Qui in Palestra noi facciamo così
La presentazione del libro Due orecchie, una bocca, su ascolto e public speaking.
Milano, 27 novembre 2017
di Paolo Carmassi
«Qui ad Atene noi facciano così».
È il grido di orgoglio, di conferma del massimo impegno per il rispetto e la difesa dei propri ideali, con cui Pericle incita gli Ateniesi (431 a.C.). Un discorso che dà sempre una forte scossa emotiva.
Va bene, sì, forse esageriamo nel cercare ispirazioni 🙂 Ci viene così.
Quando abbiamo presentato all’Agorà di Milano, il 27 novembre, il nuovo libro Due orecchie, una bocca, volevamo che tutto fosse in pieno stile Palestra.
Ecco il racconto di com’è andata. > foto-racconto sul nostro Fb
Giravano sullo schermo, mentre il pubblico si accomodava, le immagini di Chuck Berry con Bruce Springsteen e la E Street Band in Johnny B Goode: quell’inconfondibile gesto del tendere l’orecchio avrebbe già dovuto dare il senso di ciò che stava per accadere.
Poi, le immagini di Stand by me, l’inno alla comunicazione, nella versione di Play for Change, artisti di strada di tutto il mondo organizzati in un’armonia molto particolare.
E poi due sigle musicali, una per ciascuno dei due temi del libro.
Già, perché la casa editrice si chiama Centopagine, ma stavolta sono duecento pagine: le prime sull’ascolto, le altre sul public speaking.
Alessandro e Marta hanno proposto Ti leggo nel pensiero di De Gregori: un riferimento alla diffusa mania di interpretare la posizione dell’altro, anziché impegnarsi nell’ascolto.
E poi Redemption song di Bob Marley, il canto della redenzione: un augurio per liberare la mente dall’ansia da public speaking.
Le più efficaci tecniche di ascolto
Alessandro ha raccontato com’è nato il libro, a partire dal talk tenuto l’anno scorso al TEDx di Trento, 7 allenamenti per un ascolto efficace. Il significato è tutto nel titolo: se gli dei ci hanno dato due orecchie e una bocca sola, diceva un filosofo, un motivo ci sarà. Eppure pensiamo che per ascoltare basti stare lì. Ascoltare a fondo l’interlocutore, invece, è una fatica.
Osserva infatti Julian Treasure, grande studioso di suono, nel suo TED 5 ways to listen better: «È un problema serio: stiamo perdendo il nostro ascolto, che è il nostro accesso alla comprensione. Un ascolto consapevole crea sempre comprensione. Un mondo dove non ci ascoltiamo a vicenda è davvero un luogo spaventoso».
Dobbiamo rassegnarci a questo cambiamento epocale, in apparenza irreversibile?
Noi crediamo che non sia così. Ci sono tecniche specifiche per allenarsi a costruire sintonia durante una conversazione, un incontro, o anche uno scontro. Per ascoltare bene occorre prepararsi, concentrarsi, sollevarsi, spostarsi. Essere disposti a cambiare.
E siccome il 7 è un numero magico in tante culture, religiose o laiche (7 giorni della settimana, 7 note della musica, 7 re e 7 colli per Roma, 7 nani per Biancaneve, 7 vizi capitali…), e siccome A.S.C.O.L.T.O. è una parola di 7 lettere, eccola comoda per costruirci sopra un allenamento in forma di acrostico, un gioco di parole e di frasi con le iniziali.
Il tempo del sentire
Dal pubblico è poi intervenuto Carlo Rinaldi, marketing leader e direttore di coro, il cui racconto fa parte delle testimonianze raccolte nel libro. Carlo ha definito l’ascolto come «il tempo del sentire». Un tempo che apparentemente stiamo perdendo. Un tempo prezioso. Ha parlato poi dell’importanza della musica, che non a caso si scrive su un tempo, la prima indicazione dopo il segno della chiave, che stabilisce la lingua con cui stiamo comunicando. Il tempo è ancora più importante del suono stesso. Perché il suono, e i silenzi, vivono grazie al tempo e nel tempo.
Nella direzione d’orchestra, nella direzione corale e sul lavoro, Carlo racconta di avere a che fare con tante persone, tutte diverse. Ognuna ha una propria partitura personale. Racconta di soffermarsi su questo quando ascolta, alla ricerca del tempo armonico. Perché tutti gli esseri umani sono votati all’armonia, e tutti noi siamo vibrazioni armoniche.
Il passaggio al public speaking
Il dialogo che apre il libro, tra Randle McMurphy (Jack Nicholson) e Grande Capo (Will Sampson) in Qualcuno volò sul nido del cuculo, mitico film di Milos Forman, ha segnato il passaggio al secondo tema del libro, il public speaking.
– Ehi, vuoi una gomma?
– Grazie.
– Disgraziato figlio di puttana, Grande Capo! Ci senti pure?
– Eccome.
– Che mi prenda un colpo, che mi prenda! E loro, tutti loro credono che tu sei sordomuto, eh? Cristo, è fantastico, ah ah! Li hai fregati, li hai fregati, li hai fregati tutti quei coglioni!
Modeling: le strategie dei geni
Tre assaggi video hanno mostrato le performance di tre campioni del mondo di public speaking, 2014, 2015 e 2016: Dananjaya Hettiarachchi, con I see something; Mohammed Qahtani, con The power of words; e Darren Tay Wen Jie, con Outsmart, outlast.
Li abbiamo proposti come esempi di modeling, ossia l’abilità di estrarre dei modelli dal comportamento eccellente delle persone più dotate di genio, in una forma che sia possibile poi riprodurre, e quindi insegnare ad altre persone.
Identificare, estrarre, codificare e trasferire ad altri: ecco le fasi del processo. È lo sviluppo naturale di ogni apprendimento. Che sia uno sport, una tecnica professionale, una lingua straniera, il guidare la macchina o il cucinare. Noi identifichiamo un “modello”, riconosciamo ed estraiamo la sua abilità, la codifichiamo e la trasferiamo nel nostro contesto. È così che abbiamo imparato tutto quello che sappiamo fare. A volte il processo è profondamente consapevole, altre volte del tutto inconscio. In Palestra, applichiamo questo processo anche all’apprendimento del public speaking.
In sala era presente Chiara Daneo, che nel libro ha scritto il capitolo sui modelli femminili di public speaking, e che ha raccontato la propria ricerca. A sviluppare il tema delle donne public speaker è stata un’altra Chiara, Lucchini, che dopo la pubblicazione del libro ha analizzato i discorsi di 15 donne: Premi Nobel per la Pace, protagoniste della politica, dell’impenditoria, dello spettacolo, e anche un’astronauta.
Tra i temi emersi dai discorsi di queste donne, vi è prima di tutto l’autenticità e l’orgoglio di affermare la propria identità. Poi lo storytelling, l’uso delle storie per mettersi in relazione, la predisposizione a dialogare con il pubblico, la coralità e la leadership, l’umorismo, e la capacità di gestire – non di nascondere! – le proprie emozioni.
In chiusura, altre due canzoni. Marta ha cantato One day di Asaf Avidan: una proiezione nel domani, quell’I have a dream che ci piace tanto. Va beh, era anche un modo per segnalare a tutti il prossimo corso di public speaking con Alessandro. E qui rinnoviamo l’invito 🙂
E infine il Blues della tromba nascosta, l’inno al vorrei ma non posso che è tutti noi, e che poi scopre invece di potere, e di volere. Cantata dal vivo da tutti, su base musicale e con il testo proiettato.
Cantare in pubblico, e ascoltare, insieme. Piccola, e piacevole, variazione sul tema del libro. È proprio la morale di questa favola 🙂
Dai vieni fuori mia timida tromba, su, avanti, coraggio
Il mondo attende la tua melodia come un salvataggio
Certo lo so, che non è una cosa proprio automatica
Mettiti in mostra, che sei così bella e così simpatica.
- On 11 Dicembre 2017