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Alfabeto del business writer

di Alessandro Lucchini

Scrivere: non dote di natura, ma tecnica che si può imparare

Scrivere: competenza indispensabile per il professionista di comunicazione, attività trasversale, quotidiana e pervasiva, che sostiene l’identità di un’impresa con un’articolata rete di strumenti.

Il mio scopo, in queste righe, è quello di offrire alcuni spunti per acquisire un’adeguata capacità di gestione e di controllo di quegli strumenti, e non solo ai “naturalmente dotati”, a coloro che scrivono volentieri e senza troppa fatica, ma anche a coloro che a scuola non hanno imparato ad amare la scrittura.
“Non sono mai stato forte in italiano. Scrivere non è il mio mestiere”. Molti sono fermi a questo pensiero. È possibile che a scuola non abbiano imparato a scrivere; non per questo devono rinunciarvi per tutta la vita.
Ho pensato di riassumerli, quegli spunti, in un alfabeto.

Allenamento. Nulla die sine linea, diceva Plinio il Vecchio. Neanche un giorno senza scrivere una riga. Come nello sport, o nella musica, più del genio conta la disciplina. Più si scrive, meglio si scrive. Appunti di viaggi, d’incontri, racconti, canzoni, poesie, diari. Sempre con umiltà: diceva Hemingway, dopo una vita sulla tastiera, “We are all apprentices”, siamo tutti principianti.

Business writing. È la definizione più completa della scrittura di lavoro, che mette in luce la specificità di una competenza necessaria in ogni professione: se la scrittura è semplice ed efficace – e, perché no?, piacevole – si comunica meglio con collaboratori, clienti, stampa.

Creatività. Anche questa è una dote migliorabile con la tecnica e con l’esercizio, ben oltre il patrimonio di natura. Chi scrive per lavoro deve coltivarla continuamente, per non rassegnarsi a veder finire i propri sforzi nel cestino.

Dizionario. Amico fidato di chi scrive. Dizionario d’italiano, d’inglese, dei sinonimi e dei contrari, raccolte di citazioni, proverbi, frasi celebri. Va usato non solo a scopo terapeutico, per trovare il significato oscuro, ma a scopo creativo, curiosandoci dentro come in un supermarket delle idee. Passarci su qualche mezz’ora, come un romanzo, magari scrivendo a margine i propri pensieri, dà risultati sorprendenti.

E-writing. Ovvero: scrivere per Internet: e-mail, siti web, intranet, portali, e gli altri strumenti della scrittura online. È un’evoluzione entusiasmante per ogni scrittore, sana palestra che aiuta a eliminare i vizi più diffusi (prolissità, noia, formalismi), e che abitua a uno stile semplice, diretto, coinvolgente, con grandi benefici di ritorno anche nella tradizionale scrittura su carta.

Fasi della scrittura. Progettazione-redazione-revisione. O, all’americana: pre-writing, free-writing, re-writing. Spesso confondiamo le tre fasi della scrittura: stiamo elaborando le idee e già vogliamo scrivere frasi complete e fluide; stiamo buttando giù il testo e già cerchiamo di correggerlo. Teniamole ben separate, invece: otterremo risultati migliori, risparmiando tempo.

Governo. Pur eliminando i formalismi, è fondamentale il “governo” della scrittura, ossia la coerenza di ogni forma di comunicazione scritta con l’identità e lo stile che l’impresa si è data. Il marchio e il manuale di corporate identity sono i capisaldi di questa coerenza.

High touch. Nell’era dell’high tech, chi scrive deve riscoprire l’high touch, il contatto umano, in particolare il valore delle emozioni: la sua personalità di scrittore è determinata più dalla sfera emotiva che da quella razionale.

Imitare. Nel senso letterale: copiare i grandi scrittori, anche in modo un po’ goffo, all’inizio, senza timore di essere ridicoli. Scegliersi dei buoni maestri, insomma, e seguire le loro orme. Poi staccarsene, e cercare la propria strada, per costruire il proprio stile. Anche qui, senza timore.

Jeans. I jeans sono nati in Italia. Fabbricati a Genova (si chiamavano “blu genes”, ossia stoffa blu di Genova), sono stati poi esportati negli Usa. Un caso? Forse no. È un italiano a scoprire l’America; un altro italiano a darle il nome… I legami tra Italia e America sono molti e antichi. Val la pena di scoprirli, anche nello scrivere: conviene studiare le tecniche americane, così dirette ed efficaci, arricchendole con la profondità della cultura italiana.

KISS. Ovvero: Keep It Simple for the Stupid. Rendere il messaggio comprensibile al lettore meno arguto, mettere solo ciò che serve a chiarirlo, evitando la pomposa oscurità dell’aziendalese e i gerghi di settore. Meno fronzoli e tecnicismi mettiamo in un testo, più il lettore ce ne sarà grato.

Leggere. Suonerà banale, ma leggere resta uno dei modi più efficaci per scrivere bene. Letture professionali (quotidiani, riviste, manuali di settore…); ma soprattutto libri. Soprattutto romanzi. Accendono l’immaginazione, i sentimenti, le idee originali. La creatività nasce dalla sedimentazione, assimilazione e rielaborazione di quanto recepito dalla lettura.

Molteplicità. Quando Italo Calvino scrisse le Lezioni americane, inserì la molteplicità tra i valori guida per il nuovo millennio. Lui parlava di letteratura. Noi di scrittura professionale, ma il consiglio vale lo stesso. Molteplicità come attitudine a contaminare gli stili, evitando la fossilizzazione. Chi scrive solo relazioni di bilancio provi a sceneggiare un film; chi fa solo circolari si cimenti con un giallo. Se gli uscirà un comunicato stampa alla Agatha Christie, almeno avrà inchiodato il lettore alla sedia. Mica poco.

Nuovo! Quando leggiamo “Nuovo!”, sulla copertina di un giornale, o in una vetrina, siamo attratti a capire di più. Accade così anche nello scrivere. Dopo la disciplina e la scelta di buoni maestri, uno dei valori principali è la sperimentazione, il coraggio di provare nuove strade, dissodare terreni inesplorati, e scoprire nuove applicazioni per antiche dottrine.

Osare. Quante lettere ricordiamo, tra quelle che abbiamo ricevuto? Se banali e noiose, le dimentichiamo pochi minuti dopo averle lette. Un filo di audacia può ottenere effetti strepitosi: qualche volta, eliminare l’intestazione o i saluti, mettere la data in una posizione diversa, correre qualche rischio, insomma, cattura l’attenzione del lettore. Senza però adottare alcuno standard: se ripetitivo, il nuovo stile è presto noioso come il vecchio.

Parlare. Parlare e scrivere sembrano attitudini opposte: chi ama scrivere spesso non ama parlare. Invece abituarsi a parlare in pubblico fa bene anche allo scrittore: confrontare le proprie idee con gli altri rafforza le capacità di dialogo e di convinzione. Inoltre, avvicinare la parola parlata a quella scritta dona a quest’ultima una freschezza quasi introvabile nei manuali di letteratura: da qui il motto Write the way you speak, scrivi come parli.

Questioning. È l’arte di porre le domande per ottenere le risposte. Fondamentale per ogni comunicatore. Nella scrittura, la domanda apre la relazione con il lettore, sposta il centro dell’attenzione su di lui, lo invita a rispondere. Una domanda in apertura di una lettera, o nel post-scriptum, o nel titolo di una relazione, ottiene dal lettore attenzione e disponibilità.

Retorica. È tempo di rivalutare questa parola, che indica l’arte di parlare e scrivere chiaro e convincente. Forse si parlerà di una nuova retorica, più agile di quella classica, più consona ai generi della letteratura aziendale, che non ha orazioni o poesie, ma lettere, brochure, verbali, e-mail.

Sintesi. Forse è la dote principale del business writer, e va costantemente esercitata. Tagliare ripetizioni, incisi, parole fra parentesi o trattini, avverbi e aggettivi di troppo. Abituarsi a distinguere le parole utili da quelle inutili: si dà così più rispetto al lettore, al messaggio, e anche a se stessi.

“Thinking on paper”. “Pensare sulla carta”, è il titolo di un libro americano. Ed è un concetto chiave nella scrittura: usare carta e penna per chiarire a se stessi i propri pensieri, prima di scaraventarli, magari grezzi e sconnessi, addosso al lettore. Spesso il pensiero non precede la scrittura, l’accompagna. Meglio si usano le tecniche del “ragionamento su carta”, meglio si scrive. Scalette, clustering, questions and answers, sono strumenti utili per questo.

Umanesimo. Nella scrittura c’è l’emancipazione dall’eredità degli anni Ottanta, che ha riempito la comunicazione di account supervisor, decision maker, progetti integrati, scelte vincenti di grande impatto emotivo. Il lettore non si lascia più blandire così. È l’uomo che lavora, che comunica; che parla, se non proprio come mangia, come pensa. In sostanza, come è.

Variatio. Frasi brevi, semplici, lineari, nel business writing. Senza esagerare, però. Una frase corta può colpire il lettore, cinque di seguito lo irritano. Meglio alternare frasi corte e lunghe. E perché non una domanda? O un’esclamazione! Variatio, dicevano i latini: variazioni continue, di parole, di ritmo, di stile. Uno stile noioso rende noioso il pensiero che esprime.

Wonder. Lettera-simbolo, la w, nella scrittura: dal verbo to write alle 5 w, al www di Internet. Ma qui richiama, con wonder, il valore della meraviglia. In una libreria dell’università di Harvard c’è uno striscione che dice “To wonder is to know”: meravigliarsi è conoscere. Lo diceva già Metastasio: “la meraviglia dell’ignoranza è figlia e madre del saper”. Il concetto di meraviglia, un po’ svilito in comunicazione (potevamo stupirvi con effetti speciali), va rivalutato. Chi sa meravigliare sa farsi conoscere e apprezzare.

X. È il simbolo dell’errore. Vedi una croce su un tuo testo, e leggi subito “sbagliato”. E parte la frustrazione. Scrivere, però, è sbagliare continuamente. Solo gli errori, le approssimazioni, i tentativi, ci portano al risultato. Liberiamo l’errore dal senso di colpa, accogliamolo con favore: ci si rivelerà come la più preziosa fonte di conoscenza.

You style. Meglio scrivere al tu (prova, guarda, vedi) oppure al voi? meglio il noi confidenziale, che fa spirito di squadra, o il si impersonale? o meglio la responsabilità dell’io? Inutili le scelte di principio. Lo stile va sempre adattato all’audience. Certo, il cosiddetto you stile, quello che non teme di parlare al lettore in modo diretto, può risultare spesso più coinvolgente.

Zibaldone. Non suoneranno, queste righe, come uno zibaldone, una raccolta di buoni pensieri sullo scrivere? Il loro auspicio è un altro: invogliare a scrivere, senza pensare troppo alle regole. Nella scrittura le regole s’imparano dopo averle applicate. E solo con fatica propria.

Buon lavoro, dunque.

Il corso: Business writing

  • On 17 Ottobre 2012
Tags: filosofia
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