#MakeWhatsNext
di Alessandro Lucchini
Quella mania di vivisezionare le parole.
#MakeWhatsNext – Girlz in Tech Europe – è il titolo dell’evento europeo svoltosi nei giorni scorsi all’Università Ca’ Foscari di Venezia, organizzato da Microsoft per sviluppare la cultura e la formazione scientifica nelle ragazze.
“We need more girls and young women to contribute their ideas to the world. We aim to support this generation with the knowledge, skills and resources needed to become the next Ada Lovelace or Mária Telkes or Maria Gaetana Agnesi in a world where technology is embedded into every aspect of life.”
Così è dichiarato nella home del sito dell’evento.
Venerdì 27 maggio ho avuto l’onore di rappresentare in questo evento Palestra della scrittura. Il mio tema: Tell your story in the digital world. Obiettivo: allenare le ragazze sulle tecniche di storytelling e di self branding, per costruirsi una reputazione attraverso i social network che valorizzi le loro capacità, e faciliti il loro successo nei settori della tecnologia e della scienza.
E da dove poteva partire un “operaio delle parole”, se non dal titolo?
Make.
Make è un verbo. I verbi sono le parole più forti di ogni lingua. Muovono le emozioni, i sentimenti, i progetti. Spingono le persone ad agire. Se nel web costruisco un link su un verbo ottengo il doppio dei click che otterrei costruendolo su un sostantivo (es. “iscrizione” > 100 click, ”iscriviti” > 200 click).
I verbi danno il senso di un’azione. Raccontano le storie. Danno ritmo ai cambiamenti. Se dici “decisione” o dici “decidere”, “scelta” o “scegliere”, “cambiamento”, appunto, o “cambiare”, ottieni due velocità diverse per la frase. Il verbo permette a chi ascolta di vedere, o immaginare, chi-fa-cosa, fa presagire il risultato di quella storia.
Whats.
What’s è una domanda. Le domande sono le chiavi di accesso al nostro mondo interiore. Se voglio entrare nel tuo cuore devo farti una domanda. Lo stesso devi fare tu con me. E lo stesso devi fare con te stessa/o, se vuoi capire qualcosa di più su ciò che stai vivendo.
Sono ben note le strutture comunicative fondate sulle domande. Le 5W, tipiche della comunicazione giornalistica (Who-What-When-Where-Why). Le F.A.Q, Frequently Asked Questions, usate dalle aziende per dare ai clienti e ai nuovi assunti le informazioni di base su prodotti, servizi, assetto organizzativo, investitori, visione, missione, valori ecc. O la struttura Q&A, Questions&Answers, la formula chiave di un dialogo, di una rispettosa e proficua conversazione, applicabile in ogni ambito della vita: famiglia, scuola, lavoro, tribunali, studi medici, persino davanti all’altare del matrimonio.
Sappiamo che se apriamo o chiudiamo un post su Facebook con una domanda accendiamo l’interazione: più like, più commenti, più condivisione, più attività virale.
Una parola che esprime bene il senso della comuncazione social è engagement. È tutto lì. Ed è proprio il limite di molti brand, che non hanno ancora il coraggio di coinvolgere direttamente i loro pubblici.
I social media ruotano tutti intorno a ciò che la gente ama fare. E la gente ama rispondere alle domande. Ama avere un palcoscenico per esprimere le proprie idee, e quando può farlo, poi, coinvolge altre persone nello scambio, l’ambiente si scalda e si arricchisce di nuovi punti di vista. Ecco perché funzionano i questionari, le survey, le comparazioni, le indagini, le votazioni online, le richieste di commenti o di suggerimenti a seguito di un’iniziativa, di un evento, di una presa di posizione. È così che si forma una storia collettiva.
Next. Qual è il passo più importante nel cammino della tua vita? Il prossimo. Il giorno più importante della tua vita? Il prossimo. La cosa più importante che puoi fare? La prossima cosa che farai. La storia più importante che puoi raccontare? È la storia che realizzerai da domani in poi. I tuoi progetti, i tuoi desideri, le tue scoperte, le tue sfide, le tue appassionate battaglie, ogni grande o piccola battaglia che ingaggerai ogni minuto che passerai su questo mondo.
Nell’ambiente digitale ciascuno può raccontare la propria storia, che è una storia unica. Può costruire e sviluppare il proprio personal brand.
Ecco, dunque, le domande che ho posto alle 200 ragazze provenienti da tutta Europa incontrate all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
• How I can introduce/distinguish myself in the digital era
• How the social networks put me (and everyone) in a common tale
• How language has the power to build or to destroy my reputation
• How I can empower my communication skills for the web
and use them to succesfully match my audience
(friends, lovers, fellows, teachers, collegues, bosses, clients…)
Trovato la risposta a tutte le domande? Figuriamoci. Ma so che le ragazze hanno iniziato il loro cammino di ricerca. Credo sia facile immaginare l’onore che mi genera questo pensiero.
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P.S. Chi volesse riflettere sulle stesse domande, o su altre intorno alle parole (dette, scritte, lette, ascoltate, o soltanto pensate), può trovare spunti nell’abstract di Acrobati di parole, negli altri nostri libri, o nei tanti video a disposizione su Youtube.
- On 30 Maggio 2016