
Raccontami una storia
di Gabriella Rinaldi
Il potere di una storia
Quando le cose hanno un nome esistono: sarà proprio così?
Beh, forse è vero che esistono anche a prescindere dal nome che attribuiamo loro, ma acquisiscono valore per noi solo quando le definiamo, quando attribuiamo un significante, come direbbero i linguisti.
L’arte della narrazione è sempre esistita perché siamo esseri umani e raccontare ci è indispensabile per tramandare la nostra conoscenza e garantire il perdurare della specie. Pensiamo ai racconti biblici, alle favole, alle fiabe e alle tante altre narrazioni che si sono stratificate nel tempo e nella memoria: le buone storie sono sempre state parte dell’umanità.
Quello che sembra essere di recente uso, invece, è appunto il nome attribuito a tale attività: lo storytelling.
L’etichetta che definisce un’arte antica quanto il mondo, ne ha definito – e talvolta anche sfinito – il significato.
Stando alla definizione riportata nella sezione dei neologismi del dizionario online Treccani lo storytelling è:
“L’arte di scrivere o raccontare storie catturando l’attenzione e l’interesse del pubblico.”
Insomma, una buona storia ha molte più probabilità di essere ricordata a differenza di qualsiasi altro ragionamento avulso da un contesto e da una trama. Quello che cambia oggi quindi non è tanto l’arte della narrazione in sé, quanto più gli strumenti e tutti gli ambiti in cui viene applicata.
Le storie ci coinvolgono sul piano emotivo e personale e quando diventiamo parte della narrazione, trasferiamo i nostri valori e le nostre credenze all’interno della storia diventandone fruitori e al tempo stesso protagonisti. Si attiva così la nostra memoria emozionale che influenza le nostre azioni, rafforza i nostri pensieri e ci spinge a raggiungere un obiettivo. Quella storia rimarrà viva nella nostra memoria, nel tempo e nello spazio.
Pare che se leggiamo una serie di dati decontestualizzati, questi hanno circa il 5/10% di probabilità di essere ricordati. Se, invece, i dati insieme raccontano una storia siamo capaci di ricordarne addirittura il 65/70 %. Non male eh?
Raccontare il business
Da diversi anni organizzazioni e persone hanno acquisito nuove consapevolezze in merito al racconto del proprio brand o di sé. Hanno adottato i modelli e gli archetipi narrativi per consolidare i propri valori e rafforzarne il ricordo positivo. Il punto è che, quale che sia la storia, un elemento è imprescindibile: l’autenticità. Non sempre le emozioni e la morale della storia raccontata risultano vere, e di questo le persone se ne rendono bene conto.
Probabilmente nella complessità che abitiamo ogni giorno, stiamo inconsapevolmente svuotando il significato della parola storytelling. Se iniziassimo a recuperare l’uso di parole come “narrare” o “raccontare” potremmo, forse, recuperarne l’autenticità, scrivendo storie emotivamente coinvolgenti e realmente importanti per le persone a cui ci rivolgiamo.
La narrazione è lo strumento più potente per rappresentare storie, eventi e per raccontare il business. Per questo è nato il corso Data storytelling, un momento formativo dedicato a chi vuole accrescere le proprie capacità di descrivere e rappresentare in modo coerente tutti gli aspetti possibili, sia tecnici che gestionali e umani.
- On 29 Maggio 2020