Le ho mai raccontato del vento del Nord, di Daniel Glattauer
di Chiara Lucchini
Tutto inizia con un’e-mail all’indirizzo sbagliato. Romanzo epistolare dell’era di Internet, Le ho mai raccontato del vento del Nord di Daniel Glattauer racconta la corrispondenza tra due sconosciuti che si avvicinano attraverso la scrittura. Possibile che dallo scambio quotidiano di e-mail con una persona mai vista possano nascere dei sentimenti? Possibile che ci si possa addirittura innamorare? E un rapporto di questo tipo, un legame virtuale, potrà sopravvivere a un vero incontro?
È già tornato dal teatro? Non riesco a dormire, stasera. Le ho mai raccontato del vento del Nord? Quando tengo la finestra aperta è insopportabile. Sarebbe bello se mi scrivesse qualche altra parola. Anche solo: “Allora chiuda la finestra”. Al che ribatterei: Con la finestra chiusa non riesco a dormire.
Un’e-mail all’indirizzo sbagliato. Emmi Rothner voleva solo disdire l’abbonamento alla rivista Like, e invece scrive a Leo Leike. Lui le risponde chiarendo l’equivoco, e le augura “Buon Natale e Felice Anno Nuovo”.
Sarebbe potuta finire lì, la loro conversazione, se non fosse che Emmi commenta: «Se le viene in mente una formula più originale di “Buon Natale e Felice Anno Nuovo” per augurare “Buon Natale e Felice Anno Nuovo”, non se la tenga per sé.»
Poi gli spiega di avere un problema ciclico con l’”ei”: in certi giorni mette sempre una “e” davanti alla “i”. Per questo ha scritto al signor Leike invece che alla rivista Like. Dodici righe per spiegare questo “problema ciclico”.
Lui, incuriosito, le fa una domanda: «Quanto tempo ha impiegato a scrivere l’e-mail sul suo problema ciclico?»
Domanda strana. Le fa anche notare che scrive e-mail piene di punti elenco. Leo Leike è consulente di comunicazione e assistente universitario di psicolinguistica: sta studiando l’influsso delle e-mail sull’uso del linguaggio e le e-mail come veicolo di emozioni.
I due continuano a parlare, a studiarsi l’un l’altra. Non senza giudizi. Dopo pochi giorni di conversazione, lui commenta le sue e-mail deducendo come lei parla e addirittura come pensa, usando espressioni come “Avrei messo la mano sul fuoco che…”.
Fino a questo punto i due sanno solo che lavoro fa l’altro: lui si occupa di psicolinguistica, lei di siti internet.
Per il resto, lasciano che l’altro lavori di immaginazione. Lui scrive un’e-mail fiume in cui ipotizza quanti anni lei abbia e che numero di scarpe porta. Lei non gli dà conferma alle sue supposizioni sull’età, gli dice solo che sul numero di scarpe era andato vicino.
Immaginazione. «Cara Emmi, si è resa conto che non sappiamo niente l’uno dell’altra? Che ci stiamo inventando un personaggio virtuale dall’identikit immaginario? Facciamo domande affascinanti proprio perché non diamo le risposte. Sì, ci divertiamo a stuzzicare e a eccitare la curiosità dell’altro, ma siamo categorici nel rifiutarci di soddisfarla. Cerchiamo di leggere tra le righe, tra le parole, a momenti tra le singole lettere. Tentiamo disperatamente di capire con chi abbiamo a che fare. E al tempo stesso, stiamo ben attenti a non rivelare “niente di sostanziale” su di noi.», le scrive un giorno Leo.
E conclude l’e-mail chiedendole: «Vuole ancora che le scriva?»
La risposta è molto chiara. In maiuscolo, piena di punti esclamativi: «Sì, VOGLIO!!!! LE E-MAIL DI LEO! E-MAIL DI LEO! E-MAIL DI LEO! PER FAVORE! SONO DROGATA DI E-MAIL DI LEO!».
“Drogata”, si definisce lei. Come aveva notato Leo, le e-mail di Emmi lasciano senza fiato, a tratti sono un po’ inquiete. Ma che significa “drogata”? In cosa si sta trasformando questa corrispondenza, questo scambio virtuale quotidiano?
Emmi si rende conto che la situazione sta diventando pericolosa, e scrive: «Buongiorno! È così che inizia una bella giornata, Leo! Apro la casella di posta e trovo ad aspettarmi un’e-mail di Leo Leike. Ieri: pessima giornata. Niente e-mail di Leo. Nemmeno l’ombra. Zero assoluto. Neanche un pizzico di Leo. Che razza di giornata poteva essere?
Leo, mi ascolti: credo che dovremmo darci un taglio. Comincio a dipendere da lei.»
Ovviamente la corrispondenza va avanti. Lei dice di essere “drogata” di e-mail di Leo e di cominciare a “dipendere” da lui. Dalle dipendenze non si esce facilmente, non basta prendere la decisione di smettere.
Ma che cosa cerca Emmi in questo rapporto? Che cosa le manca nella sua vita?
Apparentemente niente. Un giorno, lui infrange le regole del gioco e le racconta un po’ della sua vita privata: reduce da un fallimento sentimentale, ha ancora in testa la ex fidanzata, Marlene. In questo scambio, lei è costretta ad ammettere di essere sposata. Felicemente sposata: con il marito ha un rapporto che definisce “fantastico e armonioso”, e hanno due figli. Ma preferisce non parlarne.
Ma allora, che cosa cerca dalle e-mail di Leo?
Un giorno Emmi prova a spiegarglielo: «Voglio dirglielo, è da tempo che non avevo uno scambio di sentimenti così intenso come il nostro. La maggior parte delle volte mi stupisco io stessa che sia possibile. Nelle e-mail che le scrivo posso essere la vera Emmi, che altrimenti non sono. Nella “vita reale”, se vuoi riuscire, se vuoi resistere a lungo, devi sempre arrivare a un compromesso con la tua emotività. (…)
Con lei, caro Leo, non ho paura di comportarmi in modo spontaneo, per come sono davvero. Non sto a pensare che cosa si aspetta o non si aspetta da me. Le scrivo liberamente, nient’altro. E mi fa sentire così bene!!! E questa è opera sua, caro Leo, perciò non posso rinunciare a lei: lei mi accetta per quella che sono. A volte mi frena, alcune cose le ignora, altre non le manda giù. Ma la perseveranza con cui mi resta accanto è la dimostrazione che posso essere me stessa.»
Leo le aveva scritto, giorni prima: «Lei è come una seconda voce dentro di me che mi accompagna durante la giornata. Ha trasformato il mio monologo interiore in un dialogo. Arricchisce la mia vita interiore. Mette in discussione, insiste, parodia, entra in conflitto con me. Le sono grato per il suo umorismo, il fascino, la vitalità, sì persino per le sue “cose di cattivo gusto”.»
La situazione è analoga a quella del film C’è posta per te. Nel film i due non si conoscono, si scambiano e-mail e quell’appuntamento diventa un rito: è bello accendere il computer e leggere “You’ve got mail”. Fino a quando uno dei due chiede: “Pensa che dovremmo incontrarci?”.
In Le ho mai raccontato del vento del Nord, il presupposto da cui Emmi e Leo partono, all’inizio della loro corrispondenza, è: “Probabilmente non ci vedremo mai”. I due concordano.
Ma entrambi diventano presto per l’altro la prima persona a cui dire “buongiorno” al mattino, e l’ultima a cui dire “buonanotte” la sera. Come non avere la curiosità di sapere che aspetto ha l’altro, com’è il suo viso, com’è la sua voce?
È soprattutto Emmi che insiste per incontrarsi. Leo confessa che Emmi gli interessa “da matti”, però sa anche quanto sia assurdo il suo interesse: non sopravviverebbe mai a un incontro.
E le spiega perché non possono incontrarsi: «Emmi: noi due partiamo dal traguardo, e non abbiamo che una strada: tornare indietro. Ci avviamo a un grande disinganno. Non possiamo vivere quello che scriviamo. Non possiamo sostituire le tante immagini con cui ognuno di noi raffigura l’altro.» Fino a quel momento è stata tutta immaginazione: incontrarsi sarebbe una delusione. Lui si è creato una “Emmi fai-da-te”. Lei ha fatto altrettanto con lui. Molto meglio conservare l’immagine che si sono costruiti l’uno dell’altro: perché sciogliere l’incantesimo? Che bisogno c’è di smitizzare e sgualcire quell’immagine?
Lei, invece, vuole guardare negli occhi il suo confidente elettronico. Lo accusa di essere “Uno che ha una paura matta degli incontri veri. Che deve costruirsi mondi immaginari perché non sa cavarsela in quello concreto, reale, da vivere e toccare con mano.”
Emmi vuole uscire dal mondo immaginario, e scrive: «Lei mi ha sempre scritto della “Emmi della sua fantasia”. Forse io sono un po’ meno pronta ad accontentarmi di un “Leo inventato”, alla lunga soltanto a immaginare qualcuno che mi piace tanto. Deve essere di carne, sangue e simili. E deve poter sostenere un incontro con me. Non siamo ancora arrivati fino a questo punto. Però sento che tramite il mezzo della scrittura possiamo avvicinarci sempre più al nostro incontro. Fino a che, di colpo, non ci ritroveremo l’uno di fronte all’altra. O seduti di fronte. O in ginocchio. Non importa.»
E soprattutto, si incontreranno mai?
- On 11 Luglio 2018