
Viva l’Italia(no)
Riflessione sulla lingua e sui comportamenti
di Gabriella Rinaldi
Buongiorno Italia
“Buongiorno Italia con i tuoi artisti,
con troppa America nei manifesti […]”
Lo cantava quell’italiano vero di Toto Cutugno nel 1983, giusto qualche mese dopo quelle Notti magiche dei mondiali del 1982. Chi se lo dimentica? Tutti abbracciati, fieri di essere italiani.
Si stava bene allora, vero? Sicuramente si stava meglio, anche se per certi aspetti stavamo peggio eh! Mica oggi, che come fai sbagli. Ci sono tante cose che ci hanno rovinati, ma se dovessi dirne una su tutte, quella è il politically correct.
È incredibile: non si può dire più niente! Credimi, nulla! Ché poi uno mica vuole offendere, alcune cose sono semplicemente sempre state così. Che fai? Stravolgi la lingua? Per cosa poi? (maledetto femminismo)
A parte che a volte si scherza e qui mi sembra si sia perso proprio il senso dell’umorismo. Capisco che la crisi ci ha cambiati, ma così mi sembra davvero esagerato.
Vediamo:
Fare un fischio di apprezzamento per strada?
Attento che poi ti si scagliano contro frotte di femministe che urlano al catcalling (mica capisco perché lo dicono in inglese. Sarà per darsi un tono e sembrare meno frustrate?)
Un’occhiatina alle forme di una donna? Oh, che poi io gli occhi ce li ho per guardare le cose belle.
Macché, parte la denuncia.
Parlare al maschile?
Non si può più!
Prendere in giro gli amici chiamandoli fr*** e simili?
Ennò, sono diventati tutti sensibili.
Parlare mentre una donna sta parlando, giusto per farle capire che non è come dice lei?
Senti questa, è bella: l’hanno chiamata mansplaining (sempre in inglese).
Chiamare handicappate le persone con i problemi?
No, no no. Sono persone disabili, per carità.
Pronto? Ma che vi prende? Sono solo parole.
Ci credo che non si capisce più niente. Linguaggi inclusivi, famiglie arcobaleno, LGBTeccetera. Lo vedete che stanno solo spostando la nostra attenzione dai problemi veri?
Ai miei tempi – ti racconto queste cose per farti capire la differenza – non perdevamo tanto tempo, eravamo più concreti. Oggi voi giovani vi perdete in un bicchier d’acqua, siete fragili. Vi hanno messo in testa un sacco di idee sbagliate, le leggete su internet di solito.
Per questo avete bisogno di andare a raccontare i fatti vostri allo psicologo, per questo state ancora a casa di mamma e papà. Noi siamo venuti su a “mazz e panell” e mi sembra proprio che siamo venuti su bene. Almeno non abbiamo questa frenesia di spendere soldi per raccontare le nostre cose private a qualcuno.
Come vi aveva chiamati quel ministro? Bamboccioni, ecco. Mi dispiace dirlo, ma aveva ragione. Avete studiato tanto, avete avuto tutto, siete andati pure in giro per il mondo e vi siete messi strane idee in testa.
Quando ero giovane io si andava subito a lavorare. Era faticoso, certo, mi sarebbe piaciuto avere tutto pagato da mamma e papà, ma vuoi mettere con la soddisfazione di portare a casa la pagnotta, fare subito dei figli, avere una casa tua? Tua moglie ti aspettava a casa e tu la sera dovevi solo riposarti. Almeno i ruoli erano precisi ed era decisamente meglio. Dai, ammettilo!
Ora la famiglia dov’è? Due padri, due madri. Te lo dico io cosa ci vuole per venire su sani e forti: un padre e una madre. Punto.
Si chiama crisi dei valori, e noi ce la siamo beccata in piena fronte.
Degli immigrati manco parlo che ci sarebbe tutto un altro discorso da farti e proprio non ho voglia oggi di farmi partire l’embolo. Ché se penso a certe proposte assurde per aiutare questi. E a noi? Chi ci aiuta?
Ah ma se ci fosse qualcuno a metterci in riga…solo così ci ricorderemmo i valori buoni dell’Italia. Quelli di una volta. Quelli di prima dell’euro, dell’Unione Europea, della globalizzazione e di tutte queste cose che mi fanno venire la nausea.
Eravamo felici allora, posso dirlo! Eravamo proprio felici. Poi abbiamo perso la nostra identità, anche da quando abbiamo iniziato a usare l’inglese per ogni cosa e, diciamocelo, manco sappiamo che significano la metà delle parole che usiamo.
L’italiano è la lingua più bella e tra le più studiate del mondo – dati alla mano – e noi la barattiamo con l’inglese? Sveglia! Così l’italiano scompare e noi insieme a lui!
È tempo di difendere l’uso corretto della lingua. Le parole sono importanti.
E chi non la pensa così va severamente punito!
Io dico NO a:
- usare l’inglese per i ruoli aziendali
- esagerare coi forestierismi (perché dobbiamo chiamarlo marketing, per esempio?)
- insegnare in inglese nelle università (se vieni da fuori ti arrangi!)
Finalmente qualcuno se n’è accorto e ha dato il giusto peso alla questione. La crisi dei valori passa anche di qua, quindi io dico GRAZIE al ministero del Made in Italy. Grazie per aver dato voce agli italiani, a quelli che riconoscono davvero il valore di questo paese.
Non è un caso se avete scelto di chiamare così questo ministero, immagino. Made in Italy è un brand, ops, un marchio famoso in tutto il mondo per un motivo, anzi 3:
- pizza e buon cibo
- gente onesta
- politici moralmente ed eticamente irreprensibili
Riprendiamoci ciò che è nostro!
Note finali
Lettrice, lettore,
mi preme dirti che la situazione che hai letto è inventata di sana pianta, ispirata dai fatti di cronaca relativi all’iniziativa di tutelare la lingua italiana con una proposta di legge strutturata in 8 punti.
Tutto quanto hai letto è il frutto di luoghi comuni appuntati su un taccuino, misti a pensieri sparsi e situazioni di vita vera vissute qua e là. Le esagerazioni, se ti è capitato di leggerne, sono il frutto della fantasia, o forse dell’ingenuità di una persona con le braccia troppo piccole per abbracciare il mondo così com’è.
Questo riguarda la lingua, ma anche i comportamenti che influenzano gli usi e i pensieri.
Sull’uso-abuso dell’inglese raccontiamo anche noi di Palestra della scrittura, con l’intento di semplificare e ridurre l’uso di espressioni vuote d’inciampo per chi ci legge o ci ascolta.
Tra l’altro non crediamo che l’italiano stia scomparendo e che “non si possa dire più niente”. Al contrario, pensiamo che la nostra lingua sia viva e vibrante, come testimoniato anche dai temi che accendono i dibattiti e le colonne dei quotidiani nazionali. Sono i numerosi tentativi di semplificazione del linguaggio burocratico e i tanti sforzi per rendere più gentile e inclusiva la comunicazione.
Si può dire molto di più, con molte più parole, in qualsiasi contesto. Lo vediamo, lo sperimentiamo ogni giorno.
Ci vuole pazienza, gentilezza e una buona dose empatia.
E comunque sì, viva l’Italia:
L’Italia liberata
L’Italia del valzer e l’Italia del caffè
L’Italia derubata e colpita al cuore
Viva l’Italia
L’Italia che non muore
Viva l’Italia presa a tradimento
L’Italia assassinata dai giornali e dal cemento
L’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura
Viva l’Italia, l’Italia che non ha paura
Viva l’Italia
L’Italia che è in mezzo al mare
L’Italia dimenticata e l’Italia da dimenticare
L’Italia metà giardino e metà galera
Viva l’Italia
L’Italia tutta intera
Viva l’Italia
L’Italia che lavora
L’Italia che si dispera e l’Italia che s’innamora
L’Italia metà dovere e metà fortuna
Viva l’Italia
L’Italia sulla luna
Viva l’Italia
L’Italia del 12 dicembre
L’Italia con le bandiere
L’Italia nuda come sempre
L’Italia con gli occhi aperti nella notte triste
Viva l’Italia
L’Italia che resiste
- On 4 Aprile 2023