Tre storie di ragazzi
di Alessandro Lucchini
Ultima settimana di marzo 2015. Giorni pieni di fatti terribili. Un aereo che precipita, una guerra islamica che esplode, una situazione politica che fermenta.
Giorni punteggiati, per contro, da alcune notizie che allargano il cuore. Almeno a me.
Voglio qui raccontare tre storie, che hanno una cosa in comune: l’energia dei giovani. Toh.
Apprendista Cicerone
«Buongiorno signore, posso illustrarle questo bellissimo quadro?»
“Sì, dai, raccontamelo.»
«Allora, con questo impasto di colori il pittore ci vuole trasmettere i sentimenti che ispirano la sua visione del paesaggio…»
L’apprendista Cicerone – così dice il badge sul suo petto, e mi devo abbassare per leggerlo: avrà 9-10 anni – mi spiega sciorinando le frasi che ha memorizzato, lo sguardo salta da un punto nel vuoto, dove forse cerca il filo del senso, ai miei occhi, alle zone del quadro che governa. Le mani, da dietro la schiena per accompagnare il ciondolìo del bacino, ai chiari e scuri del dipinto.
«Sulla tela vivono tutti gli elementi della valle: i mestieri, la natura, i colori, le luci, la gioia e la mestizia della luce del tramonto…».
Gli si avvicina un adulto, forse il suo insegnante, e con garbato paternalismo: «Bravo Mattia, ricorda però che la luce è quella dell’alba, come si nota dalla direzione dell’ombra».
E Mattia, prontissimo: «Sa perché ho detto tramonto? perché è passato qui prima un professore di arte e mi ha detto che era la luce del tramonto».
«Sì, beh – commenta l’adulto – in effetti ci sono diverse ipotesi…».
Me lo immagino, Mattia, tra qualche anno, su una cattedra universitaria, in un consiglio di amministrazione, o in un banco di un Parlamento. Hai presente lo show?
Straordinaria questa iniziativa del FAI, il Fondo Ambiente Italiano, che sviluppa nei giovani la consapevolezza del valore che i beni artistici e paesaggistici rappresentano per il nostro territorio, e che per un giorno trasforma bambini e ragazzi in guide che aiutano la gente comune, i passanti di una città, alla fruizione di musei, pinacoteche, monumenti.
Bellissima idea.
Ragionando su “mobilità sociale e merito”
Sono stato a Palermo per una lezione ad alcuni insegnanti sulle tecniche di comunicazione e di negoziazione. Il corso era parte del progetto Mobilità sociale e merito, voluto dal Ministero dell’Istruzione e guidato dalla Scuola Sant’Anna di Pisa. Obiettivo: aiutare gli insegnanti a riconoscere e a promuovere il merito nei ragazzi, così da sostenere la scuola e l’università come strumento di mobilità sociale.
(I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto, di raggiungere i gradi più alti degli studi. art. 34 Costituzione Italiana)
Questo progetto, situato in una realtà difficile come Palermo, assume un significato speciale. E ascoltare i racconti dei professori, confrontarmi con la loro esperienza e con la loro passione, è stata un’altra prova della grande fortuna di fare questo mestiere: s’impara sempre più di quel che s’insegna.
Insegnanti di lettere che imparano la cultura hip pop, e le strofe della musica rap, paragonandola al ritmo della poesia, e riescono così a entrare nelle corde dei ragazzi.
Altri che costruiscono cruciverba, con le mani e con la fantasia, comunicando così la passione per gli incastri dei significanti e per l’esplorazione dei significati.
Altri che riescono a coinvolgere i ragazzi nel ripristino, nella pulizia e nella ritinteggiatura dei locali della scuola, iniettando nei loro cuori il valore del lavoro, dell’impegno, dell’amore per la cosa pubblica, e smontando la voglia di insozzare i muri con scritte volgari e offensive.
Altri ancora, insegnanti di sostegno, precarissimi, che avvinghiano il loro cuore alla scuola e puntano al gradino più alto, la promozione della cultura della legalità, fino a costruire con i ragazzi un blog dal titolo noicittadinicivili.
Cibo per la mente, cibo per il corpo: i ragazzi del Borsellino
Infine, i ragazzi dell’Istituto Borsellino, ottima scuola alberghiera di Palermo. È lì che abbiamo tenuto le lezioni. Esercitandosi nell’arte dell’ospitalità, i ragazzi ci hanno ricevuto, con le loro ordinatissime divise e i loro tratti accoglienti, ci hanno aiutato per ogni esigenza tecnica e logistica, ci hanno accompagnato nei vari momenti delle giornate. E soprattutto ci hanno fatto godere della cucina siciliana, offrendoci il pranzo preparato da loro. Risotti al carry o al pesce, caponate di melanzane o di mele, involtini di pescespada, arancini, timballi e verdure di ogni tipo, e i loro visi concentrati mentre ci servivano questo ben di dio, hanno contribuito al sapore di due giornate memorabili.
Notare i loro sorrisi, i loro gesti, i loro sguardi pensierosi quando dicevamo i piatti che avevamo più apprezzato, facevamo paragoni, chiedevamo consigli su ricette e sistemi di cottura, è stata la misura di una buona esperienza di comunicazione.
E pensare che c’è ancora chi vorrebbe far vincere lo stereotipo dei giovani smidollati.
- On 7 Aprile 2015