Intranet. Primo passo, anche qui: scrivere
di Alessandro Lucchini
Dal libro “Intranet: teoria e pratica. 25 casi di successo raccontati dai protagonisti“, a cura di Alessandro Lucchini.
Condivisione delle conoscenze, distribuzione delle informazioni,
semplificazione delle procedure…
Molti i vantaggi di una buona intranet.
Ma il presupposto è sempre quello: scrivere in modo efficace.
Intranet… ho capito bene?
La prima volta che ho sentito la parola “intranet” è stato nell’inverno del 1995. Sembra un secolo: come browser c’era ancora Mosaic. La direzione Sistemi Informativi della mia azienda convocava una riunione per spiegare che stava per partire un’intranet e chiedeva la collaborazione delle Relazioni Esterne, dove (secondo loro) c’erano le uniche persone capaci di “scrivere bene in italiano”.
“Intranet” sembrava una storpiatura di “Internet”, che già ben pochi conoscevano. Io, che ero una navigatrice della prima ora, ci capii qualcosa di più, ma non molto. Era chiaro, però, che a noi comunicatori si apriva un nuovo campo di attività, vastissimo e tutto da inventare.
A ripensarci oggi, la presentazione fu qualcosa di terrificante: il browser si apriva su una home page tutta grigia, con il nome e il logo dell’azienda appiccicati da una parte e al centro un orrendo neonato sorridente, simbolo della nuova creatura che stava per nascere.
Il menù aveva due sole voci: I Sistemi Informativi, l’Azienda. Quello che ci veniva chiesto era di riempire di contenuti la parte “Azienda”. Tutto cominciò così. I nostri colleghi informatici avevano capito che senza una redazione un’intranet non può crescere. E ancora li ringrazio per questo.
Il racconto di Luisa Carrada [1] ricorda l’epopea dei pionieri. E parla di pochi anni fa.
Pochi anni in cui il Web è entrato anche all’interno delle organizzazioni, private e pubbliche.
Senza dare l’ennesima definizione, limitiamo il campo del ragionamento. Che cos’è l’intranet? quali i vantaggi, i limiti, le competenze necessarie?
L’intranet è una rete web interna, cui sono collegati i dipendenti, che vi trovano tutte le informazioni utili: dall’elenco dei dipendenti, con sedi di lavoro, telefoni ed e-mail, a lanci di prodotti/servizi, acquisizioni, cambiamenti organizzativi; archivi, modulistica, fogli presenze, richiesta ferie, prenotazione viaggi, note spese, modelli standard di documenti di lavoro; fino alle notizie sulla squadra di calcio. Tutto ciò che serve, informa e motiva le persone.
L’intranet è un progetto completo di comunicazione interna. Ed è uno strumento di attenzione nei confronti delle persone, il capitale più importante dell’organizzazione.
PRINCIPALI VANTAGGI
Simile al Web nell’uso (possibilità di navigazione ipertestuale, ricerca di argomenti, interazione uomo-macchina…), l’intranet è in realtà piuttosto diversa dal Web [2]. È un mondo chiuso, anzitutto, grazie ai sistemi di sicurezza interni, e riservato, accessibile solo ai collaboratori, dall’ufficio o in collegamento remoto.
Rispetto al Web, poi, offre vantaggi specifici:
- ha lettori conosciuti e potenzialmente più motivati
- ha un’organizzazione dei contenuti relativamente facile: spesso può ricalcare quella aziendale
- concede più libertà di sperimentazione
- facilita la condivisione delle informazioni, in qualsiasi settore o livello gerarchico
- è un sistema flessibile (può contenere e-mail, video-audioconferenza, telefonia, web tv…)
- ha un buon rapporto costi/benefici, e produce economie nei costi di gestione [3].
Con l’intranet, poi, l’impresa pone le basi per l’innovazione:
- snellisce l’organizzazione e ne modifica la cultura, migliorando anche la sua capacità di adattarsi ai cambiamenti
- collega i collaboratori sparsi sul territorio
- distribuisce le informazioni e le aggiorna continuamente
- motiva i collaboratori, rafforza il loro impegno e il loro senso di appartenenza
- stimola l’interazione (condivisione del sapere, feedback a messaggi istituzionali, sviluppo di gruppi di lavoro virtuali…)
- offrendo formazione permanente, aumenta le conoscenze del personale, e quindi valorizza il proprio capitale intellettuale
- integra e consolida tutte le altre azioni di comunicazione.
Con l’intranet l’organizzazione virtuale prende via via il posto di quella reale. In modo lento ma continuo, s’instaura così una nuova visione del potere, che affida maggiori responsabilità ai quadri inferiori. È utopia pensare all’intranet come a una chiave di democratizzazione. Ma è innegabile che l’uso massiccio e consapevole di questo strumento può dare una spinta all’innovazione, soprattutto sul piano della cultura e dei poteri. Con l’intranet il knowledge management, ossia la gestione della conoscenza, si evolve nel knowledge sharing, la condivisione della conoscenza.
DUE LIMITI
Che dire del rapporto interpersonale? È sempre il motore della comunicazione, e non può essere sostituito da una rete virtuale, per quanto utile e ben organizzata. Nessuno di noi vorrebbe arrivare a scambiare solo e-mail con il collega della porta accanto: due parole, un sorriso, un caffè insieme valgono più di tanti click sulla tastiera. E a volte ci sono argomenti difficili, che bisogna affrontare faccia a faccia. L’intranet non può sostituire il rapporto tra le persone.
Un altro problema è proprio la scrittura. Con l’intranet scrivono molte più persone di quante scrivevano prima. E questo è un bene. Ma non tutti mettono l’attenzione necessaria. Da un lato resiste un linguaggio troppo formale, detto burocratese nel mondo pubblico o aziendalese in quello privato. Dall’altro, sotto la spinta della fretta, il rischio è diffondere messaggi maldestri, frettolosi, a volte dissennatamente emotivi. Mentre l’intranet dev’essere sempre caratterizzata da completezza dell’informazione, precisione dei contenuti e autorevolezza del messaggio.
LE COMPETENZE PER SCRIVERE SULL’INTRANET
Oltre ad avere una conoscenza profonda dell’organizzazione, lo scrittore dell’intranet deve avere la capacità descrittiva di un redattore di cronaca; deve saper esporre i temi anche a voce, nel caso l’intranet disponga di una web tv; deve saper scrivere un commento, ma anche un’analisi dei dati; deve avere nozioni di grafica, impaginazione e informatica.
Ed è bene che sappia attivare la collaborazione di tutti: dipendenti, management, vertici.
Quanto alle competenze di scrittura, si tratta di quelle già note per il Web, con qualche specificità in più.
– Informazione, servizio, community. La dimensione informativa è quella prevalente, nell’intranet. Si tratta di trasferire informazioni a tutto il personale in modo univoco e
contemporaneo, riducendo così le distorsioni e/o le espressioni di potere legate alla tradizionale “cascata” lungo la scala gerarchica. Ma nell’intranet, come nel Web, il testo è essenziale anche per la dimensione di servizio: testi asciutti e chiari aiutano a capire “come usare” l’intranet, le sue sezioni, i suoi servizi; e come gestire e modulare i testi sui diversi formati (pdf per procedure, leggi, documenti tecnici, ppt per presentazioni…). Infine, esiste una dimensione di community: i forum tematici, su singoli prodotti o progetti; le newsletter; le aree di e-learning, nelle quali, sia pur con la fatica legata a un sistema di fruizione non ancora familiare, la comunità aziendale assorbe e distribuisce nuove conoscenze; ma anche le attività tipiche dei cral, il tempo libero, i viaggi e le iniziative legate allo stare insieme.
– Scrivere chiaro. Spesso gli specialisti di un certo tema sono talmente coinvolti dal tema stesso, da non rendersi conto di quanto poco ne sanno i loro colleghi: oltre a dare molte cose per scontate, usano anche un linguaggio specialistico, gergale, che oscura le informazioni, anziché chiarirle. L’impegno è scrivere per farsi capire, eliminando i disturbi della comprensione, per arrivare a una lingua asciutta, precisa, condivisa da tutti. Smontare il burocratese e l’aziendalese, che sembrano un rifugio, invece sono un ostacolo alla comunicazione.
– Puntare alla sintesi. Sull’intranet la lunghezza dei testi è un problema meno importante che sul Web: le connessioni sono sempre aperte e il lettore va meno di corsa. Ma è comunque bene abituarsi a tagliare senza paura tutto il superfluo. Scrivere a stringhe, anziché a blocchi. Andare subito al punto. Che non significa scrivere breve: si possono scrivere in modo sintetico anche testi lunghi. L’importante è costruirli su più livelli, sfruttando al meglio l’ipertesto: pillole all’inizio, informazioni essenziali al primo click, poi via via sempre più dettagli scendendo nella navigazione.
– Organizzare la struttura. Ossia potenziare le parti più importanti del testo (titolo, abstract, inizio, approfondimento …), in base all’obiettivo. Un’intranet può soddisfare un’infinità di obiettivi: dare ai collaboratori le informazioni corrette sull’azienda, sul suo stato di salute, sul suo posizionamento nel mercato; presentare nuovi manager, nuovi specialisti, nuovi prodotti o servizi; preparare il personale a un cambiamento importante; spingere a una reazione urgente in una condizione delicata; a volte anche dare una cattiva notizia. Per ogni obiettivo lo scrittore deve trovare la struttura più adatta per dare efficacia al testo.
Senza dimenticare che, prima del messaggio in sé, il lettore è colpito dalla lunghezza e dal movimento dei paragrafi, dalle parole in grassetto o in colore, dai link. Struttura, dunque significa anche aspetto fisico del testo. Senza diventare un esperto di grafica, lo scrittore deve assolutamente capirne qualcosa. Abituato a pensare in bianco e nero, deve imparare a scrivere in termini visivi, unendo parola e immagine, con attenzione alla qualità visiva finale, a ciò che vedrà l’utente, oppure, al contrario, non riuscirà a vedere.
– Catturare l`attenzione del lettore. Insidiato dalla fretta e dalla noia, spesso rimproverato dal capo perché “passa troppo tempo davanti al pc”, il lettore dell’intranet può facilmente distrarsi e perdere interesse. Lo scrittore deve saper usare tutti i mezzi per catturarne l’attenzione: il linguaggio pubblicitario, le domande, gli elementi di sorpresa, le variazioni di stile, la retorica. Deve scrivere titoli di grande energia, curando la posizione e il ritmo delle notizie. Scrivere meno, ma in modo più interessante. Osando anche un po’ più del solito.
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– Scegliere lo stile. Mantenere un ritmo piacevole che sostenga l’argomentazione, evitare i formalismi e i luoghi comuni, ridurre la distanza tra lingua scritta e lingua parlata. Nell’intranet lo scrittore può arrivare a sviluppare uno stile riconoscibile, che rappresenti se stesso, oltre all’organizzazione. Molto più di quanto potrebbe fare in un sito web, l’intranet spinge alla modulazione degli stili. Oltre a tanti obiettivi, infatti, l’intranet ha tanti pubblici: tutti collaboratori, ma con funzioni, responsabilità e interessi molto diversi; e tratta documenti molto diversi: circolari, procedure, manuali tecnici, case history, supporti alla vendita, presentazioni a slide, filmati… fino alla cronaca della gara di sci. Compito dello scrittore è trovare lo stile più adatto a ogni pubblico e a ogni obiettivo.
– Padroneggiare il processo di scrittura. Nell’intranet, come nel Web, si possono gestire al meglio le tre fasi nello scrivere (pre-writing, free-writing, re-writing: progettazione, redazione, revisione). Bisogna perciò imparare a progettare il testo, sviluppandolo soprattutto sulla profondità. A gestire senza intoppi la fase della redazione vera e propria. A correggere, infine, e riordinare con scrupolosa attenzione ai dettagli. Fase mai conclusa, quest’ultima: dopo la prima, necessaria, revisione formale-ortografica [5], un documento intranet va sottoposto a revisione continua. Va attualizzato e arricchito con le nuove esperienze; va rivista la sua posizione nell’architettura del sito, spostandolo in su o in giù, o in altre sezioni, secondo le priorità del momento; vanno rivisti i suoi link, controllati e aggiornati periodicamente.
– Aggiungere valore al testo: editing. Scrivere nell’intranet significa spesso riscrivere. Il redattore è spesso editor di testi altrui. Lavoro poco simpatico: correggere, tagliare, rimandare testi al mittente chiedendo modifiche. In questi casi, ricordiamoci che correggere non è fare l’autopsia: non bisogna per forza trovare qualcosa di sbagliato; bisogna aiutare l’autore a migliorare il testo. Un lavoro da scandire in tre fasi:
1) leggere, senza penna in mano, solo per capire il messaggio;
2) esaminare e far emergere dubbi sul testo (è chiaro? è solido? attrae l’attenzione? il finale è forte o debole? scorre? è facile da leggere anche se l’argomento è complesso? è sintetico? è coerente? insomma, funziona?);
3) indicare le correzioni da fare e motivarle, in modo preciso e senza frasi fatte: “Questo punto non è chiaro” non significa nulla per l’autore, se non gli si spiega il perché.
A volte, poi, non c’è il tempo per rimandare il testo all’autore, e l’editor deve fare tutto da sé; ma rispettare queste tre fasi lo aiuterà a potenziare le parti deboli mantenendo lo stile e le intenzioni dell’autore.
– Saper risolvere il problema delle approvazioni. Ogni scrittore ha sempre diversi tipi di pubblico. Il giornalista pensa al suo lettore, ma prima il caporedattore deve approvare il pezzo. Il copywriter pensa al consumatore, ma deve prima superare il filtro del direttore creativo, e poi quello del committente. Lo stesso accade nell’intranet: io scrivo, ma il mio pezzo non va subito online, deve passare le approvazioni dei livelli superiori o degli specialisti. Anche quando riscrivo un testo di un altro autore, in genere glielo restituisco perché approvi le mie modifiche. Oltre alle abilità della scrittura, quest’attività richiede capacità di esposizione e di convinzione, perché ogni correzione sia compresa, motivata e condivisa dall’autore. E richiede di abbandonare ogni timore reverenziale, pur nel rispetto dei ruoli: se devo editare un testo del presidente, e quel testo contiene degli orrori, non dovranno passare solo perché “Lui può”. (O almeno non dovrebbero.)
– Scrivere a più mani. Per potenziare le competenze fin qui descritte è utile scrivere a più mani. Strano, vero? Scrivere è un’attività individuale: in genere scriviamo da soli, poi chiediamo pareri, tagli, correzioni; e quando ci ritorna il foglio, siamo ancora lì noi, da soli. Ma in alcuni casi è straordinario il beneficio che una redazione intranet può trarre se lavora in gruppo. Ci si aiuta l’un l’altro a risolvere i problemi della scrittura. Risultato: testi migliori, e in meno tempo. Il gruppo contiene sia l’anima creativa dello scrittore sia l’anima critica del lettore; ogni pensiero che arriva sulla carta ha già superato un test di percezione, è già passato in più mani, più occhi, più orecchie.
COOPERAZIONE AUTORE-LETTORE
A proposito del Web, molti hanno parlato di rivoluzione dell’ipertesto. Il tema dovrebbe valere anche per l’intranet.
Ma davvero si tratta di rivoluzione? Anche un testo tradizionale si può leggere in modo ipertestuale, sfogliandolo da una parte o dall’altra, senza seguire l’argomento di filato. In un libro, per esempio, il lettore può leggere con rapide occhiate a indici e titoli, per poi approfondire solo ciò che interessa. Come uno spiedino: può gustare un boccone per volta, oppure sfilare tutto e cominciare dalla cipollina che sta in mezzo. Può saltare interi passi, mischiare le frasi, travisarle, rielaborarle con associazioni anche spericolate, ricavando conclusioni che il testo ignorava. Può sottolinearlo, scriverci sopra, riempirlo di appunti, plagiarlo, e a un certo punto dimenticarlo in un angolo.
Se poi diamo uno sguardo alla genealogia dell’ipertesto, scopriamo che le origini della comunicazione multimediale sono nella filosofia, non nella tecnologia (è uno studio rassicurante per chi si occupa di comunicazione e non ha troppe simpatie per l’informatica [6]).
Il fatto realmente nuovo è che nell’intranet, come nel Web, il testo acquista una terza dimensione: oltre a lunghezza e larghezza, si sviluppa in profondità, ed è arricchito da link, colori, a volte suoni e animazioni.
Il lettore ha dunque un nuovo ruolo: coopera all’attuazione dell’ipertesto, che si crea appunto con l’uso, attraverso i vari passaggi possibili. È vero che questo può generare un certo disorientamento. Ma è anche vero che l’alternativa è riprodurre nell’intranet, in formato elettronico, i soliti documenti cartacei (circolari, manuali, procedure…) pesanti, lunghi, noiosi. Illeggibili. Inutili, o almeno inutilizzabili senza un’adeguata collocazione e presentazione.
Questo nuovo ruolo del lettore impone naturalmente un nuovo ruolo anche all’autore. A ogni passaggio egli deve garantire la qualità e la continuità dell’informazione. Deve ridurre al minimo lo smarrimento del suo lettore. Quando inizia a costruire un ipertesto per l’intranet, l’autore deve chiedersi chi è il lettore, che cosa vuole sapere e in quale sequenza, quale priorità attribuisce alle informazioni. E deve rendersi conto che la sua autorità si disperderà nell’abbondanza offerta dall’ipertesto. Un modo per riqualificare quell’autorità è offrire un aggiornamento periodico dei contenuti dell’intranet, e segnalarlo ai lettori in home page, ma anche con altri mezzi (l’e-mail, per esempio).
Progettazione, organizzazione e costante manutenzione dei contenuti; questo è il compito fondamentale di chi scrive nell’intranet. Per condurre il lettore nello sviluppo dell’ipertesto, senza fargli perdere l’orientamento. Aiutano, in questo mestiere, alcuni attrezzi.
GLI ATTREZZI DEL MESTIERE
Template. Quando scriviamo in Word, a volte sfoggiamo una creatività caotica: font e corpi di ogni dimensione, sottolineature, grassetti, colori, allineamenti strani, tabelle larghissime che richiedono addirittura uno scrolling orizzontale. Per l’intranet, il sistema di content management dovrà proporre alcuni template standard, per facilitare la percezione senza confondere i lettori.
Guide di stile. L’intranet, oltretutto, ha quasi sempre una redazione diffusa, ossia composta da persone che lavorano in sedi diverse e che hanno rarissimi momenti di contatto fisico. La cultura della redazione diffusa non nasce in modo automatico. Va costruita. Con il tempo, con gli errori e l’esperienza che ne deriva. Ma soprattutto con alcuni strumenti specifici. In particolare le guide di stile, che contengono le indicazioni editoriali per gli autori: struttura e stile espositivo per case history, schede-prodotto, schede-progetto, interviste; norme di usabilità; raccomandazioni per la sintesi (dimensioni consigliate nei vari livelli ipertestuali); norme di editing (abbreviazioni, accenti, apostrofi, grassetti, corsivi, maiuscole e minuscole, misure, numeri, parole straniere…). Norme che non solo aggiungono pulizia e rigore al messaggio, ma ne aumentano la presa sul lettore e quindi l’efficacia.
Glossari. Oltre ai termini tecnici, il linguaggio di un’intranet è sempre pieno di espressioni gergali. Sono le buzz words, o biz words (business words), parole che possono essere comprese solo all`interno di quell`organizzazione o di quel settore. A differenza dei termini tecnici, che si trovano sul dizionario, il gergo è un linguaggio privato che ha significato solo in una categoria di lavoratori: ingegneri, informatici, progettisti, addetti alla qualità, bancari, funzionari pubblici [7]…
Con il pubblico esterno quelle parole vanno evitate, perché possono generare equivoci. Nell’intranet sono meno gravi. Anzi, possono risultare utili, perché specifiche, capaci di esprimere rapidamente concetti complessi. E poi creano gruppo, fanno clan.
È però necessario che abbiano un’interpretazione precisa e univoca. Un glossario pubblicato nell’intranet soddisfa questa esigenza. Chiaro, oggettivo, sintetico, ma completo e costantemente aggiornato, aiuta i neo-assunti a integrarsi nel gruppo; e mette al riparo i più anziani da “sorpassi” imprevisti. In molti casi aiuta anche a sfoltire i gergalismi, conservando le espressioni realmente utili e abbandonando le cattive abitudini.
Guide alla navigazione. L’intranet di un’impresa contiene in genere da dieci a cento volte il numero di pagine del suo sito web, arrivando a diverse migliaia di documenti. Poiché ogni pagina è indipendente, è bene poter rispondere alle due tipiche domande del visitatore: “dove sono?” e “che cosa ci faccio qui?”. Utilissimi gli elementi funzionali di base (link all’home page, barra di navigazione, path [8], mappa del sito), da ripresentare in tutte le pagine. Inoltre titoli, spazi bianchi, indici, parole chiave, colori, frecce, liste numerate o a punti facilitano la lettura dei testi e diminuiscono i rischi d’incomprensione e di abbandono.
Anche per l’intranet si parla molto di usabilità. Concetto multidisciplinare, che tocca il design, la grafica, la scrittura, punta a far sì che l’utente sia soddisfatto perché trova proprio ciò che stava cercando, e perché riesce a fare ciò che aveva in mente [9]. I fondamenti: architettura logica, organizzazione funzionale delle informazioni, labelling [10] preciso e coerente, menu essenziali, scelte grafiche sobrie e uniformi nelle varie sezioni dell’intranet. E scrittura semplice e chiara, con editing rigoroso e rispettoso delle norme di stile che l’organizzazione si è data.
Reader focused writing. Spesso lo scrittore attacca con lo stile cui è abituato, senza pensare all’audience di quel testo specifico: i manager scrivono news o case history come se fossero note tecniche; chi è abituato alle chat abbandona ogni formalità, dimenticando che anche il presidente potrbbe leggere quella pagina. Soprattutto i comunicatori esperti tendono a concentrarsi sul proprio pubblico abituale (giornalisti, clienti, referenti esterni…), e non rispondono nelle prime righe alla domanda cruciale del lettore: “m’interessa?”.
L’autoreferenzialità, del resto, è un vizio tipico della scrittura professionale. In primo piano ci sono loro, gli autori, con ciò che pensano, dicono, producono: solo alla fine ci sono le persone cui si rivolgono. Sull’intranet l’autoreferenzialità diventa spesso autocelebrazione, trionfalismo.
- La nostra azienda, leader nel mercato dei prodotti per l’igiene, è orgogliosa di presentare ai propri collaboratori…
- Siamo lieti di informarvi che stiamo organizzando un importante convegno sul tema…
- In occasione dei 50 anni di attività in Italia, il nostro Gruppo promuove un’iniziativa…
Tentazione fortissima, più ancora nell’intranet che nel Web. Qui, infatti, l’autoreferenzialità trova alibi potentissimi come lo spirito di squadra o l’orgoglio di appartenenza.
Eppure anche qui è il lettore il protagonista: è lui a decidere i modi di lettura, i tempi, le direzioni; è lui a decretare con un click la durata o la fine di un messaggio. Ed è consapevole di questo potere. È bene che riconosca se stesso anche nelle parole che legge.
- We want you! La tua esperienza è preziosa; se hai suggerimenti da darci, o segnalazioni che ritieni interessanti, clicca su “scrivi all`esperto” e aggiornaci in tempo reale. Grazie.
-
Reader focused writing significa proprio questo: scrivere in modo orientato al lettore. Pensa a lui come a un individuo in carne e ossa: anche se scrivi in una veste professionale, a leggerti sarà sempre una persona, con un cervello e un cuore. Rendila assoluta protagonista del tuo messaggio. Rivolgiti a lei come vorresti che lei si rivolgesse te: dialoga con lei, usa un tono caldo e personale (non affettato, per carità!), lascia che le tue parole esprimano i tuoi sentimenti, e sforzati di incrociare i suoi.
Senza sconfinare nel paternalismo, o nel cameratismo da stadio. I dipendenti sono in genere più scafati di quanto i dirigenti pensino.
Piramide rovesciata. Cominciare dalla conclusione, dalla notizia vera e propria. Come nel Web, proprio perché il lettore non ama scrollare a fondo pagina, anche nell’intranet è utile mettere le conclusioni all’inizio. Il ritmo è quello delle aperture dei quotidiani: titolo, foto, sommario, didascalia, inizio articolo con il succo del messaggio, rimando alla pagina interna.
Ma senza farne un dogma: a volte può essere un errore arrivare subito al dunque, a volte serve una premessa, e poi un’argomentazione. Il racconto di un caso, la cronaca di un congresso o di un viaggio di studio possono richiedere un ritmo più narrativo che cronachistico. Un attacco efficace può essere quello di un giallo, o di un fantasy, anziché quello di un articolo sull’ultimo tonfo di piazza Affari.
Irritato. Irritatissimo. Lo capimmo da come ci salutò appena entrammo in sala riunioni. Anzi, da come non ci salutò, e da come si sedette là in fondo, con gli occhi infuocati che dicevano: “Voglio proprio vedere come ve la cavate”. Presentare al cliente il nostro piano di recupero per quell’errore di produzione stavolta era davvero un’impresa. Ecco come ce la cavammo. ………
Blocchi di testo. Lo schermo è un limite fisico: si legge una trentina di righe per volta. È utile perciò dare ai blocchi di testo questa lunghezza massima, e pensarli come testi a sé: un titolo, un concetto, un blocco. Senza congiunzioni o formule di passaggio (quindi, di conseguenza, perciò). Meglio usare colonne non molto larghe: gli occhi faticano a restare sulla stessa riga troppo a lungo. L’impostazione a bandiera sinistra e ampi margini bianchi sulla destra garantiscono la leggibilità migliore.
Link. Sono le porte dell’intranet, gli occhi del lettore li cercano per intuire che cosa troveranno alla prossima tappa. Rendono quasi sempre un buon servizio al lettore: arricchiscono la navigazione, rendono la pagina più interessante e l’informazione più completa o più approfondita.
Molte organizzazioni temono i link nell’intranet: “bando ai labirinti! – pensano – il dipendente deve leggere solo quello gli serve, e di filato, altro che perder tempo nei meandri ipertestuali!” Ma così si riduce l’intranet a un deposito di documenti vecchi e inutilizzabili.
Certo, oltre all’argomento e al titolo, va scelta con cura anche la posizione dei link: non all’inizio del paragrafo, perché svierebbe il lettore troppo presto, o non troppo vicino ad altri link, perché potrebbe imbarazzare le sue scelte. Nel costruire e posizionare i link sta il vero talento editoriale dello scrittore online.
Microcontent. L’espressione microcontent è stata coniata da Jakob Nielsen [11], e si riferisce a ciò che i linguisti chiamano paratesto. Sono i micro-testi che concentrano i significati in poche battute: titoli, sottotitoli, titoli di paragrafo, didascalie, box, indici, menu, testi nascosti dentro il codice Html (page title, o title tag, meta-tag…). Oppure gli alt text, che appaiono mentre si caricano le immagini, riducendo l’impazienza del lettore; o quando si sfiorano i link, offrendo una prima informazione e quindi più motivazione al click. Perle di chiarezza che fanno pregustare i macrocontent successivi.
Autoconsistenza. Ossia il valore del testo, fuori contesto. Un libro e un giornale sono contesti chiusi, ben riconoscibili: il titolo in copertina; l’indice, l’introduzione, i capitoli, la conclusione; il titolo di ogni capitolo sopra il testo; la didascalia vicino alla foto. Basta poco per orientarsi.
Nell’intranet è diverso. Anche se in misura minore rispetto al Web, che è un mondo aperto e dispersivo, anche qui è impegnativo riconoscere il prima e il dopo di ogni contenunto. È sempre il lettore a decidere la successione delle pagine, alle quali può arrivare con itinerari non prevedibili: spedito da un motore di ricerca, o da un link, o da una navigazione semi-casuale. Sta allo scrittore far funzionare ogni pagina in ogni situazione, fornendo gli elementi più importanti per ricontestualizzarla: la struttura aziendale cui appartiene la pagina, la data di produzione, il nome della persona cui rivolgersi per informazioni, linkato alla sua mail.
Interattività. È il valore chiave dell’intranet, più ancora che nel grande Web. Scrivere nella rete interna non è solo mettere documenti e notizie a disposizione dei colleghi: è aprire uno spazio di comunicazione e di scambio con persone che lavorano insieme, e quindi condividono molti interessi. Uno spazio da sfruttare con i vari strumenti dell’interazione – e-mail, forum, newsletter, blog (anzi K-blog, ovvero knowledge blog [12]) – per rendere il dialogo facile e coinvolgente. Già a partire dall’home page, che dev’essere accogliente come una vera porta d’ingresso, e piena di promesse per il lettore.
E, prima ancora, a partire dallo stesso nome dell’intranet. Un nome creativo dà personalità all’intranet. Ed è una prova delle intenzioni dell’azienda: che s’impegna molto quando deve dare un nome a un prodotto, mentre spesso non lo reputa necessario per l’intranet.
Alcuni buoni esempi di nomi creativi sono nei casi citati in questo libro: Domestic Wireline è l’intranet del settore telefonica fissa di Telecom Italia; IntRasnet di Ras; Inter Nos di InaAssitalia; Wintranet di Winterthur; Truffles di Ogilvy; Epass di Assindustria Pesaro.
Interattività è anche coinvolgere tutti i dipendenti nel trovare il nome: un concorso, per esempio, è un modo efficace per suscitare interesse e partecipazione sul nuovo progetto.
COME L’HOUSE ORGAN: MENO VOX DEI, PIU’ VOX POPULI
Seguendo le linee qui tracciate, rivive nell’intranet lo spirito dei migliori giornali interni.
Alcune organizzazioni hanno dato anche un respiro più ampio al proprio house organ, inserendo accanto ai messaggi ufficiali alcune rubriche legate all’attualità, alla curiosità, al gioco, al servizio, e le opinioni di personaggi rappresentativi dell’azienda, con foto e interviste.
Meno autoritario e impersonale, il giornale diviene così più agile, attraente, facile da leggere; da megafono della direzione a reale strumento di scambio fra le persone.
Scelte coraggiose, che in alcuni casi hanno addirittura aperto la via dell’edicola. Esemplari i casi di riviste nate come giornali interni e poi diventate veri prodotti editoriali, come Colors di Benetton, o No limits di Sector: i dipendenti diventano qui una minima parte del target; il vero obiettivo è promuovere l’azienda e rafforzarne l’immagine pubblica.
Percorso antesignano di molte intranet che si stanno aprendo all’esterno, sconfinando in soluzioni extranet o addirittura internet.
Un circolo chiuso che si apre all’esterno. Ma è già una nuova realtà, e un nuovo tema da studiare.
[1] Scrivere per un’intranet, http://www.mestierediscrivere.com/testi/intranet.htm#ho%20capito%20bene
[2] Vedi su questo l’autorevole sintesi di Jakob Nielsen, Difference between intranet and Internet design, www.useit.com/alertbox/9709b.html
[3] Sul piano internazionale, Gerry McGovern lo testimonia con diversi esempi: Intranet return on investment case studies
[5] Il modo corretto di scrivere una certa lingua non è un dettaglio di poco valore. Non è solo formalismo, è qualità. L’ortografia, oltre tutto, è la più perversa di tutte le regole. Prima che per la tua intelligenza, il lettore ti giudicherà per la tua ortografia. Gli americani usano qui il termine teeth spinach effect, effetto spinacio tra i denti: se parli con uno che ha mangiato spinaci, e uno gli rimasto proprio lì, tra un dente e l’altro, tu guardi la sua bocca non per leggere le sue parole, ma per vedere se lo spinacio è sempre lì, beatamente esposto tra i suoi sorrisi.
[6] Il termine “ipertesto” è coniato nel 1965 da un fricchettone californiano laureato in filosofia, Theodore Nelson, che ne dà anche la prima definizione: “Collezione di documenti nodali, che contengono riferimenti incrociati, o link, i quali, con l’aiuto di un programma browser interattivo, permettono al lettore di muoversi facilmente dall’uno all’altro”.
[7] Per i controllori di volo, per esempio, caca e lala sono diminutivi per collision alert (allarme collisione) e low-altitude alert (allarme bassa quota); gli agenti di viaggio lavorano sull`OAG (Official Airlines Guide); i funzionari della Regione Lombardia fanno riferimento al BURL (bollettino ufficiale Regione Lombardia). Ancora più insidiose sono le parole comuni, che usate in un certo settore hanno un significato diverso da quello originale: applicazione, per esempio, è la messa in pratica di un concetto, ma per gli informatici è un software.
[8] Il path è quella stringa testuale che compare sopra il testo, durante la navigazione. Rappresenta il percorso logico di correlazione tra le pagine. Per esempio: Home page > Community > Corso web writing > Materiali didattici. Il navigatore esperto è abituato alla semplice natura del path, una linea di parole linkabili; chi naviga meno spesso se ne serve per non perdere l`orientamento.
[9] Concetto sempre in bilico tra razionalità e intuito, perseguito da alcuni con rigore, da altri rifiutato perché porterebbe a un’eccessiva uniformità stilistica. Negli Stati Uniti dominano le idee di Jakob Nielsen, raccolte nel sito www.useit.com/alertbox.
[10] Letteralmente, etichettatura. È la denominazione delle varie sezioni e dei contenuti del sito, quindi un presupposto centrale dell’usabilità. Richiede massima attenzione e coerenza linguistica: le circolari, per esempio, vanno chiamate sempre circolari, non anche documenti, o testi, o normative. Chiamare sempre le stesse cose con lo stesso nome, per non confondere il lettore.
[11] www.useit.com/alertbox/980906.html
[12] Il blog, o weblog, è un vero e proprio nuovo genere editoriale nato con Internet. In pratica, è il taccuino quotidiano con le annotazioni dell`autore su diversi siti e pagine web che viene via via scoprendo intorno un determinato tema, in genere fortemente specialistico. Da molti considerato il futuro dell`attuale articolo di commento o di opinione, oggi è un genere apertissimo: può contenere diari, poesie, persino gallerie fotografiche. Nell’intranet è forse la più concreta possibilità di espressione personale/professionale di ogni collaboratore, che può pubblicarvi le proprie idee ed esperienze, per lo scambio e il confronto con i colleghi.
- On 18 Ottobre 2012