The making of Criminal Wine
di Alessandro Di Mase
Mi trovavo tra due lavori, avevo quindi deciso di passare il tempo facendo solo cose che mi piacevano. Essendo luglio mi ero trasferito a Santa Margherita e quel giorno avevo iniziato a godermelo sin dalle prime luci. Dopo aver guardato il sole alzarsi dalle montagne delle Cinque Terre e colorare il golfo del Tigullio, avevo infilato la porta del caffè del Porto ed avevo ordinato a Mariuccia una colazione genovese: caffè e focaccia alla cipolla.
Il Caffè del Porto è un’istituzione per la colazione, stretto e lungo, con un bancone zincato e due file di striminziti tavolini, vi afferra alla gola all’ingresso con un tavolo su cui si stratificano i prodotti del forno ligure, dalle focacce ai krapfen alle frittelle di mele. Mentre gustavo la mia focaccia scorrevo i titoli degli articoli del Corriere Mercantile, fingendo con me stesso di trovarli interessanti; a dire il vero avevo al Caffè un appuntamento ed ero in anticipo di almeno due ore, con nessuna voglia di spostarmi da lì, dove stavo benissimo.
Mentre seguivo con gli occhi i movimenti di Gaia che preparava un caffè dopo l’altro per i lavoratori portuali, un poster attaccato al bancone colpì la mia attenzione. Una nota cantina vinicola, in associazione con una ancor più nota casa editrice, proponeva un concorso letterario, la sfida era di comporre un racconto, a tema libero, ma con riferimenti al cibo ed al vino, in sole 4000 battute, un foglio A4, per capirci. Ancor prima di rendermi conto di quello che stavo facendo, la mia mano destra si era infilata nello zaino e, preso il mio Mac, lo aveva aperto sul tavolino.
In due click avevo un foglio bianco davanti a me, con il cursore che lampeggiava sullo schermo. Ora mi blocco, pensai. Con gli occhi socchiusi mi girai verso l’unica finestra del locale, il sole era ancora radente, iniziai a vedere un paesaggio, mi piacque e decisi che dovesse essere la Provenza. Dovevo scrivere un noir, non poteva essere altro, non importava la trama in una sola pagina, pensai contassero più i personaggi e l’ambientazione. In una pagina poi non c’era posto per più di due protagonisti e, per essere un noir, dovevano essere contrapposti, yin e yang.
Se c’è una cosa che odio profondamente sono i romanzi dove vengono usati a sproposito nomi stranieri, battezzando i personaggi con nomi banali come Smith, Rossi o Dubois, quindi mi collegai ad Internet ed andai a curiosare nell’indice dei cognomi di Francia; mi piacquero Mailfert e Monroval, un provenzale ed un bretone, e ne feci i miei due protagonisti umani. Avevo anche bisogno di un vino e del cibo, ma per questi mi fidai di me stesso e scelsi uno dei miei bianchi preferiti, usato per accompagnare un semplice piatto di ottimo pesce.
Il contatore delle battute si avvicinava sempre di più alle fatidiche quattromila, e il racconto volgeva al termine, avevo inscenato un duello di intelligenza e volontà, giocato intorno ad un’ottima tavola, dall’esito scontato, Monroval era implacabile, ma le ultime righe parlavano di voluttà e di umanità.
Rilessi il racconto una sola volta, ripulendo la punteggiatura e la sintassi, improvvisai un titolo non proprio calzante ed inviai il tutto all’indirizzo del concorso. Guardai l’orologio e mi accorsi che erano trascorse più di due ore, anche se non me ne ero proprio accorto.
Venne il mio appuntamento, il resto dell’estate, vennero nuove opportunità e interessanti sfide e mi dimenticai completamente dell’accaduto, quindi quando ricevetti una telefonata dagli organizzatori del concorso faticai non poco a ricordarmi di avere inviato il mio racconto, e loro faticarono non poco a convincermi che non si trattava di uno scherzo, quando mi annunciarono che avevo vinto il concorso.
- On 31 Gennaio 2016