Corso “Parlare in pubblico”: forse la mia strada per vivere meglio?
Adesso sono un professionista affermato, ho la coda di clienti dietro la porta, scrivo articoli che mi pubblicano tutte le più importati riviste del mondo; ma da ragazzo non l’avrei mai detto. Ho capito molto presto che avrei dovuto lavorare sul mio “lato pubblico”.
Al liceo me la sono cavata, nei compiti scritti recuperavo i disastri delle interrogazioni; ma all’università ho dato per la maggior parte esami orali, e lì non potevo recuperare un bel niente. Accidenti se me lo ricordo. Prima di un esame perdevo il sonno e mi prefiguravo il fiasco che avrei fatto. Poi andavo all’esame come in altri tempi sarei andato al patibolo e, dopo, mi sentivo uno straccio per almeno una settimana. Svuotato, me ne andavo in giro alla ricerca del senso di una vita spesa avendo paura di parlare di fronte ad altre persone.
Il bello era che poi agli esami non facevo fiasco, quello no. Siccome studiavo tanto e mi piaceva ciò che studiavo, riuscivo comunque a parlare e a dimostrare di essermi dato da fare. Ma la mia prestazione era da sei al fil di lana. Non c’era verso di rilassarmi, di entrare in quel meraviglioso stato ipnotico in cui tu non sei tu, sei una cosa unica con quello che stai dicendo. Io ero sempre lì a guardarmi mentre rispondevo alle domande, a osservarmi agitato e sudato, con quella ruga sulla fronte che a lungo andare mi ha scavato in fronte una geografia di strade e stradine.
Comunque mi sono laureato, ho fatto l’esame di stato, l’ho passato e da una decina di anni ho uno studio davvero ben avviato, per essere così (più o meno) giovane. Ma non vado ai convegni come relatore e non accetto mai di parlare in occasioni pubbliche. Fortunatamente la mia carriera non dipende dalla mia esposizione, altrimenti starei vendendo kebap da qualche altra parte, adesso.
In realtà, già da un po’ penso che prima o poi mi iscriverò a un corso per imparare a parlare in pubblico e so già che troverò molti come me. A una cena ho conosciuto un manager che mi ha spiegato dei problemi che ha a parlare con le sue prime linee senza arrossire fino alle orecchie. Uno dei professori di mio nipote ha raccontato a mia cognata (di cui è innamorato) che vorrebbe trovare il modo per spiegare ai suoi ragazzi che prepararsi per il futuro significa più che studiare. Vorrebbe poter spiegare loro che significa anche prepararsi un discorso davanti allo specchio, fare una traccia delle cose da dire, allenarsi a rispondere alle domande più comuni. Vorrebbe farlo lui stesso, ma, da ex “pauroso”, non si sente di dare consigli su cosa fare o non fare.
Alessandro lo conosco ormai da tanti anni e più di una volta mi ha proposto di partecipare a uno dei suoi corsi. Ho sempre rifiutato perché non me la sentivo di mettere in discussione una parte di me così delicata davanti ad altre persone (che, so già, sarebbero troppe per me). Però ho capito che questa volta potrebbe essere quella giusta. Qualcosa si sta muovendo nella mia vita, forse sto invecchiando, forse è perché mi sono innamorato, chissà.
Ho pensato che da studente universitario avrei pagato a peso d’oro uno come lui (Alessandro, dico) per farmi da coach. Che al primo colloquio di lavoro, quando mi chiesero di raccontarmi davanti all’amministratore delegato, al capo del personale e all’ufficio legale al gran completo, se avessi avuto il consiglio disinteressato di qualcuno, avrei potuto fare la figura che meritavo e non mi avrebbero congedato con un laconico “la cerchiamo noi, grazie”.
Lo so che è questione di allenamento, Alessandro non fa che ricordarmelo, ma un conto è prenderne atto un conto è diventarne consapevole. Ecco, forse io adesso sono consapevole di quanto conti nella vita saper parlare in pubblico, saper descrivere la bellezza e la complessità della professione che si è scelto di fare, sapersi mettere davanti a un gruppo di persone (o anche solo davanti a due!) e parlare senza sentirsi morire dentro.
Per informazioni sui prossimi corsi open.
- On 28 Ottobre 2013