cui è poi apparso. Gli autori dellacorrispondenza in questione hanno chiesto a Google Scholar di contare quanti articoli siano stati sottomessi alle diverse riviste in una particolare data dell`anno: il giorno di Natale. Hanno trovato che dal 1996 al 2006 questo numero cresce costantemente e ne hanno analizzato quattro possibili ragioni.
In breve:
1) publish or perish, pubblica o muori: negli Stati Uniti il successo di un ricercatore dipende dal successo delle sue pubblicazioni;
2) durante i periodi lavorativi, uno scienziato è oberato da impegni amministrativi e didattici;
3) verso la fine degli anni `90, quasi tutte le riviste hanno adottato sistemi informatici che ammettono sottomissioni ogni giorno dell`anno;
4) il numero degli scienziati che vivono il Natale come festa religiosa può essere diminuito nel corso del tempo.
Come potete notare, gli autori hanno inserito nell`articolo una figura con una grafica divertente, hanno aperto con un titolo scherzoso e chiuso con una battuta, senza per questo inficiare le argomentazioni e i dati presentati, anzi rendendoli meglio memorizzabili (il fatto che, a distanza di più di un anno, li ricordassi con precisione è indicativo).
A quanto ne so, gli scienziati di Google non hanno ancora inventato un motore di ricerca in grado di individuare le pubblicazioni scritte con ironia. Se dovesse succedere, spero si scoprirà che è in costante aumento anche la percentuale degli articoli che regalano un sorriso e che promuovono così una scienza un po` più umana e un po` più accessibile.
Andrea Veglio è laureato in fisica teorica all`università di Trieste. È dottorando di ricerca all`università di Torino, presso l`Istituto di Ricerca e Cura conto il Cancro, dove studia l`applicazione di modelli fisici a sistemi biologici. Vive con una matematica.
1. Per un`interessante analisi linguistica sull`ironia nelle opere Galileo si veda “Galileo e i gesuiti. Miti letterari e retorica della scienza” di Andrea Battistini, Milano 2000. Su Google Books, http://www.google.com/books?id=hrre1YwgI6UC&pg=PA5&dq=battistini+galileo+e+i+gesuiti
2. Scaricabile dal sito http://www.jstor.org/pss/4447475, gratuito solo si è collegati da un`utenza abilitata. Per evitare queste limitazioni, sosteniamo la filosofia dell`open access, http://en.wikipedia.org/wiki/Open_access_(publishing), secondo cui gli articoli accademici devono essere accessibili gratuitamente a tutti e le spese di pubblicazione sostenute dagli autori.
3. Scaricabile dal sito http://www.nature.com/nature/journal/v450/n7173/full/4501156a.html, gratuito solo se si è collegati da un`utenza abilitata.
- On 25 Ottobre 2012