Il cliente educato ha sempre ragione
di Alessandro Lucchini
Piccole storie di ordinaria cafoneria.
Il cliente non ha sempre ragione. Ha sempre ragione solo il cliente educato.
Pausa pranzo, Milano, pizzeria. Proprietari cinesi, pizzaiolo maghrebino, cameriera nera come il carbone, di una bellezza che fatico a guardare la lista, passo da gazzella e sorriso dolcissimo. La pizza arriva in cinque minuti, buonissima. Masticando, penso alla mattina trascorsa: come ho gestito il ritmo in aula? e gli sguardi diffidenti? e le domande? e le obiezioni? e poi, riuscirò a rispondere entro sera alle decine di mail arretrate? e quelle due telefonate rognose?
Finisco, vado a pagare. Accanto alla cassa, mi attrae un cartello che dice:
«Il cliente ha sempre ragione è un concetto inventato da un cliente. Ha ragione chi è educato, cortese e comprensivo nei confronti di chiunque stia svolgendo un lavoro nel quale il cliente non è competente. Perché dopo 12 ore passate a sorridere, spiegare, ascoltare, rispondere al telefono, rispondere alle mail, tentare ancora di lavorare mentre lo stato fa di tutto per farti chiudere 7 giorni su 7, alla fine della giornata un vaffanculo non si nega a nessuno.»
Sorrido. E medito: com’è che si arriva a giustificare una cafoneria, anche se come risposta alla cafoneria altrui? E poi: chi sono quei “chiunque stia svolgendo un lavoro nel quale il cliente non è competente”? Quasi tutti. Mica solo i medici, verso i quali siamo tutti in inferiorità cognitiva e psicologica. O i giudici, cui la toga conferisce autorità. Anche chi ci ripara il computer, o la lavatrice, l’automobile, chi ci progetta un software, chi produce il telefonino. Chi ci cucina la pizza, appunto (tutti sempre pronti a sentenziare: troppo molle, troppo secca, poco cotta, lievitata male, bruciata, pomodoro sa di niente, mozzarella così così).
E mi tornano in mente le storie di maleducazione registrate in varie occasioni. Non solo i racchettoni sul bagnasciuga, la musica alta nei bar, quelli che non si alzano dal tavolo del ristorante anche se han finito da un pezzo e tu sei lì che aspetti, quelli che stan seduti sul tram e non vedono gli anziani affaticati, quelli che lasciano i cani liberi di imbrattare i giardini.
Parlo del contesto specifico citato dal cartello: il pretendere di insegnare a chi lavora come deve fare il suo mestiere. Trovi un sacco di gente espertissima su come si servono i panini, come si cucina il capriolo con la polenta, come si affittano i gommoni, come si tinteggia una parete, come si scrive un articolo, come si tratta con un rapitore, come si opera un aneurisma. Mai fatto altro nella vita, stando alla loro spocchia.
Il punto più alto è stato un pomeriggio in un pronto soccorso. Va beh, lì si può capire: l’ansia.
– Fate passare prima gli stranieri!
– Vi siete dimenticati di me!
– Cosa state aspettando?!?
– Dategli almeno un antidolorifico!
– Ha bisogno urgente di un elettrocardiogramma!
– Ma non vede che sta male?
– Sbrigatevi a fare qualcosa!
– Mi chiami un responsabile!
– Vi denuncio a Striscia la notizia!
– Chiamo i carabinieri!
– Io pago le tasse!
– Sono io che ti pago lo stipendio!»
Ho un sogno (sarà che l’uscita di Futuro anteriore invita a esprimere desideri): da oggi, all’ingresso di ogni locale pubblico (sì, anche il pronto soccorso) firmo una “carta del cliente”, un atto che m’impegna a comportarmi in modo educato e rispettoso di chi sta lì e si fa un mazzo tanto per darmi quello che mi serve, come e quando mi serve.
- On 31 Gennaio 2016