Medici di famiglia: prender sul serio la salute, anche ridendo
di Elisabetta Peracino
14 gennaio 2009: la tavola rotonda alla Palestra della scrittura sull’umorismo nel linguaggio della salute
“Un lavoro serio, quello del medico… ma anche un lavoro seriamente simpatico”. Questo (apparente) ossimoro di Nino Frustaglia può sintetizzare l’unanime fiducia nelle potenzialità dell’umorismo da parte dei medici – di famiglia e non – che hanno partecipato alla tavola rotonda sull’umorismo nel linguaggio medico, organizzato alla Palestra della scrittura il 14 gennaio scorso.
Incontro informale, ma molto denso di contenuti, volto a sondare il terreno su quanto spazio possa esistere per l’umorismo nella relazione con il paziente. Un “sentimento del contrario” capace di “dare il giusto peso al dramma “, come dice Umberto Migliavacca, e di “rinforzare l’empatia al di là delle barriere linguistiche” secondo Manuela Meriggi. Sì perché “è importante creare un ambiente disteso con il paziente – dice Alberto Giammarini – si può tentare anche un gioco senza parole, in particolare con chi non parla la nostra lingua”. “Proviamo a chiedere a uno straniero come si dice mal di pancia nella sua lingua e poi tentiamo di ripeterlo: la nostra disastrosa pronuncia abbasserà la tensione!” commenta Giovanni Rizzi.
L’umorismo, secondo Giammarini, non è solo una dote naturale del medico: “è una capacità che si può imparare con l’esperienza, un elemento fondamentale per costruire empatia con il paziente. Se il paziente vede una persona rigida nella sua postura, facilmente si irrigidirà anche lui”.
“La battuta umoristica non è solo un modo per entrare in contatto con il paziente – dice Migliavacca – ma è una sorta di auto-training per il medico che, cercando un aspetto umoristico si concentra di più su quello che deve dire al paziente. Un circolo virtuoso che coinvolge tutti: medici e pazienti”.
Ironia quindi, ma anche autoironia: qual è il margine di azione concesso? “Con i bambini c’è molto spazio” – testimonia Marco Spinelli (che pur non essendo medico di famiglia è un giovane specializzando in pediatria che sta facendo un’entusiasmante esperienza con i bambini oncologici del San Gerardo di Monza) – le metafore e le similitudini offerte dal gioco non fanno solo ‘ridere’: “permettono ai più piccoli di prendere contatto con una realtà altrimenti troppo complessa”.
E continua Spinelli: “se viene detto ai bambini che la loro malattia è l’erbaccia da strappare e che li aiuteranno dei soldatini che vengono sparati nel loro corpo per uccidere le cellule malate”, anche i genitori dovranno abituarsi a questo modo di comunicare e a farsi coinvolgere da questa sorta di auto-umorismo. E così, a trarne beneficio non sono solo i bambini, ma anche i genitori stessi, che in tal modo sfatano l’immagine dell’ospedale come luogo triste.
“Nel nostro reparto al San Gerardo – dice ancora Marco Spinelli – i medici cercano di dare sollievo ai piccoli malati tuffandosi nel loro letto, buttandosi a terra, insomma facendo di tutto per strappare un sorriso a loro e, se possibile, anche ai loro fratelli, che nascondendosi sotto i camici dei medici riescono a sgattaiolare dentro la stanza dei fratellini malati”. Un’unica condizione: rispettare le condizioni di salute del piccolo paziente e i sentimenti dei genitori.
Saggezza dell’infanzia? “Non solo; anche gli anziani hanno una grande capacità di cogliere e accogliere l’ironia” – dice Nino Frustaglia – “e perché si instauri una relazione di reciproca fiducia” – interviene Federica degli Ivanissevich – “il medico deve saper accogliere la persona e non solo il sintomo, far sentire a noi pazienti una vicinanza maggiore con la nostra esperienza”.
“Un sano umorismo facilita la comunicazione a condizione però che la battuta non sia forzata” – dice Giammarini – collegandosi a un aneddoto di Federica degli Ivanissevich. Federica racconta di una battuta fatta da un medico sul “posteriore” di una paziente: poteva essere facilmente fraintesa, ma ha avuto come reazione un sorriso e il conseguente, immediato sollievo.
In questo contesto l`utilizzo dell`umorismo è facilitato dal fatto che il medico di famiglia può accedere a un bagaglio di esperienza condiviso con il paziente (e con il mondo che lo circonda) che spesso è addirittura plurigenerazionale: chi conosce la tua storia da diversi anni probabilmente sa come prenderti sul serio. Anche quando ti fa sorridere.
Grazie …
… ai partecipanti alla tavola rotonda nella sede della Palestra della scrittura, nella Torre Velasca a Milano:
– Nino Frustaglia, medico di famiglia e geriatra
– Manuela Meriggi, medico di famiglia
– Umberto Migliavacca, medico di famiglia
– Giovanni Rizzi, medico di famiglia e ginecologo
– Marco Spinelli, specializzando in pediatria al San Gerardo di Monza (reparto emato-oncologia pediatrica)
– Elisabetta Peracino, giornalista
– Alessandro Lucchini, direttore tecnico della Palestra della Scrittura.
In collegamento da Trieste:
– Federica degli Ivanissevich, co-autrice della ricerca della Palestra della scrittura sull`umorismo nel linguaggio della salute
– Alberto Giammarini (da Trieste, medico di famiglia, presidente della SIMG , Società italiana di medicina generale, docente del Ceformed
- On 22 Ottobre 2012