SIAMO TUTTI PIU’ BUONI? FORSE NO
di Claudia Comaschi
In principio erano gli appuntamenti sui balconi, i canti, i sorrisi, i flash mob. I post it appiccicati in giro nelle città con scritto “Andrà tutto bene”. Le narrazioni che ci vedevano tutti felici a cuocere torte e sperimentare ricette elaborate di chef stellati.
Dopo quasi tre mesi di isolamento siamo arrivati all’infermiera di Lucca che trova nella sua cassetta postale un biglietto anonimo con l’accusa di diffondere il virus; la delazione dei vicini che notano un invito a cena improprio di una giovane coppia; il runner denunciato per le corse sulla battigia; su Facebook sono nati gruppi dedicati alla delazione da quarantena, con nomi come «Segnalazioni coronavirus a piede libero».
La rivista on line«Quartz» ha ripreso recentemente una ricerca di The Kaiser Family Foundation che sembra delineare il tramonto della solidarietà da cortile:
Parlare di fase 2 ci ha portato a credere di poter riprendere parte delle nostre vite, ma quello che sta emergendo è che per convivere con il virus ci vorrà molta ma molta pazienza. Un futuro incerto, un tempo non prevedibile (fino all’arrivo del vaccino) una inquietudine che potrebbe trasformarsi in paura se ci saranno altri focolai, con rigurgiti di rabbia e diffidenza nei confronti dell’altro.
Anche in questo tempo è utile rileggere La pragmatica della comunicazione umana di Paul Watzlawick per focalizzare la nostra attenzione sull’importanza della comunicazione perché questa incide sul comportamento delle persone con cui interagiamo. Per tutte le aziende che hanno al loro interno servizi clienti è pronto il corso di mezza giornata Sorridere dietro la mascherina per aiutare i loro dipendenti a gestire meglio la relazione con i clienti anche in tempo di coronavirus.
- On 25 Maggio 2020