Relazione, linguaggio e arti marziali: Budo e Business
Questa ricerca nasce dalla volontà di recuperare il valore cardine delle buone relazioni, che è lo stesso che sta alla base della filosofia che governa tutte le arti marziali: il rispetto dell’avversario.
Questo nostro studio ha l’obiettivo di portare la cultura marziale nel mondo del lavoro utilizzando il karate come metafora per la formazione professionale, come strumento psico-fisico per leggere, gestire e orientare i rapporti di forza nelle relazioni interpersonali.
Portare quindi i principi che governano il karate nel business: nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni, negli ospedali, nelle banche, nelle assicurazioni, nelle società di produzione e di servizi.
Quante volte, uscendo per andare al lavoro, ci siamo detti: «Vado a combattere». Spesso lavorare è una battaglia. Specie in tempi di crisi, quando bisogna saper ridefinire il senso del conflitto e relativizzare il valore della vittoria, senza cadere nell’inganno dell’occhio per occhio che, come diceva Gandhi, rende ciechi.
L’Arte della guerra, trattato di strategia militare scritto due millenni e mezzo fa da Sun Tzu, è servito per secoli ai generali per prepararsi al conflitto. Oggi è studiato nelle scuole manageriali di tutto il mondo.
I Samurai, eredi della cultura di Sun Tzu, praticavano la via del Budo, ossia la via della conoscenza di sé. Meglio: la via della conoscenza del sé che interagisce con l’altro. Che sia sul tatami o in un ufficio, il rapporto con l’altro è il metro di misura della nostra evoluzione come esseri umani, come costruttori di relazioni. Il Budo come metafora dei rapporti di lavoro, dunque. Cercare una via pacifica nelle complesse interazioni professionali. Paradossale? Contraddittorio? Tutt’altro.
Budo -> la via che conduce alla pace
Ce lo spiega già il significato della parola giapponese Budo, che indica il mondo delle arti marziali. L’ideogramma Bu rappresenta due alabarde incrociate, e si legge come “fermare le alabarde”. Do significa “via”. La via per fermare la violenza, dunque.
Dice Masajūrō Shiokawa, presidente della Fondazione Nippon Budōkan (2005): «Le arti marziali giapponesi sono state tramandate fino a oggi mantenendo inalterata la loro principale caratteristica, che risiede nel fine di far progredire lo spirito, attraverso il rafforzamento del corpo e l’apprendimento della tecnica. L’approccio con l’avversario deve essere dettato non da ostilità, ma piuttosto da un senso di rispetto e di gratitudine: a conclusione di un combattimento in cui ognuno ha dato prova delle proprie capacità senza risparmiarsi, nasce spontaneo il desiderio di un ringraziamento che riconosca all’avversario tutto il suo valore. Ecco dunque che, infine, si può aspirare alla costruzione di una società pacifica in cui valorizzare se stessi e gli altri.»
E al lavoro? in ufficio, in fabbrica, in banca, in un laboratorio d’ospedale, a scuola? non abbiamo quasi sempre lo stesso obiettivo? “fermare le alabarde”? intrecciare relazioni con colleghi, clienti, fornitori, pazienti, interlocutori vari che trasformino il naturale istinto alla contrapposizione in un’opportunità di cooperazione e di vantaggio reciproco. Per far questo, come sul tatami, occorre conoscere se stessi e imparare a conoscere l’altro. Bisogna allenarsi a leggere, gestire e orientare i rapporti di forza. L’arte marziale, dunque, come metafora delle relazioni nel mondo del lavoro: ecco il senso di questa ricerca.
E da qui l’idea dell’esperienza formativa: nei nostri seminari di Budo e Business portiamo i partecipanti, di solito colleghi, a volta capi e collaboratori, per un paio d’ore sul tatami, a piedi scalzi e in tuta, prima a fare saltelli, piegamenti e addominali, poi a tirare e parare calci e pugni. E non per finta, sul serio. A coppie, in cerchio, prima a vuoto poi a bersaglio. Ecco che allora capiscono presto che possono lasciarsi ferire, dalle alabarde, oppure fermarle. Che possono accettare le provocazioni, o spegnerle. Che possono fare la guerra, oppure costruire la pace.
Una volta sperimentato, compreso e sedimentato questo aspetto, proseguiamo con una giornata di aula dove decodifichiamo le attività fisiche e le ricollochiamo nei contesti professionali.
Il richiamo dei valori dell’organizzazione viene reso più pregnante dall’allenamento fisico. I partecipanti sperimentano di persona concetti come integrità psico-fisica, autodifesa, rilassamento, autodisciplina. Centrali nella vita personale come in quella professionale.
Il Budo agito, oltre essere metafora della relazione, è un disinnesco psico-fisiologico di schemi e dinamiche spesso molto dannosi. Per questo, dopo la palestra, in aula si parte subito con le esperienze dei partecipanti. Esplorare le situazioni critiche, distinguere le tecniche funzionali da quelle fallimentari, ci allena a neutralizzare chi ci ostacola, per essere così eleganti da trasformare un avversario in un alleato.
Che cosa insegna Budo e Business • Individuare le logiche di studio dell’interlocutore secondo la metafora della cultura marziale • Sperimentare le teorie dell’interazione, con dinamiche agite in modo fisico • Riconoscere le principali resistenze umane e gli stratagemmi per superarle. • Ampliare la conoscenza delle strategie e le tattiche del conflitto, ben oltre la dinamica elementare attacco/difesa: attesa, schivata, anticipo, finta. |
La formula svela e interpreta le analogie tra le arti marziali e la quotidianità professionale. Basti pensare a: consapevolezza del target, velocità, potenza, tempismo, equilibrio, determinazione, studio della concorrenza, strategia e tattica della competizione, capacità di reazione in situazione di stress, di emergenza, di pericolo. O alla semplice logica attacco-difesa-contrattacco. O a valori come perseveranza, impegno, coraggio, correttezza, lealtà e rispetto dell’avversario.
Ecco allora il valore di un’esperienza di arti marziali come momento formativo, condotto da istruttori di arti marziali esperti nel gestire aule professionali e nel tradurre gli stratagemmi tipici della cultura militare in strumenti di gestione manageriale.
Il contenuto formativo può variare in base all’esigenza. Come tutte le metafore, può avere diverse chiavi di lettura: può interpretare la storia, la missione, l’assetto strategico dell’ente/azienda. O evocare alcune situazioni: es. riorganizzazioni in corso, controllo del vantaggio sulla concorrenza ecc.
Con l’accento sullo scopo principale di una strategia comunicativa: costruire o consolidare l’accordo. E con la delicatezza di un’arte, con la precisione di un metodo, con l’efficacia di una rappresentazione fortemente suggestiva.
E questa ricerca, che come tutte le altre nostre ricerche continuerà negli anni arricchendosi di nuove esperienze, tra poco diventerà un libro Centopagine.
- On 6 Settembre 2012