
Scrivere chiaro e semplice con Don Milani
“Il dominio sulla parola”
Don Milani precursore dello scrivere chiaro e semplice
di Lorenzo Carpanè
Era il 27 maggio del 1979.
La vidi comparire d’improvviso, dopo una camminata di una mezz’ora sulla strada sterrata. Non so dire cosa mi aspettassi, ma fu più di una percezione, più di un sentimento. Ma non potevo ancora capire.
Quando arrivai a ridosso dell’albero, della piscina, della casa, della chiesa mi si impresse nella mente una prima parola: semplicità.
Ero un diciottenne liceale, quella era una gita anomala, quello era un luogo anomalo. Era un paese che non era un paese, una scuola che non era una scuola, una chiesa che forse non era una chiesa. E c’era stato un prete che era stato più che un prete. Il non paese era Barbiana, il più che prete era Don Lorenzo Milani.
Mi ero portato con me Lettera a una professoressa, per cercare di cogliere lì, dove era stato concepito e scritto il libro, l’essenza di uno scritto così denso eppure così semplice, frutto di una elaborazione collettiva e partecipata di tanti ragazzi.
Fu una illuminazione.
È il 27 maggio del 2023.
Fanno oggi cent’anni dalla nascita di Don Milani, ho appena finito di leggere il bel libro di Riccardo Cesari Hai nascosto queste cose ai sapienti pubblicato da Giunti.
Non sono più il diciottenne liceale. Oggi scrivo, faccio scrivere, cerco di insegnare la chiarezza e la semplicità della scrittura. Quella su cui oggi si discute, si studia, si pubblica, più forse all’estero che da noi. Quella che è associata all’idea dell’importanza profonda del saper usare bene la parola.
Metto qui insieme alcune delle affermazioni di Don Milani a questo proposito.
Sottolinea, per esempio che ciò che serve è “il dominio sulla parola. Sulla parola altrui per afferrarne l’intima essenza e i confini precisi, sulla propria perché esprima senza sforzo e senza tradire le infinite ricchezze che la mente racchiude”. (Cesari, p. 197)
Si scaglia poi contro la dissociazione tra parole dette e parole scritte, per cui la scrittura è “una specie di scienza pura senza possibilità di applicazioni pratiche”.
Perché si può “pretendere che le parole corrispondano al pensiero, che costruiscano cose, che trasformino situazioni, persone, idee, usanze, turbino equilibri secolari” (Cesari, p. 262).
Ma il capolavoro forse sta nel metodo di scrittura collettiva che Don Milani mette a punto, 7 fasi che partono dalla composizione libera, passano dal confronto articolato di ciò che ciascuno scrive e arrivano alla revisione frase per frase per giungere a una formulazione essenziale.
I principi su cui si fonda sono tre:
“1. Completare e semplificare, cercare quel che di rilevante non si è ancora detto; 2. Dire col minimo dei mezzi, indovinare la reazione del lettore; 3. Eliminare le ripetizioni, le cacofonie, gli attributi e le relative non restrittive, i periodi troppo lunghi, domandarsi all’infinito se un dato concetto è vero, se è nel suo giusto valore gerarchico, se è essenziale, se il destinatario avrà gli elementi per comprenderlo, se provocherà malintesi”.
E fu così che i suoi ragazzi, e tra questi principalmente otto compresi tra i 14 e i 18 anni, scrissero Lettera a una professoressa, un capolavoro di letteratura pedagogica e direi anche Politica.
Non lo posso richiamare sempre, quando sono con avvocati, medici, professionisti, tecnici, studenti, per aiutarli a scrivere chiaro e semplice. Ma nel cuore sempre ce l’ho e mi dà forse la motivazione più forte. Scrivere per gli altri è sempre un atto responsabilità, di cittadinanza, di umanità.
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- On 27 Maggio 2023