Dottore, dottore!
di Lorenzo Carpané
«Come sei messo a crediti?»
«Sono un po’ in arretrato, ma penso di recuperare già a gennaio».
Un tempo, sarebbero stati discorsi da agenzia di recupero, di crediti naturalmente. O da azienda che attende il saldo dei clienti.
Ma si sa, i tempi cambiano, non ci sono più le mezze stagioni e quelli che all’università predicavano la rivoluzione ora stanno in banca.
O sono le banche che si sono trasferite all’università? Già, “crediti” è la parola chiave per aprire le porte del paradiso, la laurea. Quanto vale un esame? Una tempo valeva 1: tot esami per Facoltà; oggi può valere 4, 6, 9, 10, 12, 15… secondo un insieme di variabili molto variabili. Esami grossi, medi, piccoli. Esamini. Crediti liberi (quelli che, per esempio, si possono guadagnare seguendo un seminario del tuo prof. di tesi), anche in misura di 1 (credito, non esame).
Con 180 ci si porta a casa la Triennale (che non è quella cosa di arte che si fa ogni tre anni a Milano), con 120 la Biennale (che sarebbe quella di Venezia), o meglio la Specialistica (dizione da poco superata) o, come da ultima modifica, la Magistrale. A meno che la laurea non sia a ciclo unico: un giro di giostra unico, di cinque o sei anni.
Ma il vero problema, che assilla tutte le commissioni di laurea triennale è: lo studente lo dichiariamo come? Cioè, uno (o una) dopo la Triennale, è Dottore o no? La legge pare che così dica. E soprattutto, in ambiente Triveneto (e solo in quello, a quanto pare), lo dice la vox populi, quella che, di norma, anche se a laurearsi è una pia suorina, si eleva a conclusione del rito: «Dottore, dottore, dottore dal buso del cul, vafancul, vafancul». Così, esattamente, con lo spelling dialettofono, e con la reiterazione prima ternaria e poi binaria, giusta prassi retorica; e ripetuto ad libitum come una specie di litania propiziatoria. Così era temporibus illis, così anche oggi: nulla di nuovo sotto il sole.
A questa attribuzione dottorale si ribellano non pochi emeriti e chiarissimi prof., che, inorriditi dalla facilità dell’onorificenza, affermano con veemenza, all’atto della pubblica proclamazione, «la dichiaro laureata in …».
Così, il povero laureato, per sentirsi dare del dottore in cerimonia, dovrà per forza iscriversi alla Biennale (Specialistica, Magistrale) e quindi potersi fregiare del titolo non solo di Dottore, ma anzi di Dottore Magistrale. E i quinquennalisti forzati (i giuristi, ad esempio)? e gli esennalisti (i «dottori» per antonomasia)? Dottori, per loro si nasce.
«A’ dotto’, che ffamo?». Forse, insegnamento della scuola romana, un dottore non si nega a nessuno. Come neanche un po’ di credito, appunto, perché l’Università non è una banca. E questo l’avevamo capito già un tempo; ma allora, quando ancora si usavano i gettoni per telefonare alla morosa e la escort era solo una macchina, studiare all’università era davvero crearsi un credito, da esigere poi. E qui, mi sa, le cose sono un po’ cambiate.
- On 1 Dicembre 2013