
Accordo e go-kart
Lezioni di accordo, sul go-kart
di Mattia Livraghi
È un accostamento poco convenzionale. Si parla di accordo nelle relazioni, nel linguaggio, nella musica, nella pittura, nell’architettura, nelle telecomunicazioni, in fisica, in economia, in politica. E chi più ne ha più ne metta. Sicuramente “accordo” è una parola universale e trasversale. Cosa potrà mai c’entrare, però, con il go-kart? E come si può imparare l’accordo al volante di un veicolo così?
Le radici del kart, nell’accordo
Un veicolo a quattro ruote di piccole dimensioni, composto da un telaio tubolare e privo di sospensioni. Viene utilizzato per competizioni su pista ed è il protagonista dello sport del karting, che risiede alla base della piramide del motorsport. La porta d’ingresso. La scuola. I suoi insegnamenti vanno ben oltre la guida pura, la gestione di un mezzo da corsa e di una gara automobilistica. Sa essere un maestro di vita e, appunto, dell’arte dell’accordo.
Basti pensare che la prima dimensione dell’accordo nel go-kart si ritrova nel nome stesso del veicolo: “go”, di “andare”, e “kart”, di carro. Andare con il carro. È fondamentale accordarsi per viaggiare insieme. Nella stessa direzione. Con il medesimo obiettivo. È importante ascoltarsi per cogliere le rispettive necessità. E il kart è persino nato da un accordo, a sua volta frutto di un desiderio: “Come posso creare qualcosa di accessibile per persone che vogliono provare l’eccitazione della guida veloce?”. Corre il 1956 e negli Stati Uniti d’America Art Ingels, un dipendente di un costruttore americano di macchine da corsa, si pone questa domanda. Alla ricerca di un accordo tra ciò che si desidera e ciò che non ci si può permettere.
Il motorsport vanta già una discreta popolarità in America, soprattutto perché, al rientro dalla Seconda Guerra Mondiale, molti soldati gareggiano. Lo fanno principalmente a bordo delle loro macchine da corsa inglesi, ma la pratica diventa ben presto troppo costosa. Interviene una buona dose di sana fortuna e si presentano i primi termini dell’accordo che cerca Ingels: l’azienda McCulloch sta buttando via più di 10.000 motori di tagliaerba West Bend ormai obsoleti a causa di un problema tecnico.
Ingels ne approfitta, utilizzandone uno per produrre il primo go-kart della storia, che poi guida in un parcheggio vicino alla sua città natale. Questo piccolo mezzo si rivela una calamita per il pubblico e l’entusiasmo si fa subito sentire, tanto che si sparge rapidamente la voce e in molti imitano Ingels, realizzando i propri go-kart. Si assiste poi alla costruzione delle piste e vengono così serviti i primi ingredienti per cucinare l’antipasto del karting. Un accordo tra sogni e realtà.
Il punto di corda
Una volta raggiunto questo accordo iniziale, il karting si contraddistingue immediatamente per la composizione di altri accordi. Io sono un pilota di go-kart e sono cresciuto alla ricerca del punto di corda. Quella specifica porzione del circuito dove tu devi trovarti, più o meno al centro della curva, per percorrere quella curva nel minor tempo possibile. Semplice da dire, ma molto più difficile da fare. Perché oltre a identificarlo, che già di per sé può tramutarsi in una sfida ardua, devi portare il tuo mezzo proprio lì. Non sei solo tu con il tuo corpo. Ci sono quattro ruote e un motore montati su una serie di tubi saldati assieme, che scorrono insieme a te sull’asfalto. E bisogna accordarsi per arrivare a quel punto di corda.
Sì, potrà sembrare assurdo, ma è un accordo tra pilota e go-kart. Anche lui ha le sue esigenze. Le sue richieste. Le sue reazioni. A volte tu gli chiederai qualcosa e sarà troppo, in quell’istante. Dunque, ti troverai lontano dal punto di corda, perché andrai a scivolare verso l’esterno. Altre volte chiederai meno di ciò che ti può dare e quindi finirai per pizzicare il cordolo interno, mentre dovresti evitare di anticipare l’ingresso in curva fino a tal punto. Poi capiterà di accelerare al momento sbagliato e di conseguenza lui inizierà a saltare come una cavalletta, portandoti sempre lontano da quel punto di corda.
Per arrivare al punto di corda, è necessario accordarsi, appunto. Proprio come va accordata una chitarra per ottenere il suono desiderato. E talvolta è anche indispensabile saper sacrificare, o disinnescare. Sacrificare l’ingresso in curva, entrando un po’ più delicatamente, per poi centrare il punto di corda e uscire più veloce. Disinnescare la foga o la rabbia che sfocia nell’esagerazione e induce all’errore. Per quanto appaia come un paradosso, un pilota deve essere in grado di riconoscere quando è il momento di andare piano per andare più forte. Spesso se lo sente dire dal proprio meccanico. Perché è una questione di accordo, di equilibrio. “È tutto un equilibrio sopra la follia”, canta Vasco. Un equilibrio tra la pista, la macchina e l’essere umano. Tra ciò che fa il pilota con i piedi, con l’acceleratore e con il freno, così come con le mani sul volante, con tutto il suo corpo. E il mezzo. Tra il motore e il telaio, tra le gomme e i tubi, tra l’anteriore e il posteriore.
Sottosterzo e sovrasterzo
Quando l’anteriore e il posteriore sono in disaccordo, sorgono le complicazioni. Le più comuni sono note come sottosterzo e sovrasterzo. Nel primo caso, c’è un anteriore che potrebbe essere definito “debole”. Fatica ad adempiere al suo compito di far voltare il go-kart in curva, complice anche un posteriore molto “prepotente”, che sembra “spingere” il go-kart e impedirgli di girare correttamente. Il pilota è così costretto a insistere nell’aumentare l’angolo di sterzo per curvare. Nel secondo caso, invece, l’anteriore è estremamente incisivo e preciso, mentre il posteriore risulta più “leggero” e “instabile”. Dunque, il pilota deve ricorrere a una diminuzione dell’angolo di sterzo, perché il go-kart, essendo estremamente reattivo, volta subito in curva ed è sensibile ai movimenti dello sterzo. Tuttavia, la “coda” del veicolo tende a essere ballerina e a “spazzolare”, tanto da presentare il rischio di un controsterzo o addirittura di un testacoda.
Che sia sottosterzo o sovrasterzo, si assiste a una discordanza. È quindi improbabile riuscire a raggiungere il punto di corda e la velocità di percorrenza in curva ne risente. Per fornire un’immagine emblematica della disarmonia causata dalla discordia tra l’anteriore e il posteriore di un mezzo da corsa, è utile citare l’ex pilota tedesco e due volte campione del mondo di rally Walter Röhrl: “Quando vedi l’albero che stai per centrare, quello è sottosterzo. Quando senti il colpo senza vedere l’albero, quello è sovrasterzo”.
L’albero va chiaramente evitato. Si evita se, proprio come spiega Alessandro Lucchini quando viaggia dentro la parola “accordo”, ci si mette di fianco a chi condivide la strada con noi, per visualizzare insieme l’obiettivo comune che risiede di fronte e che va raggiunto congiuntamente. Superando gli ostacoli, uniti. Si aspira quindi a una forma di equilibrio. Ciononostante, l’ex pilota italoamericano e campione del mondo di Formula 1 Mario Andretti sostiene un’idea in merito, ampiamente condivisa nel motorsport: “Se hai tutto sotto controllo, significa che non stai andando abbastanza veloce”.
Un passo a due
È un accordo tra le antitesi, richiamando l’insegnamento del “Devi andare piano per andare forte”. Tra pulizia di guida e irruenza. Tra dolcezza e aggressività. Tra bilanciamento e vertigini. L’accordo va cercato proprio nel baricentro del corpo. I suoi movimenti devono andare d’accordo con i movimenti del go-kart, confluendo in un ballo coordinato. Come un passo a due. Il punto d’incontro tra macchina ed essere umano deve essere azzeccato e armonico per estrapolare il massimo della performance. Ed è possibile percorrere strade diverse per giungere all’accordo, ad esempio modificando la posizione del sedile. Nel gergo kartistico, il pilota viene anche definito la guarnizione tra il sedile e il volante, o tra il volante e i pedali. Perché si crea una fusione tra la persona e il veicolo che questa persona guida.
La guida implica la fase conclusiva del metodo CRG. Viene preceduta dalla calibrazione e dal ricalco. Sono necessari entrambi gli stadi per condurre un go-kart. Bisogna adattarsi al comportamento del mezzo, frutto dell’unione tra le gomme, il motore, il telaio e le sue componenti. Ogni parte ha un impatto sul tutto. E si ricerca l’accordo tra tutte le parti, per raggiungere insieme il risultato migliore. Perché è proprio quando esiste sinergia tra le parti che l’accordo diventa vincente.
Il go-kart richiede anche altri accordi, che esulano dal rapporto tra essere umano e macchina. Si tratta dell’accordo tra paura e coraggio. Tra disciplina e sregolatezza. Tra lucidità e follia. Tra razionalità e istinto. Rimasi colpito quando il padre di un mio amico pilota commentò il valore del karting nell’insegnare a prendere una decisione importante, come quella di compiere un sorpasso, in una frazione di secondo. Si tratta sempre di accordi. Di accordi con i limiti. Persino di accordi con il tempo, che a me sembra sempre scorrere diversamente quando indosso il casco. Perché entro in una dimensione parallela, che altera la mia percezione del tempo e dello spazio. E proprio in questa dimensione arrivo ad accordi che nella vita quotidiana sono inimmaginabili.
Il rapport con il kart, a suon di CRG
Riprendendo il metodo CRG e il cosiddetto rapport, un rapporto di fiducia è alla base di tutti questi accordi e della guida di un go-kart. È essenziale fidarsi del proprio veicolo per spingersi al limite insieme. E, ancora, aprirsi all’ascolto. Con tutto il corpo. Cogliere i segnali trasmessi da un mezzo meccanico. Che comunica con il suo linguaggio. Perché l’accordo va ricercato anche nel motore. L’accordo tra la miscela e l’aria. Come nel caso del sottosterzo e del sovrasterzo, possono sorgere diverse complicazioni se la miscela e l’aria entrano in discordia.
Occorre quindi avere empatia per sentire il go-kart. Per guidarlo. Per correre veloce verso il traguardo, verso un sogno condiviso. D’altronde, il go-kart parla con i suoi sistemi rappresentazionali. È fondamentale conoscerli per comunicare efficacemente insieme a una creatura che ha così tanto da esprimere. Inoltre, per raggiungere l’accordo, è consigliabile aprire il proprio cuore. E toccare quello di chi sta tessendo un rapporto con noi. Il cuore del pilota può battere all’unisono con il rombo del motore.
Sì, anche un go-kart ha un’anima. E sa persino insegnare l’arte dell’accordo.
Mattia Livraghi
Milanese 1999, kartista dal 2008. Dal sogno di diventare pilota di F1 all’obiettivo di comunicare e promuovere il motorsport. Laurea in Relazioni pubbliche e comunicazione d’impresa, collabora con la rivisita di riferimento nel mondo del karting.
- On 7 Febbraio 2023